Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4427 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. III, 11/02/2022, (ud. 23/11/2021, dep. 11/02/2022), n.4427

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 5590 del 2019 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliata in Roma, alla via

Acqua Donzella n. 27, presso lo studio dell’avvocato Greco Salvino,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Intesa Sanpaolo S.p.a., in persona del procuratore P.B.,

elettivamente domiciliata in Roma, alla via di Villa Grazioli n. 15,

presso lo studio dell’avvocato Gargani Benedetto, che lo rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 20876/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 31/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/11/2021 dal Consigliere relatore Dott. Cristiano Valle, osserva

quanto segue.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’avvocato M.S. chiede, affidandosi ad un ricorso articolato su tre motivi la cassazione della sentenza n. 20876 del di 31/10/2018 del Tribunale di Roma (addotta come notificata il 11/12/2018), di rigetto dell’appello da lei proposto contro l’accoglimento – da parte del Giudice di pace della Capitale con sentenza n. 23203/15 – dell’opposizione della Intesa Sanpaolo S.p.a. all’esecuzione ai suoi danni intentata (iscr. al n. 16738/11 r.g.e.) in base ad ordinanza di assegnazione di crediti ai sensi dell’art. 553 c.p.c. (in esito a procedura esecutiva iscr. al n. 29581/09 r.g.e. del Tribunale di Roma); resiste con controricorso l’intimata; disattesa l’istanza della ricorrente di trattazione in sezioni unite almeno della questione di giurisdizione e del presunto contrasto tra Cass. 09390/16 e Cass. ord. 9173/18, la causa è stata chiamata per l’adunanza camerale del 23/11/2021, fissata ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c. (come inserito dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. f), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), per la quale il Pubblico Ministero non deposita conclusioni scritte e non risulta il deposito di memorie di parte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I motivi di ricorso censurano come segue la sentenza del Tribunale di Roma.

Il primo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e omessa valutazione di fatto decisivo.

Il secondo mezzo pone censura di violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e della L. n. 388 del 2000, art. 13 con riferimento alla (mancata) applicazione della ritenuta d’acconto.

Il terzo, e ultimo, mezzo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 276 e 533 c.p.c. con riferimento alle spese diritti successivi all’emissione dell’ordinanza.

I motivi di ricorso possono essere congiuntamente trattati, in quanto essi involgono questioni che sono state già risolte da questa Corte, segnatamente con sentenze nn. 05476, 05477, 05479 e 05480 del 28/02/2020 e con riferimento all’inammissibilità dei motivi esposti mediante un coacervo di questioni in fatto e diritto da Sez. U Sez. n. 30755 del 28/11/2018.

Il primo mezzo e’, in ogni caso, inammissibile, in quanto non prospetta errori di sussunzione ma si limita a proporre una diversa interpretazione delle norme e, nella parte in cui deduce violazione di omesso esame di fatto decisivo incorre in inammissibilità, in quanto la sentenza di primo e secondo grado hanno esaminato in modo identico i fatti di causa, con conseguente preclusione a ulteriore esame, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5.

In ordine al secondo motivo l’unica questione che non è stata esplicitamente risolta dalla sentenza d’appello è quella del regime fiscale dell’ordinanza di assegnazione in favore dell’avvocato M.S., a seguito dell’applicazione della ritenuta di acconto da parte dell’istituto di credito, che la ricorrente assume indebitamente effettuata. La questione è inammissibile di per sé, non risultando dove e quando essa fosse stata posta al giudice di prime cure e risultando non contrastata l’affermazione della difesa di Intesa san Paolo S.p.a. circa l’assoggettamento a ritenuta d’acconto conformemente alla stessa richiesta formulata dall’avvocato M.S..

Con riferimento al terzo motivo di ricorso vale richiamare la giurisprudenza sull’art. 95 c.p.c. di questa Corte sul punto e segnatamente Cass. n. 9173 del 12/04/2018 Rv. 648801 – 01 e Cass. n. 19986 del 10/08/2017 Rv. 645358 – 01, laddove la più recente ordinanza afferma che: “L’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 553 c.p.c., assegna in pagamento al creditore procedente la somma di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore nei confronti del debitore espropriato, ha efficacia di titolo esecutivo nei confronti del terzo ed a favore dell’assegnatario anche prima della sua comunicazione o notificazione al terzo, e il creditore assegnatario può procedere alla notificazione di detta ordinanza anche unitamente all’intimazione dell’atto di precetto ma, in tale ultimo caso, laddove il terzo debitore intimato provveda all’integrale pagamento di tutte le somme dovute in un termine ragionevole (anche eventualmente superiore a quello di dieci giorni previsto dall’art. 480 c.p.c.), da accertarsi in concreto in base a tutte le circostanze rilevanti nella singola fattispecie, dovrà ritenersi inapplicabile l’art. 95 c.p.c., e le spese di precetto e funzionali all’intimazione resteranno a carico del creditore intimante; laddove invece il pagamento avvenga in un termine ragionevole, ma non sia integrale, le spese di precetto e di esecuzione saranno ripetibili dal creditore nei limiti di quanto necessario per il recupero delle sole somme effettivamente non pagate con tempestività dal debitore.” e, mentre la meno recente aveva già escluso la ripetibilità delle spese successive: “In tema di espropriazione presso terzi, ove l’ordinanza di assegnazione venga notificata in forma esecutiva contestualmente al precetto, senza che sia stata preventivamente comunicata o altrimenti resa nota al terzo debitore, le spese sostenute per il precetto restano a carico del creditore procedente, atteso che l’ordinanza ex art. 553 c.p.c. acquista efficacia esecutiva soltanto dal momento in cui sia portata a conoscenza del terzo o dal momento successivo specificamente indicato nell’ordinanza di assegnazione, risultando, pertanto, inapplicabile l’art. 479 c.p.c., comma 3”.

) Il ricorso è pertanto, inammissibile, con riferimento a tutte le censure formulate e tale deve essere dichiarato.

) Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività processuale espletata, come da dispositivo.

) Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto (Sez. U n. 04315 del 20/02/2020).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 510,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15% oltre CA e IVA per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione terza civile, il 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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