Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4434 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. III, 11/02/2022, (ud. 23/11/2021, dep. 11/02/2022), n.4434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso N. 9304/2019 R.G. proposto da:

T.G., elettivamente domiciliata in Roma, Via Caio Mario, 13,

presso lo studio dell’avvocato Saverio Cosi, che la rappresenta e

difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CATTOLICA DI ASSICURAZIONE s.p.a., (già Soc. coop. a r.l.), in

persona del procuratore Dott. G.A., elettivamente

domiciliata in Roma, Via di Ripetta, 22, presso lo studio

dell’avvocato Sergio Russo, che la rappresenta e difende come da

procura allegata al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza del TRIBUNALE di ROMA n. 17049/2018, depositata

il 10.9.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23.11.2021 dal Consigliere relatore Dott. Salvatore Saija.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza del 8.8.2014, il G.d.P. di Roma – in relazione all’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. proposta da Soc. Cattolica di Assicurazione soc. coop. riguardo al precetto notificato ad istanza di T.G. in data 1.3.2010, per l’importo di Euro 2.414,58 – dichiarò la propria incompetenza per materia (per essere a suo dire competente il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma), assegnando il termine per la riassunzione. Proposto gravame dalla T., il Tribunale di Roma, con sentenza del 10.9.2018, lo dichiarò ammissibile (stante la natura decisoria dell’ordinanza impugnata), ma rilevò l’intervenuta cessazione della materia del contendere, giacché la T., dopo la notifica del precetto opposto, ne aveva notificato un altro, in data 8.3.2010, per importo inferiore e fondato su diverso titolo esecutivo, espressamente rinunciando al primo precetto; venne anche disposta la compensazione delle spese.

Ricorre ora per cassazione T.G., affidandosi ad un unico motivo, cui resiste con controricorso Soc. Cattolica di Assicurazione soc. coop. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con l’unico motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 324,112,91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché assenza di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 La ricorrente si duole del fatto che il Tribunale, dopo aver pronunciato la cessazione della materia del contendere, non ha rilevato, ai fini del regolamento delle spese, che allorquando la Compagnia propose l’opposizione al precetto, in data 22.3.2010, era già intervenuta la rinuncia al primo precetto da parte di essa T., sicché la proposizione della lite era palesemente sprovvista di interesse ex art. 100 c.p.c. In nessun caso, quindi, poteva pervenirsi alla compensazione delle spese di lite in applicazione del principio della soccombenza virtuale, non essendo stata resa adeguata motivazione circa i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c.

2.1 – Preliminarmente, va rigettata l’eccezione di inammissibilità del controricorso – per pretesa nullità della procura ad litem – sollevata dalla ricorrente nella memoria ex art. 380-bis1 c.p.c., giacché dall’esame del fascicolo della Compagnia risulta regolarmente depositata, in copia, la procura speciale autenticata dal notaio To.Ro. in data 8.1.2019, che costituì G.A. (firmatario della contestata procura ad litem) quale procuratore speciale della Compagnia stessa.

3.1 – Ciò posto, il motivo – a parte l’inammissibile denuncia del vizio motivazionale nei termini di cui al previgente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – è infondato.

Infatti, la ricorrente rileva che l’opposizione preesecutiva spiegata dalla Compagnia in relazione al primo precetto, poi rinunciato, era in realtà priva di una condizione dell’azione – ossia, dell’interesse a ricorrere, ex art. 100 c.p.c. – sin dalla sua proposizione, proprio a cagione della detta rinuncia. Sulla base di tale presupposto, la T. contesta la decisione del Tribunale laddove è stata disposta la compensazione delle spese, sulla base del principio della c.d. soccombenza virtuale, giacché proprio la corretta applicazione di detto principio avrebbe invece dovuto condurre – stante l’inammissibilità originaria dell’opposizione – alla condanna della Compagnia alla rifusione delle spese del giudizio.

Tuttavia, a ben vedere, la T. omette di considerare che la decisione con cui il Tribunale ha dichiarato la cessazione della materia del contendere “e’ una pronuncia processuale di sopravvenuta carenza di interesse, idonea ad acquisire efficacia di giudicato limitatamente a tale aspetto” (Cass. n. 18530/2016), il che è evidentemente incompatibile con l’assunto per cui l’interesse ex art. 100 c.p.c. fosse carente ab origine; e d’altra parte, lo stesso giudice del merito ha anche evidenziato che detta declaratoria si rendeva coerente con la specifica richiesta avanzata in appello dalla stessa Compagnia. Ebbene, la ricorrente non ha affatto censurato tale ratio decidendi (o, quantomeno, non l’ha fatto con la necessaria specificità), sicché è indubbio che, sul punto, si sia formato il giudicato; del resto, ciò si pone in linea con la giurisprudenza, seppur risalente, secondo cui “La rinunzia al precetto non determina la cessazione della materia del contendere, nel giudizio di opposizione rivolto a contestare il diritto del creditore di procedere ad esecuzione (non vizi formali del precetto stesso), atteso che quella rinuncia non estingue tale diritto” (Cass. n. 11266/1993), sicché ben può ritenersi, ed a maggior ragione, che il primo giudice abbia implicitamente ritenuto che l’opposizione come originariamente spiegata fosse, sotto detto profilo, pienamente ammissibile.

Da quanto precede, deriva dunque che, da un lato, la declaratoria di cessazione della materia del contendere sia coperta dal giudicato, e che dall’altro il primo giudice non poteva che conseguenzialmente provvedere, quanto alle spese, in virtù del principio della c.d. soccombenza virtuale; principio la cui applicazione giammai avrebbe potuto condurre – come in effetti non ha condotto – alla rifusione delle spese di lite in favore della T., la quale, rinunciando al precetto opposto, aveva implicitamente riconosciuto “la fondatezza della contestazione formulata dalla controparte” (così la sentenza impugnata). Del resto – ed è considerazione tranciante – è ben noto che “In materia di spese giudiziali, il sindacato di legittimità trova ingresso nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza ponendo le spese a carico della parte risultata totalmente vittoriosa, e ciò vale sia nel caso in cui la controversia venga decisa in ognuno dei suoi aspetti, processuali e di merito, sia nel caso in cui il giudice accerti e dichiari la cessazione della materia del contendere e sia, perciò, chiamato a decidere sul governo delle spese alla stregua del principio della cosiddetta soccombenza virtuale” (così, ex multis, Cass. n. 18120/2020); dal che discende, ulteriormente, che al lume dello svolgimento del processo come concretamente dipanatosi, unico soggetto legittimato a dolersi della disposta compensazione poteva dirsi solo la Compagnia, non certo la T., che da tale punto di vista, a ben vedere, difetta anche di legittimazione ad impugnare.

4.1 – In definitiva, il ricorso è infondato. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

In relazione alla data di proposizione del ricorso principale (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 800,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario in misura del 15%, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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