Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4430 del 07/03/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 4430 Anno 2016
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA

sul ricorso 28346-2011 proposto da:
CALCOPIETRO

MICHELANGELO

C.F.

CLCMHL38S26G791H,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 14,
presso lo studio dell’avvocato EDMONDO PESCATORI, che
lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati
CARLO PESCATORI, NICOLA MANCUSO, giusta delega e
2015

procura speciale notarile in atti;
– ricorrente –

5027

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE “ROMA E” P.I.

04736011000;
– intimata –

11″7(

Data pubblicazione: 07/03/2016

Nonché da:
AZIENDA SANITARIA LOCALE “ROMA E” P.I. 04736011000,
in persona del legale rappresentante pro tempore, già
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALBERICO II 5,
presso lo studio dell’avvocato ETTORE TRAVARELLI, che

ultimo domiciliata presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE;
– – controricorrente e ricorrente incidentale -contro

CALCOPIETRO MICHELANGELO C.F. CLCMHL38S26G791H;
– intimato –

avverso la sentenza non definitiva n. 3236/2009 della
CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/02/2010
R.G.N. 5876/2005;
avverso la sentenza definitiva n. 1897/2011 della
CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/03/2011
R.G.N. 5876/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2015 dal Consigliere Dott. DANIELA
BLASUTTO;
udito l’Avvocato MANCUSO NICOLA;
udito l’Avvocato TRAVARELLI ETTORE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per
l’accoglimento

del

primo

motivo

del

ricorso

la rappresenta e difende, giusta delega in atti e da

principale, rigetto degli altri e dell’incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.

Con ricorso al Tribunale di Roma il prof. Michelangelo Calcopietro,

premesso avere ricoperto la qualifica di dirigente statistico presso la ASL Roma
E – già USL RM/11 – dal 12 marzo 1993 con il compito di promuovere la

di appartenenza e quello di promozione e sviluppo informatico, a fini statistici,
degli archivi gestionali e delle raccolte di dati amministrativi, deduceva che a
partire dal 1996 era stato illegittimamente demansionato dall’Azienda, in quanto
l’ufficio statistico da lui diretto era stato svuotato delle funzioni di rilevazione
statistica dei dati interni, attribuite ad altra unità organizzativa; nel maggio 1999
era stato collocato in una stanza piccolissima; nel giugno 1999 era stato posto
nella posizione economica B3, cioè la più bassa prevista per i dirigenti delle ASL;
a partire dal novembre 1999 la diversa allocazione di alcuni servizi aveva reso
difficoltoso l’esercizio delle proprie, sia pur residue, funzioni.
2.

Il Tribunale rigettava la domanda affermando che “l’intera impalcatura

attorea si fonda sulla presunta illegittimità del provvedimento con cui la ASL
resistente, riorganizzando i propri uffici amministrativi, avrebbe di fatto
demansionato il ricorrente. Tutte le altre doglianze infatti prendono le mosse da
questa circostanza”.
3. A seguito di gravame interposto dal Calcopietro, con sentenza non definitiva,
la Corte di appello di Roma accertava l’intervenuto demansionamento,
osservando che “se è vero che la ASL appellata legittimamente ha predisposto
una organizzazione aziendale, è pur vero che, nel dare attuazione alla stessa,
aveva l’obbligo che le mansioni svolte dal ricorrente, dopo i mutamenti
dell’organizzazione anzidetta, fossero equivalenti professionalmente a quelle in

R.G. n. 28346/2011
Ud.1 7 dicembre 2015
Cakopietro c/ASL Roma E

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rilevazione, la diffusione e l’archiviazione dei dati riguardanti l’amministrazione

precedenza espletate”. Riconosceva a titolo di risarcimento del danno
patrimoniale e da dequalificazione professionale la somma di Euro 32.550,00.
4. Il giudizio proseguiva per l’espletamento di c.t.u. medico-legale e, all’esito di
tali accertamenti, la Corte di appello, in adesione alle conclusioni rassegnate dal

riteneva esistente un danno biologico pari al 4%, riconducibile causalmente alle
vicende lavorative, confutando sia le censure mosse dall’Azienda sanitaria dirette
a contestare il nesso eziologico, sia la pretesa del ricorrente di vedersi
riconoscere una percentuale pari al 25%. Liquidava a tale titolo la somma di
Euro 4.239,68 quantificata all’attualità, oltre interessi legali dalla sentenza.
Rigettava la domanda di risarcimento del danno morale, “neppure
adeguatamente dedotto e non in re ipsa” .
5 Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso principale il Calcopietro
sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la ASL Roma E, che, a sua
volta, propone ricorso incidentale affidato a tre motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso principale il Calcopietro denuncia omessa
motivazione della sentenza non definitiva in ordine al mancato riconoscimento
della dequalificazione per l’intero periodo 1997/2003, epoca globale in cui si era
verificato il demansionamento, anziché per i soli tre anni riconosciuti
(1997/2000). La sentenza non aveva esposto le ragioni per le quali aveva così
delimitato raccoglimento della domanda, atteso che il ricorrente era cessato dal
servizio il 30 settembre 2003.
2. Con il secondo motivo denuncia, quanto alla sentenza definitiva, violazione
degli artt. 32, 2 e 4 Cost. in relazione alla determinazione dell’entità danno
biologico. Deduce il ricorrente che, se è vero che la più recente giurisprudenza

R.G. n. 28346/2011
Ud 17 dicembre 2015
Cakopietro c/ASL Roma E

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Consulente d’ufficio, a seguito di chiarimenti resi sulle note critiche delle parti,

di legittimità (Cass. S.U. 26972/2008) ha accantonato definitivamente la figura
del c.d. danno morale soggettivo, è pur vero che la sofferenza morale è
ugualmente produttiva di un pregiudizio ove determini anche degenerazioni
patologiche, come nella specie accertato dall’Ausiliario; pertanto, la Corte di

meccanica applicazione delle tabelle, onde pervenire ad un ristoro completo del
danno nella sua interezza.
3. Il terzo motivo del ricorso principale denuncia violazione di legge per non
avere le sentenze, non definitiva e definitiva, riconosciuto interessi legali e
rivalutazione monetaria in corretta applicazione dei principi enunciati dalle S.U.
con la sentenza n. 1712/95.
4.

Con il primo motivo del ricorso incidentale la ASL denuncia violazione o

falsa applicazione dell’art. 97 Cost. in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.,
vizio di motivazione. Lamenta la pretermissione del giudicato amministrativo
sull’impugnazione della delibera organizzativa promossa dal Calcopietro. La
sentenza di appello era contraddittoria per avere, da un lato, affermato che i
provvedimenti riguardanti la riorganizzazione dell’ufficio statistico e degli altri
uffici informatici erano pienamente legittimi, così come la riduzione quantitativa
dei compiti assegnati al prof. Cakopietro, e, dall’altro, ritenuto l’esistenza di un
demansionamento per il fatto che il dirigente sarebbe stato privato di gran parte
della sua attività di coordinamento e direzione.
5. Con il secondo motivo la ricorrente incidentale si duole che la Corte di
appello abbia riconosciuto il risarcimento del danno da dequalificazione
professionale senza che il ricorrente avesse allegato nel ricorso introduttivo
alcun pregiudizio specifico sotto tale profilo, risolvendosi dunque tale
componente di danno in una duplicazione di quello biologico, atteso che il

R.G. n. 28346/2011
Ud17 dicembre 2015
Calcopietro c/ASL Roma E

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appello avrebbe dovuto personalizzare il danno biologico anziché fare

danno alla professionalità era stato prospettato alla stregua di un danno alla
salute.
6.

Con il terzo motivo si lamenta violazione degli artt. 32 Cost., 2043 e 2059

cod. civ. e 2697 cod. civ., nonché vizio di motivazione. Si ripropongono sotto

appello aveva ipotizzato una condotta illecita nell’adozione di provvedimenti che
il Giudice amministrativo, con sentenza passata in giudicato, aveva dichiarato
legittimi ed erroneamente aveva ritenuto il nesso causale tra tali provvedimenti e
danni alla salute, non accertati dal C.t.u., ma desunti acriticamente da certificati
risalenti e privi di valore legale.
7. Il motivi del ricorso incidentale hanno priorità logico-giuridica. Essi,
esaminabili congiuntamente in quanto interconnessi, sono infondati.
8. E’ noto che, in tema di dequalificazione professionale, il giudice del merito,
con apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione se adeguatamente
motivato, può desumere l’esistenza del relativo danno, di natura patrimoniale e il
cui onere di allegazione incombe sul lavoratore, determinandone anche l’entità
in via equitativa, con processo logico – giuridico attinente alla formazione della
prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e
quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita,
alla durata del demansionamento, all’esito finale della dequalificazione e alle altre
circostanze del caso concreto (Cass. n. 19778 del 2014; v. pure Cass. 4652 del
2009).
8.1. Nel caso in esame la Corte di appello ha apprezzato una serie di elementi
fattuali e, con motivazione logica, ha ritenuto sussistente un mutamento di
ordine qualitativo delle mansioni, cui il datore non poteva ritenersi legittimato
alla stregua dell’av-venuta riorganizzazione aziendale, poiché nel darvi attuazione

R.G. n. 28346/2011
Ud17 dicembre 2015
Cakopietro c/ASL Roma E

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diversa angolazione i temi di cui al primo motivo. Si sostiene che la Corte di

la ASL era comunque tenuta ad assegnare al dirigente una posizione
organizzativa equivalente professionalmente a quella in precedenza occupata. In
particolare, ha evidenziato come l’ufficio del Calcopietro fosse stato ridotto
nell’organico ad un solo dipendente, circostanza che aveva privato il dirigente

impiegati; inoltre, per oltre un anno il ricorrente era rimasto solo nell’intero
stabile, in quanto gli altri servizi sanitari erano stati trasferiti. I dati evidenziati
forniscono elementi di ordine presuntivo adeguati a supportare la motivazione
adottata, in quanto indici significativi di un effettivo e non marginale mutamento
peggiorativo della posizione assunta dal dirigente nell’organizzazione in
raffronto con le funzioni e l’esperienza lavorativa pregressa, tali da integrare una
lesione concreta della professionalità, rispetto alla quale del tutto indifferente è
la circostanza della legittimità del provvedimento di riorganizzazione
amministrativa, la cui adozione non può certo giustificare pregiudizi in danno
dei singoli lavoratori.
8.2.

La Corte di appello ha ravvisato, dunque, un danno alla professionalità

distinto da quello alla salute e ha proceduto alla sua liquidazione equitativa,
determinandolo in misura pari a un quarto della retribuzione annua moltiplicato
per gli anni del subito demansionamento, “tenuto conto della quantità e qualità
dell’esperienza lavorativa pregressa del ricorrente, della perdita di compensi,
come dedotti nel ricorso introduttivo, del depauperamento dell’esperienza
professionale nella qualifica di dirigente”. Tale soluzione è conforme ai principi
enunciati da questa Corte, secondo cui, in caso di demansionamento, è
configurabile a carico del lavoratore un danno, costituito da un impoverimento
delle sue capacità per il mancato esercizio quotidiano del diritto di elevare la
professionalità lavorando, sicché per la liquidazione del danno è ammissibile,

R.G. n. 28346/2011
Ud.17 dicembre 2015
Cakopietro c/ASL Roma E

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dei compiti di coordinamento e direzione prima svolti su cinque medici e sette

nell’ambito di una valutazione necessariamente equitativa, il ricorso al parametro
della retribuzione (Cass. n. 12253 del 2015).
9. Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
9.1. Va premesso che, anche nel processo del lavoro, l’interpretazione della

sede di legittimità ove motivata in modo sufficiente e non contraddittorio (Cass.
n.12944/2012). La Corte di appello, tanto nella sentenza non definitiva, quanto
in quella definitiva, ha dato atto – nella narrativa in fatto – che le allegazioni del
ricorrente aventi ad oggetto il demansionamneto attenevano al periodo dal 1997
fino al 2000; tale arco temporale non solo è esplicitamente menzionato quale
periodo di riferimento prospettato nella domanda introduttiva, ma all’interno di
esso sono collocabili tutti i fatti allegati a fondamento del ricorso, mentre non
risultano menzionati o descritti fatti riferibili al periodo successivo. La
liquidazione del danno, parametrato a soli tre anni anziché a sei anni come
preteso dall’odierno ricorrente (dal 2000 al 2003, epoca di deposito del ricorso),
è dunque coerente con il tenore della domanda, nei termini riferiti dalla Corte
territoriale, la cui interpretazione non ha formato oggetto di specifiche censure
in sede di legittimità. Invero, l’odierno ricorrente si limita a riferire, a sostegno
delle proprie tesi, che il rapporto di lavoro era cessato il 30 settembre 2003, dato
in sé irrilevante, omettendo di riportare gli esatti termini della domanda
introduttiva e dei fatti che accrediterebbero la tesi della permanenza del
comportamento illecito oltre l’anno 2000.
9.2. Né a diversa soluzione può pervenirsi per il fatto – dedotto dal Calcopietro
nel ricorso – che nella sentenza non definitiva la Corte di merito abbia
valorizzato espressamente la circostanza dell’isolamento logistico del ricorrente
protrattosi “per oltre un anno dal gennaio 2000 al febbraio 2001”. Tale dato,

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Ud 17 dicembre 2015
Cakopietro c/ASL Roma E

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domanda rientra nella valutazione del giudice di merito e non è censurabile in

lungi dal costituire una contraddizione della sentenza, corrobora invece il rilievo
dell’esistenza di soli fatti sorti nel periodo compreso tra il 1997 e il dicembre
2000, ancorché protrattisi – in modo del tutto marginale e dunque non
significativo – successivamente a tale data.

10.1. Se è vero che il giudice di merito nella liquidazione del danno non
patrimoniale è tenuto a perseguire una “personalizzazione” del danno, che passi
attraverso la individuazione di criteri valutativi parametrata alla specificità del
caso esaminato e, conseguentemente, dando il dovuto rilievo anche alla natura
ed alla entità delle sofferenze ed alle consequenziali ricadute sul vivere
quotidiano del danneggiato (cfr., al riguardo, per riferimenti: Cass. 11039/2006 e
Cass. n. 26590 del 2014), deve tuttavia rilevarsi che nella specie il ricorrente non
ha riportato, neppure in parte, la c.t.u. medico-legale, né la relazione a
chiarimenti depositata dopo le note critiche depositate in appello, onde
consentire a questa Corte di comprendere i termini della disamina medico-legale
e i profili di danno vagliati e riconosciuti; in tal senso si ravvisano profili di
inammissibilità ex art. 366, primo comma, n.6 cod. proc. civ..
10.2. In ogni caso, dal tenore della motivazione della sentenza impugnata si
desume che il Giudice di appello ha effettuato la valutazione richiesta, al fine di
debitamente garantire l’integralità del ristoro spettante al danneggiato,
pervenendo alla conclusione della insussistenza di profili ulteriori rispetto a
quelli, propri del danno biologico di natura psichica riconosciuto sussistente e
consistente in “stato ansioso di lieve entità” “non in trattamento”, indicati dal
C.t.u. e tali da iscrivere il caso in esame all’interno del range valutativo del 4% in
applicazione delle tabelle per la liquidazione del danno biologico in uso presso il
Tribunale di Roma.

R.G. n. 28346/2011
Ud.I 7 dicembre 2015
Cakopietro c/ASL Roma E

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10. E’ infondato anche il secondo motivo del ricorso principale.

10.3. La conclusione cui, sul punto, è pervenuta la Corte di merito è coerente
con i principi vigenti in materia, dovendosi ricordare che non sono ammesse
duplicazioni risarcitorie e che queste vengono a sussistere laddove lo stesso
aspetto (o voce) venga computato due o più volte, sulla base di diverse,

2008), il danno non patrimoniale da lesione della salute costituisce una categoria
ampia ed omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di
tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, ma senza duplicare il
risarcimento attraverso l’attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici. Né il
ricorrente ha precisato quali elementi, se presi in considerazione ed
adeguatamente valutati, avrebbero comportato uno scostamento dalla “tabella”
adottata, costruita con riferimento ai parametri dell’età e del grado di invalidità
del soggetto leso.
11. Il terzo motivo del ricorso principale involge il mancato riconoscimento
degli accessori nei termini indicati dalle S.U. nella sentenza n. 1712 del 1995 che,
quanto alla liquidazione del danno da fatto illecito extracontrattuale liquidato
“per equivalente”, ha indicato i criteri per il risarcimento del mancato guadagno
e l’attribuzione degli interessi.
11.1. Il motivo è fondato nei termini che seguono.
11.2. La sentenza non definitiva ha liquidato la somma di € 32.550,00 a titolo di
risarcimento del danno da dequalificazione professionale, determinata
equitativamente in somma pari ad un quarto della retribuzione annua,
moltiplicato per tre anni. Su tale voce di danno, concernente la menomazione
della capacità professionale del lavoratore, erroneamente la Corte di appello
nulla ha riconosciuto a titolo di accessori sulla somma attribuita in sentenza.
Quanto alla seconda voce di danno, relativa al risarcimento del danno biologico,

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meramente formali, denominazioni. Come chiarito dalle S.U. (sent. 26972 del

premesso che trattasi di un’obbligazione di valore sicché il risarcimento va
quantificato in considerazione del valore del bene perduto dal danneggiato
rapportato al momento della decisione, la Corte di merito, nel riconoscere il
risarcimento in somma liquidata all’attualità, ha liquidato detto danno con gli

tal modo non ha dato corretta applicazione dei principi enunciati dalle S.U. nella
nota sentenza n. 1712 del 1995, secondo cui, in tema di obbligazione risarcitoria
da fatto illecito, che costituisce tipico debito di valore, è dovuto al danneggiato
anche il risarcimento del danno da ritardo conseguente alla mancata disponibilità
per impieghi remunerativi della somma di denaro in cui il suddetto debito viene
liquidato. Ed invero il risarcimento dei danni da fatto illecito si configura quale
debito di valore non avendo ad oggetto sin dall’origine una somma di denaro. La
Corte territoriale, dopo aver quantificato il danno alla data della decisione,
avrebbe dovuto procedere alla determinazione degli interessi legali a decorrere
dalla data della verificazione del fatto lesivo, mediante “devalutazione” a tale
data del capitale, per poi rivalutarlo annualmente secondo gli indici Istat,
applicando quindi gli interessi dalla data di verificazione dell’evento sul predetto
capitale “devalutato”, con le successive rivalutazioni annuali.
11.3. La devalutazione delle somma riconosciuta a titolo di danno già
attualizzato sulla base degli indici ISTAT va operata con riferimento alla data
dell’illecito, da individuarsi nel momento della stabilizzazione dei postumi della
malattia psichica – momento non desumibile dalla sentenza, ma ricostruibile,
mediante accertamento di merito che viene demandato al giudice di rinvio, sulla
scorta della c.t.u. espletata in grado di appello. Difatti, poiché le tabelle utilizzate
fanno direttamente riferimento a valori monetari propri del tempo della
decisione, gli interessi non possono essere calcolati sulla somma liquidata per il

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Ud.17 dicembre 2015
Cakopietro c/ASL Roma E

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interessi legali sulla somma totale riconosciuta dal momento della pronuncia; in

capitale definitivamente rivalutata, dovendo essere determinati con riferimento
all’ammontare del danno espresso nei valori monetari dell’epoca del fatto e
periodicamente rivalutato (cfr. Cass. n. 5503 del 2003; Cass. 10489 del 2004, v.
Cass. SU. 1712/1995).

qualora la liquidazione del danno da fatto illecito extracontrattuale sia effettuata
“per equivalente”, ovvero con riferimento al valore del bene perduto dal
danneggiato all’epoca del fatto illecito, e tale valore venga poi espresso in termini
monetari che tengano conto della svalutazione intervenuta fino alla data della
decisione definitiva, il criterio più idoneo allo scopo per l’adeguamento
dell’importo dovuto a titolo risarcitorio è quello dell’attribuzione degli interessi
legali dalla data del fatto sul capitale mediamente rivalutato, che si persegue
dividendo la sorte capitale attualizzata per il coefficiente di rivalutazione ISTAT
relativo all’anno dell’evento dannoso e aggiungendo al capitale non attualizzato
la metà della rivalutazione maturata (Cass. nn. 4791 del 2007 e 21396 del 2014).
Tali interessi si producono dalla data in cui si è verificato il danno (coincidente,
per il danno biologico permanente, con quella del consolidamento dei postumi)
fino a quella della liquidazione e, successivamente, sull’importo costituito dalla
sommatoria di capitale e danno da mora, ormai trasformato in obbligazione di
valuta, maturano interessi al saggio legale, ai sensi dell’art. 1282, primo comma,
cod. civ. (Cass. n. 21396 del 2014 cit.).
12. In accoglimento del terzo motivo del ricorso principale, rigettati gli altri e il
ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le
spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.
P.Q.M.

R.G. n. 28346/2011
Ud.1 7 dicembre 2015
Cakopietro c/ASL Roma E

11.4. Il più recente orientamento di questa Corte ha precisato inoltre che,

La Corte rigetta il primo e il secondo motivo del ricorso principale e accoglie il
terzo motivo; rigetta l’incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in
diversa composizione.

Il Consigliere est.

Il Preside

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2015

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