Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4438 del 21/02/2017
Cassazione civile, sez. lav., 21/02/2017, (ud. 02/11/2016, dep.21/02/2017), n. 4438
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 16974-2011 proposto da:
BORELLO & MAFFIOTTO S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
LUIGI LILIO 65, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO MOZZI, che
la rappresenta e difende unitamente agli avvocati VITTORIO NIZZA,
LUCA PECORARO, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
M.B., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
LUDOVISI, 35, presso lo studio dell’avvocato MARISA PAPPALARDO, che
lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GUIDO BONFANTE,
DANILO ROSSO, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 109/2011 della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 03/03/2011 R.G.N. 888/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
02/11/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;
udito l’Avvocato PECORARO LUCA;
udito l’Avvocato PAPPALARDO MARISA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità o in
subordine rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’appello di Torino confermò la decisione del giudice di primo grado che aveva rigettato la domanda avanzata da Borello & Maffiotto s.r.l. nei confronti di M.B., dipendente della società con mansioni di responsabile amministrativo, diretta a ottenere il risarcimento dei danni conseguenti a responsabilità ex art. 2104 c.c. Al M. erano addebitate irregolarità nella tenuta delle scritture contabili dal 1999 al 2003, dalle quali era conseguito l’omesso versamento da parte della società medesima delle imposte Irpef ed Ilor relative all’anno 2003, nonchè l’omesso versamento dell’Iva in riferimento alla cessione di un immobile venduto dalla società e l’attribuzione al predetto, mediante un benestare falsificato, di un’anticipazione del t.f.r. per un ammontare di 70 milioni di Lire.
2. La Corte territoriale, previo espletamento di una consulenza contabile, ritenne non provato l’addebito concernente la presunta autoattribuzione del tfr, posto che non risultava che il M. avesse potere di firma sui conti correnti. Quanto agli altri addebiti, rilevò che gli organi societari, di controllo e di consulenza, avevano avuto la possibilità di verificare in tempi contenuti le manchevolezze contestate al dipendente, talchè le stesse non potevano essergli attribuite, neppure in termini di corresponsabilità, posto che doveva ritenersi in base a criteri presuntivi che le operazioni irregolari o anomale fossero state autorizzate e condivise dalla società.
3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la società con unico motivo. Il M. resiste con controricorso. Il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo il ricorrente deduce art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5: violazione e falsa applicazione degli artt. 2104, 2105 e 1227 c.c. in tema di diligenza/obbligo di fedeltà del prestatore di lavoro e concorso nel fatto colposo del creditore o e che degli artt. 2727 e 2729 c.c. in materia di presunzioni ed omessa e insufficiente motivazione circa punti decisivi della controversia. Censura la sentenza sotto il profilo della mancata considerazione del dovere di diligenza del lavoratore (artt. 2104 – 2015 c.c.) in relazione all’omessa denuncia da parte sua agli organi preposti degli artifici contabili, nonchè sotto il profilo della mancata considerazione del concorso del lavoratore nel fatto colposo della società e del conseguente risarcimento del danno (art. 1227 c.c.). Evidenzia l’illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione al ragionamento presuntivo operato dalla Corte al fine di escludere la corresponsabilità del dipendente nei fatti, in presenza di numerosi elementi atti a configurare presunzione in senso contrario.
Rileva, inoltre, che la Corte d’appello si è adagiata in modo acritico sulle affermazioni del C.t.u., ultronee rispetto al quesito formulato e non fondate su riscontri oggettivi.
2. Il motivo è infondato. La Corte territoriale, infatti, ha dato conto della ritenuta insussistenza di negligenza in capo al M., anche con riguardo all’esclusione del concorso di colpa, con la conseguenza che la censura mira a una rivalutazione delle risultanze istruttorie, in tal modo sottoponendo alla Corte di legittimità questioni di mero fatto atte a indurre a un preteso nuovo giudizio di merito precluso in questa sede (v. Sez. 5, Sentenza n. 25332 del 28/11/2014, Rv. 633335). Quanto al profilo di censura attinente alla c.t.u., le doglianze hanno carattere generico, nè della stessa sono riportati i passaggi salienti censurati, corredandoli di specifiche critiche. Quanto ai rilievi in punto di vizio di motivazione, la formulazione non risulta conforme al tenore dell’art. 360 c.p.c., n. 5 nel testo vigente ratione temporis (D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), difettando l’indicazione del “fatto controverso e decisivo per il giudizio” in relazione al quale sarebbe riscontrabile l’omissione o l’insufficienza della motivazione.
3. In base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 10.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 2 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2017