Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4428 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. III, 11/02/2022, (ud. 23/11/2021, dep. 11/02/2022), n.4428

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14967/2019 proposto da:

Tiberius Spv S.r.l., in persona del legale rappresentante,

domiciliato in Roma, alla piazza Cavour, presso la Cancelleria

civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato Paolo Gioia;

– ricorrente –

contro

L’Antico Cotto Dei Fratelli L.P. S.r.l., Li.Ca.Ga.,

L.P.C., L.P.M.L., L.P.P. e

L.P.S.;

– intimati –

Avverso la sentenza n. 893/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata ilo 30/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/11/2021 dal Consigliere relatore Dott. Cristiano Valle, osserva

quanto segue.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La causa nella fase di impugnazione di merito, decisa con la sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 893 del 30/04/2018 (con successiva ordinanza di correzione del 03/10/2018), impugnata in questa sede, deriva dalla riunione di due distinte cause, proposte dinanzi al Tribunale di Agrigento, vertenti in materia di opposizione a precetto (opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi), incardinate dalla S.r.l. L’Antico Cotto dei Fratelli L.P. e di opposizione a decreto ingiuntivo, ottenuto dall’originaria mutuante Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.a., in relazione a mutuo fondiario su pregressi scoperti di conto corrente, e opposto dalla suddetta Società e dai L.P.C., M.L., P. e S. e dalla Li.Ca.Ga., quali fideiussori della società stessa.

L’importo dovuto dalla S.r.l. L’Antico Cotto S.r.l. e dai L.P. e dalla Li.Ca. alla Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.a., alla quale sono via via succedute la Vesta Finance S.r.l. e la Tiberius Spv S.r.l., è stato rideterminatone in misura minore in appello (dopo che vi era stato l’integrale accoglimento dell’opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi in primo grado per inferiorità del dovuto al precettato).

L’Antico Cotto S.r.l. e i L.P.- Ca. sono rimasti tutti intimati, giusta quanto va a specificarsi in motivazione.

La sentenza della Corte d’Appello di Palermo è stata pubblicata il 30/04/2018 e non è stata notificata; essa, come già detto, è stata corretta con ordinanza dello stesso giudice pubblicata in data 03/10/2018, pure non notificata.

L’impugnazione per cassazione della Tiberius Spv S.r.l. è stata notificata il 30/04/2019 anche con riferimento all’ordinanza di correzione (in aumento del dovuto statuito in sentenza).

La causa è stata chiamata per l’adunanza camerale del 23/11/2021, fissata ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c. (come inserito dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. f), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), per la quale il Pubblico Ministero non deposita conclusioni scritte e risulta il deposito di memoria della S.r.l. F.lli L.P. e dei L.P. e dalla Li.Ca..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Collegio ritiene che la S.r.l. l’Anrico Cotto dei F.lli L.P. nonché P., C. e L.P.L.M. e Li.Ca.Ga. debbano essere considerati quali non costituiti ritualmente in questa fase di legittimità e, pertanto, come intimati, in quanto essi hanno depositato procura (cartacea) alle liti nella quale si fa riferimento a un controricorso, che però non risulta essere stato notificato e tantomeno depositato.

In data 13/11/2021, ossia nel termine di dieci giorni antecedenti l’adunanza della Corte, per vero, come già accennato, è stata depositata, in via telematica, una memoria difensiva da parte del difensore dei suddetti, avvocato Stefano Catuara, nella quale si contestano tutti i motivi del ricorso, ma il detto atto non può valere a recuperare l’originaria carenza di controricorso e, quindi, di valida costituzione in giudizio in questa sede.

Ciò in quanto ritiene il Collegio che la memoria depositata in via telematica dalla L’Antico Cotto dei Fratelli L.P. S.r.l., L.P.S., Li.Ca.Ga., L.P.C., L.P.M.L. rappresentati e difesi dall’Avv. Stefano Catuara sia inammissibile, dovendosi dare seguito all’orientamento di questa Corte (Cass. n. 23921 del 29 10 2020 Rv. 659281 – 02), secondo il quale: “Nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380 bis.1 c.p.c., introdotto dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis conv. con modif. dalla L. n. 196 del 2016 e con riferimento ai giudizi introdotti con ricorso depositato successivamente all’entrata in vigore della predetta legge di conversione, l’inammissibilità del controricorso tardivo rende inammissibili anche le memorie depositate dalla parte intimata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in quanto, divenuta la regola la trattazione camerale e quella in udienza pubblica l’eccezione, deve trovare comunque applicazione la preclusione dell’art. 370 c.p.c., di cui la parte inosservante delle regole del rito non può che subire le conseguenze pregiudizievoli, salvo il parziale recupero delle difese orali nel caso in cui sia fissata udienza di discussione, con la conseguenza che venuta a mancare tale udienza alcuna attività difensiva è più consentita”.

La mancata costituzione delle controparti della ricorrente non esime dall’esame del ricorso.

I motivi di ricorso censurano come segue la sentenza della Corte di Appello di Palermo.

Il primo motivo di ricorso (da pag. 8 alla metà di pag. 14) fa valere omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e connessa violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 ed afferma che la Corte di Appello avrebbe errato nel compulsare la consulenza tecnico contabile di ufficio, concludendo per l’azzeramento del credito della banca.

Il secondo motivo (da pag. 14 a pag. 16) deduce violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e censura la valutazione del giudice di merito sulla consulenza d’ufficio.

Il terzo mezzo (dalla fine di pag. 16 alla metà della pag. 19) pone censura di violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 111 Cost., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 4, ritenendo meramente apparente la motivazione offerta dalla Corte di Appello di Palermo in relazione alle risultanze della consulenza tecnico contabile di ufficio.

Il quarto motivo (da pag. 19 a pag. 21) afferma violazione dell’art. 329 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per non avere la Corte territoriale rilevato l’acquiescenza degli appellanti (ossia della società e dei L.P. Li.Ca.) alla sentenza n. 173 del 2014 del Tribunale di Agrigento.

Il mezzo rubricato quale n. 4 bis (dalla metà di pag. 21 a pag. 23) deduce violazione dell’art. 342 c.p.c., nn. 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, proposto in via subordinata rispetto al precedente, censura la sentenza d’appello per non avere dichiarato l’inammissibilità dell’appello per mancata impugnazione di capo di sentenza di primo grado relativo al credito di oltre un milione di Euro derivante dal contratto di finanziamento.

Il motivo n. 5 (da pag. 23 a pag. 27) afferma violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 1224 c.c., art. 1282 c.c., comma 1, e art. 1284 c.c., comma 3, e al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117, n. 4, e n. 7, lett. a), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento, al computo degli interessi sul dovuto e per mancata integrale pronuncia da parte della Corte territoriale sulla detta voce di credito.

Il motivo n. 6 (in ricorso indicato come n. 7, o ultimo, esteso pressoché una facciata, dalla metà di pag. 27 alla metà di pag. 28) pone censura di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 1224 c.c., art. 1282 c.c., comma 1, e art. 1284 c.c., comma 3, e del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 117, n. 4, con riferimento ancora all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e, quindi, ancora con riferimento al calcolo dell’importo degli interessi.

Il Collegio ritiene che i motivi di ricorso possano essere congiuntamente scrutinanti, stante la loro stretta connessione.

I vizi denunciati con il ricorso concernono sia l’erroneo recepimento della consulenza tecnica di ufficio, sia il giudicato che si sarebbe formato su di una parte della sentenza di primo grado, sia, ancora, la mancata pronuncia da parte della Corte di Appello sui tassi d’interesse da applicare sulle varie scoperture dei tre conti correnti aperti presso la Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.a.

Il ricorso della Tiberius Spv S.r.l. non è particolarmente diffuso in punto di svolgimento dei pregressi gradi di giudizio, del come e quando si sia pervenuti alla riunione delle due cause, di opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi e di opposizione al monitorio, e se il mutuo fondiario era stato concesso per ripianare le scoperture dei conti correnti, ed incorre di perciò solo nella violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6 codice di rito.

Tutti i motivi di ricorso fanno, inoltre, valere, come risulta dalla loro stessa intitolazione (in particolare con riferimento ai motivi nn. 1, 2, 3, 5 e 6) profili fattuali, concernenti l’esame dell’elaborato contabile (del quale vengono riportate delle parti del tutto insufficienti), più che violazioni di diritto.

Le censure imperniate sulla violazione degli artt. 329 e 342 codice di rito sono inammissibili, in quanto non sono adeguatamente riportate le parti dell’appello che sarebbero, nella prospettazione di parte ricorrente, carenti e comunque inidoneamente proposte.

Le censure riguardanti il disposto degli artt. 115 e 116 codice di rito sono inammissibili in quanto: perché si configuri effettivamente un motivo denunciante la violazione del paradigma dell’art. 115 c.p.c. è necessario che venga denunciato, nell’attività argomentativa ed illustrativa del motivo, che il giudice non ha posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè che abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che, per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso articolo), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove”. Ne segue che il motivo così dedotto è privo di fondamento per ciò solo (Sez. U n. 16598 del 2016 e Cass. n. 11892 del 10/06/2016 Rv. 640192 – 01)).) Per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 116 c.p.c. è necessario considerare che, poiché la detta norma prescrive come regola di valutazione delle prove quella secondo cui il giudice deve valutarle secondo prudente apprezzamento, a meno che la legge non disponga altrimenti, la sua violazione e, quindi, la deduzione in sede di ricorso per cassazione ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c., è concepibile solo: a) se il giudice di merito valuta una determinata prova ed in genere una risultanza probatoria, per la quale l’ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore ovvero il valore che il legislatore attribuisce ad una diversa risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale); b) se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola, così falsamente applicando e, quindi, violando la norma in discorso (oltre che quelle che presiedono alla valutazione secondo diverso criterio della prova di cui trattasi: ancora Cass. n. 11892 del 2016 e, prima, Cass. n. 26965 del 2007; in senso conforme: Cass. n. 20119 del 2009; n. 13960 del 2014). Ne consegue, anche sulla base delle affermazioni di Cass. sez. un. nn, 8053 e 8054 del 07/04/2014, che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito, non essendo incasellabile né nel paradigma del n. 5 né in quello del n. 4 (per il tramite della deduzione della violazione del n. 4 dell’art. 132 c.p.c. nei termini ora indicati), non trova di per sé alcun diretto referente normativo nel catalogo dei vizi denunciabili con il ricorso per cassazione.

Il ricorso e’, quindi, complessivamente inammissibile per aspecificità e per far valere omissioni di fatto non adeguatamente censurate e comunque rispetto a consulenza tecnico contabile di ufficio non contestata adeguatamente nelle fasi di merito; in ogni caso, invero, al fine di compiuta adeguata disamina dei motivi del ricorso sarebbe necessaria la disamina complessiva della consulenza tecnica di ufficio contabile (alla quale, peraltro, la stessa ricorrente in questa sede ammette di avere chiesto alla Corte territoriale di attenersi), il che dimostra che le censure prospettate attengo a profili di errore di fatto e non di diritto (e la stessa ricorrente afferma di avere proposto, dinanzi alla Corte territoriale, giudizio di revocazione per errore di fatto, che allo stato, ossia alla data di decisione della presente controversia, non risulta essere stato deciso) e fuoriescono, pertanto, dal perimetro del sindacato di legittimità.

Il ricorso e’, in conclusione, inammissibile, con riferimento a tutte le censure formulate e tale deve essere dichiarato.

Nulla per le spese di lite dovendosi ritenere, giusta quanto esposto, che le controparti sono rimaste intimate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto (Sez. U n. 04315 del 20/02/2020).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso; nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione terza civile, il 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

 

 

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