Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4434 del 24/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 24/02/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 24/02/2010), n.4434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.A.C.P. Istituto Autonomo Case Popolari della provincia di

Frosinone, in persona del legale rappresentante Dott.

S.D., rappresentato e difeso per procura a margine del ricorso

dall’Avvocato COCCO MASSIMO, elettivamente domiciliato presso lo

studio dell’Avvocato Alessandro Silvestri in Roma, via C. Poma n. 2;

– ricorrente –

contro

Comune di Villa Santa Lucia;

– intimato –

avverso la sentenza n.61/24/02 della Commissione tributaria regionale

del Lazio, depositata il 17.9.2002;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in Camera di

consiglio del 21.1.2010 dal consigliere relatore Dott. Mario

Bertuzzi;

Viste le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha chiesto il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con atto notificato il 15.9.2003, l’Istituto Autonomo Case Popolari della provincia di Frosinone ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenze in epigrafe indicata, che, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva respinto il suo ricorso per l’annullamento dell’avviso di accertamento con il quale il comune di Villa Santa Lucia gli aveva intimato il pagamento dell’ici per l’anno 1996, ritenendo che l’istituto ricorrente, quale titolare del diritto di superficie sull’immobile, fosse soggetto passivo di imposta.

Il comune intimato non si è costituito.

Attivata procedura ex art. 375 c.p.c., il Procuratore Generale ha chiesto che la causa sia trattata in Camera di consiglio e che il ricorso sia respinto perchè manifestamente infondato.

Il primo motivo di ricorso, denunziando violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per non avere dichiarato inammissibile l’appello del comune per mancanza dei requisiti della specificità dei motivi e della esposizione del fatto.

Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

Inammissibile perchè a sostegno della censura il ricorrente omette di riprodurre il testo dell’atto di appello della controparte, non osservando il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il quale prescrive che il ricorso dinanzi al giudice di legittimità deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad clementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n, 15952 del 1997; Cass. n. 14767 del 2007; Cass. n. 12362 del 2006).

Il mezzo è ancora inammissibile sotto altro profilo in quanto, premesso che la sentenza impugnata si è espressamente pronunciata sulla questione dell’ammissibilità dell’appello, sollevata dall’Istituto appellato in via di eccezione, la censura mira ad introdurre un sindacato su una valutazione, quale quella sufficienza, sotto l’aspetto del contenuto, dell’atto di impugnazione, che ha natura di apprezzamento di merito e che, come tale, è demandata al giudice a quo.

Il motivo appare invece infondato in relazione alla censura di vizio di motivazione, avendo la Commissione regionale congruamente esposto le ragioni della propria statuizione di ammissibilità dell’appello sulla base del rilievo che tale atto “espone i fatti, cita la sentenza impugnata, chiede l’annullamento della stessa per motivi di diritto e giurisprudenziali”, sicchè rispetta pienamente i requisiti di contenuto richiesti al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53.

Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, e dell’art. 952 c.c., nonchè vizio di motivazione. L’istituto ricorrente, premesso di avere costruito gli immobili su terreni di proprietà comunale sui quali era stato concesso il diritto di superficie, censura la decisione impugnata per avere ritenuto che il titolare del diritto di superficie, prima della riforma dell’art. 3, ad opera del D.Lgs. n. 446 del 1997, fosse soggetto passivo di imposta, nonostante la sua mancata menzione da parte della legge, così erroneamente interpretando sia la legge tributaria in materia che l’istituto del diritto reale di superficie disciplinato dal codice civile. Il motivo è manifestamente infondato.

Come anche recentemente osservato dalle Sezioni unite di questa Corte ( sent. n. 28160 de 2008, quella avanzata dal ricorrente costituisce una tesi ormai smentita dall’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, la quale ha affermato il seguente principio: “In tema di imposta comunale sugli immobili e con riguardo al terreno comunale concesso in superficie a favore di un istituto o di una cooperativa edilizia per la costruzione di alloggi economici e popolari, l’edificazione del fabbricato rende applicabile l’ICI a carico di detti enti (e successivamente dei loro assegnatari), in veste di proprietari del manufatto che insiste sul suolo (o di parti di esso). Questo principio si sottrae ai dubbi di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., in quanto il carattere temporaneo dell’acquisizione in proprietà di detti alloggi fino al momento della traslazione del diritto dominicale in favore dei singoli compratori, non interferisce sui presupposti impositivi, nè crea ingiustificate disparità di trattamento, trattandosi di prelievo tributario che è correlato all’obiettiva esistenza del fabbricato, non al profitto ricavabile con il suo godimento o con la sua cessione e che, inoltre, gravando sul proprietario, segue l’eventuale temporaneità del suo diritto, automaticamente trasferendosi, in caso di alienazione, sull’acquirente” (Cass. nn. 10137 del 2000; 18062 del 2002; 19246 del 2003; 2269 del 2004).

Questa posizione è stata condivisa anche dalla Corte costituzionale la quale nella sentenza n. 200 del 1999 ha affermato, con riferimento al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 2, che il legislatore con tale norma, colmando una lacuna della legge delega, ha inteso assoggettare all’ICI, e non già escludere dalla stessa, il titolare del diritto di superficie: “Mancando nella legge delega un qualsiasi riferimento al superficiario quale soggetto passivo dell’ICI, il legislatore delegato ha ritenuto di individuare nel concedente il soggetto passivo dell’imposta, accordandogli al tempo stesso un diritto di rivalsa nei confronti del superficiario che in tal modo viene a risultare il soggetto effettivamente inciso dal tributo. Occorre, tuttavia, precisare che il diritto di superficie cui ha riguardo il legislatore delegato è una situazione diversa dalla proprietà superficiaria che nasce successivamente alla esecuzione della costruzione. In tale ipotesi, infatti, pur esistendo due beni, la costruzione ed il suolo, oggetto di distinti diritti di proprietà, l’ICI…, sarà dovuta, ai sensi di quanto disposto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, citato art. 3, n. 1, soltanto dal proprietario superficiario del fabbricato, restandone, invece, escluso il concedente proprietario del suolo. E ciò per l’ovvia ragione che il suolo sul quale insiste il fabbricato, non essendo qualificabile nè come area edificatile. nè come terreno agricolo (cfr. D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, lett. b) e c)), non rientra nel novero di quei beni che l’art. 1, del cit. D.Lgs., dichiara tassabili ai fini ICI”. Il ricorso va pertanto respinto.

Nulla si dispone sulle spese di giudizio, non avendo il comune intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2010

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