Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4438 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. III, 11/02/2022, (ud. 07/12/2021, dep. 11/02/2022), n.4438

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10317/2019 proposto da:

AUTOMAR S.R.L., elettivamente domiciliata in Roma Via E. Ximenes 10,

presso lo studio dell’avvocato Massimo Marini, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Francesco

Orestano 21, presso lo studio dell’avvocato Fabio Pontesilli, che lo

rappresenta e difende, unitamente all’avv.to Alfredo Manauzzi;

– controricorrente –

nonché contro

AUTO S. GRANDI MARCHE S.R.L.; R.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 6242/2018 emessa dalla CORTL D’APPELLO DI ROMA

depositata in data 03/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/12/2021 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

con sentenza resa in data 3/10/2018, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto da G.G., e in riforma della decisione di primo grado, per quel che rileva in questa sede, ha rigettato la domanda proposta dalla società Automar s.r.l. per la condanna del G. al risarcimento dei danni subiti dall’attrice a seguito del sequestro penale (siccome furtivamente sottratta) di un’autovettura che il G. aveva ceduto in proprietà all’Automar s.r.l. nel quadro di una vendita a catena;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale, dopo aver rilevato come il primo giudice avesse qualificato la domanda proposta dalla società attrice nella prospettiva di cui all’art. 2043 c.c. (ossia quale forma di responsabilità extracontrattuale del G.), ha sottolineato come il tribunale avesse argomentato in modo non corretto il punto concernente l’attestazione della colpa del G. nella mancata tempestiva rilevazione della provenienza furtiva dell’automobile ceduta, con la conseguente impossibilità di ritenere adeguatamente dimostrato il ricorso di tutti gli elementi indispensabili ai fini dell’attestazione della responsabilità aquiliana del G. per i danni denunciati dalla società attrice;

avverso la sentenza d’appello, la Automar s.r.l. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

G.G. resiste con controricorso;

nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede;

Diritto

la Automar s.r.l. e G.G. hanno depositato memoria; CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 112 c.p.c., nonché degli artt. 1483,1218 e 1223 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto illegittima (o erroneamente ignorato) l’avvenuta qualificazione giuridica della domanda da parte del giudice di primo grado, avendo quest’ultimo correttamente ritenuto sussistenti tutti gli elementi per la riconducibilità della pretesa risarcitoria originariamente spiegata dalla società attrice all’ambito della garanzia per l’evizione della cosa venduta ai sensi dell’art. 1483 c.c., ovvero, in ogni caso, all’ambito dell’azione generale di inadempimento ex art. 1218 e 1223 c.c.; e tanto, in coerenza al complesso degli elementi di fatto dedotti in giudizio dall’attrice, suscettibili di giustificare il corretto inquadramento della pretesa dell’Automar s.r.l. entro il perimetro della disciplina della garanzia per l’evizione della cosa venduta, con la conseguente sufficienza, ai fini dell’accoglimento della domanda risarcitoria, del solo accertamento della conclusione del contratto di compravendita dell’autovettura, della relativa evizione da parte di terzi e della conseguente necessaria restituzione del prezzo ricevuto dal compratore;

il motivo è inammissibile;

osserva al riguardo il Collegio come la corte d’appello abbia argomentato l’infondatezza della pretesa risarcitoria della società attrice muovendo dalla riconosciuta relativa qualificazione, da parte del primo giudice, alla stregua di una domanda di risarcimento dei danni da illecito extracontrattuale;

ciò posto, rilevato il carattere incontestato di detta qualificazione giuridica della domanda, la corte territoriale ha evidenziato come il giudice di primo grado avesse erroneamente ritenuto integrata la prova del coefficiente soggettivo di colpevolezza a carico del danneggiante, essendosi limitata a richiamare i soli elementi della conclusione del contratto e dell’evizione da parte di terzi, senza approfondire alcunché in ordine alla rimproverabilità, a carico del preteso danneggiante, del mancato riconoscimento della provenienza furtiva dell’automobile ceduta;

proprio tale aspetto, viceversa, la corte territoriale risulta aver valorizzato, escludendo che gli elementi di prova complessivamente acquisiti al giudizio fossero valsi ad attestare una qualunque responsabilità colposa del G. nel non essersi avveduto della provenienza furtiva dell’autovettura;

in forza di tali premesse, l’odierna censura, nella misura in cui pretende di riconsiderare la questione concernente la qualificazione giuridica della domanda, deve ritenersi inammissibile, poiché insiste nella pretesa di dimostrare come il primo giudice avesse qualificato la domanda nei termini di una rivendicazione risarcitoria a titolo contrattuale (per evizione), senza fornirne alcuna dimostrazione (peraltro, neppure desumibile dagli scarni ed equivoci riferimenti contenuti in ricorso), financo sottraendosi all’assolvimento degli oneri di completa e puntuale allegazione del ricorso (ai sensi dell’art. 366, n. 6), tanto con riguardo alla produzione della sentenza di primo grado in questo giudizio di legittimità, quanto (in alternativa, e in conformità ai principi stabiliti da questa Corte: cfr Sez. U, Sentenza n. 22726 del 03/11/2011, Rv. 619317 – 01, al fine di esentarsi dal solo onere di cui all’art. 369 c.p.c., n. 4) in relazione all’esplicito richiamo di detta sentenza siccome contenuta nel fascicolo d’ufficio della corte territoriale, con la conseguente impossibilità per questa Corte di individuarne la localizzazione al fine di sottoporla ad esame ai fini dello scrutinio dell’odierna censura;

e’ peraltro appena il caso di rilevare come, pur quando volesse accedersi all’interpretazione della domanda risarcitoria nel senso preteso dall’odierna ricorrente (nella prospettiva dell’evizione), l’odierna censura peccherebbe per difetto di decisività, essendosi la società istante comunque sottratta al dovere di attestare in questa sede l’effettiva riconoscibilità di tutti i presupposti di fatto e di diritto indispensabili ai fini del relativo accoglimento, dovendosi in ogni caso tener conto del principio in forza del quale l’adozione di un provvedimento di sequestro esclude l’integrazione di un’ipotesi di evizione, trattandosi di una mera minaccia, e non già di un definitivo spossessamento del bene sottoposto alla misura restrittiva, come tale rinvenibile unicamente nell’adozione della confisca (cfr. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 877 del 17/01/2011, Rv. 616240 – 01);

con il secondo motivo, proposto in via subordinata rispetto alla prima doglianza, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere il giudice d’appello erroneamente omesso di considerare come, dal complesso degli elementi documentali concernenti il sequestro penale dell’autovettura ceduta dal G., fosse emersa con evidenza la piena riconoscibilità (e, dunque, la rimproverabilità colposa di quest’ultimo nel mancato rilievo) della provenienza furtiva dell’autovettura acquistata dalla società odierna ricorrente, con la conseguente piena integrazione degli elementi essenziali della responsabilità aquiliana del G. ai fini del risarcimento dei danni denunciati dall’Automar s.r.l.;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come al caso di specie (relativo all’impugnazione di una sentenza pubblicata dopo la data del 11/9/12) trovi applicazione il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (quale risultante dalla formulazione del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modif., con la L. n. 134 del 2012), ai sensi del quale la sentenza è impugnabile con ricorso per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;

secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità, tale norma, se da un lato ha definitivamente limitato il sindacato del giudice di legittimità ai soli casi d’inesistenza della motivazione in sé (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile), dall’altro chiama la Corte di cassazione a verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018, Rv. 651028 – 01);

ciò posto, occorre rilevare l’inammissibilità della censura in esame, avendo la società ricorrente propriamente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività (nella prospettiva della dimostrazione del coefficiente di colpevolezza ascritto alla controparte) della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, della documentazione richiamata in ricorso e asseritamente dalla stessa trascurata, e che avrebbe al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia;

osserva il Collegio, pertanto, come, attraverso le odierne censure, la società ricorrente altro non prospetti se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità;

sulla base di tali premesse, dev’essere formalmente attestata l’inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna della società ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;

dev’essere, infine attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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