Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4437 del 23/02/2011

Cassazione civile sez. VI, 23/02/2011, (ud. 27/01/2011, dep. 23/02/2011), n.4437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 6439/2010 proposto da:

OTE SPA ((OMISSIS)) (già OTE SRL) in persona dell’amministratore

unico, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 28, presso lo

studio dell’avvocato MORANI LUCA, rappresentata e difesa

dall’avvocato ZENA Riccardo, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

VICTORIA VERSICHERUNG AG ((OMISSIS)) – compagnia di assicurazione

con sede in (OMISSIS) in persona dei legali

rappresentanti della società, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

POMPEO MAGNO 1, presso lo studio dell’avvocato ZINCONE Andrea, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SACERDOTI GIORGIO,

giusta procura speciale alle liti per atto notaio Ulf Scharrelmann,

in data 23.3.2010 in Dusseldorf, che viene allegata in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2061/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

3.6.08, depositata il 17/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per la controricorrente l’Avvocato Andrea Zincone che si

riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte, letti gli atti depositati, osserva:

Fatto

FATTO E DIRITTO

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Il fatto che ha originato la controversia è il seguente: la O.T.E. S.r.l. ha chiesto la condanna della Victoria Versicherung al pagamento dell’indennizzo assicurativo contro il furto di merce trasportata.

Con sentenza depositata in data 17 luglio 2009 la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale, che aveva rigettato la domanda.

Alla Corte di Cassazione è stata devoluta la seguente questione di diritto: se siano stati violati i canoni di interpretazione del contratto.

2 – Il relatore propone la trattazione del ricorso in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c..

3. – L’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente è infondata, dovendosi ritenere che, anche dopo le modifiche apportate al codice di rito dalla L. n. 69 del 2009, vada ribadito l’orientamento della Corte, ricordato dalla stessa resistente, secondo cui la notificazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 479 c.p.c., non è idonea a far decorrere il termine breve utile per ricorrere per cassazione.

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dei canoni ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c..

Il ricorso non riproduce le pertinenti parti dei documenti cui viene fatto riferimento, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. Ili n. 22302 del 2008).

Inoltre, pur se formalmente prospettata sotto il profilo della violazione di norme di diritto, in realtà la censura sviluppa argomentazioni finalizzate all’accertamento della comune volontà delle parti e dei limiti del contratto, questioni che implicano disamina delle risultanze processuali e apprezzamenti di merito, attività precluse in sede di legittimità. Considerazioni analoghe valgono per il tema della correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto (peraltro la rubrica della censura si limita a lamentare la violazione della sola norma sopra indicata). Infine, è agevole osservare, con riferimento all’art. 360 bis c.p.c., n. 1, che le argomentazioni addotte non dimostrano che la Corte territoriale abbia statuito in difformità della giurisprudenza della Corte di Cassazione (ad esempio, con riferimento all’art. 1888 c.c., viene citato un precedente cui la sentenza impugnata si è conformata).

Il secondo motivo lamenta motivazione contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il tema è la tolleranza invocata dalla Corte d’Appello in ordine alla liquidazione dei sinistri che in relazione al dato testuale del contratto assicurativo non avrebbero dovuto essere liquidati.

Il vizio di contraddittorietà della motivazione ricorre solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la “ratio decidendi” che sorregge il “decisum” adottato, per cui non sussiste motivazione contraddittoria allorchè dalla lettura della sentenza non sussistano incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del giudice. (Cass. n. 8106 del 2006).

Le argomentazioni contenute nel motivo in esame non dimostrano l’effettiva sussistenza di tale vizio nei termini sopra circoscritti e, ancora una volta, si limitano a postulare un apprezzamento diverso delle circostanze di causa. E’ appena il caso di aggiungere che talune delle argomentazioni attengono piuttosto ai vizi di omessa e insufficiente motivazione, che, però, non sono stati denunciati.

Anche il terzo motivo è prospettato nell’ambito del vizio di contradditorietà della motivazione e concerne la responsabilità di O.T.E. Secondo la Corte d’Appello il trasporto non sarebbe avvenuto con le modalità prescritte dalla mandataria della resistente. La ricorrente sostiene che l’affermazione contrasta con una clausola della polizza.

Ma il vizio di contraddittorietà della motivazione ha natura intrinseca al provvedimento impugnato e non consente di mettere a confronto lo stesso con le risultanze processuali. D’altra parte non può essere demandata alla Corte Suprema l’interpretazione di una clausola contrattuale, in relazione alla quale è stato, per giunta, violato il principio di autosufficienza.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

La ricorrente ha presentato memoria; la resistente ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dalla ricorrente con la memoria prescindono totalmente dai rilievi contenuti nella relazione;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato;

le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 27 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2011

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