Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4425 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/02/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 20/02/2020), n.4425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 5079-214 proposto da:

LIDL ITALIA SPA elettivamente domiciliato in ROMA VIALE CASTRO

PRETORIO 122, presso lo stadio dell’avvocato RUSSO ANDREA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende,

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 79/2013 della COMM. TRIB. REG.SEZ. DIST. di

VERONA, depositata il 06/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/10/2019 dal Consigliere Dott. DI PAOLA LUIGI.

Fatto

RILEVATO

Che:

con la sentenza impugnata è stata riformata la pronuncia della Commissione tributaria provinciale di Verona che aveva accolto l’impugnativa proposta dalla Lidl Italia s.r.l. avverso il silenzio rifiuto tenuto dall’Amministrazione fiscale in relazione all’istanza di rimborso IRAP, per l’importo di Euro 40.073,00, concernente il periodo d’imposta 2005/2006, per la mancata applicazione del diritto all’agevolazione di cui alla L.R. n. 34 del 2001, art. 5, comma 1,;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la società, affidato a tre motivi;

l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso;

la predetta società ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo, la Lidl Italia s.r.l. – denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, e della L. 23 marzo 1977, n. 97, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si duole che il giudice di appello abbia considerato tardiva l’istanza di rimborso, fissando la decorrenza del termine di decadenza di quarantotto mesi dal momento del versamento dell’acconto anzichè da quello della dichiarazione;

con il secondo motivo – denunciando omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nuova formulazione) lamenta che il predetto giudice abbia omesso di esaminare la documentazione nella sentenza richiamata a supporto del giudizio finale, non considerando, di conseguenza, che gli acconti erano provvisori ed erano stati calcolati con riguardo ad un anno di imposta (1.3.2004-28.2.2005) precedente a quello di riferimento (1.3.200528.2.2006), così da risultare “logicamente e fiscalmente impossibile ed errato” che già alla data dei versamenti la società potesse avere consapevolezza di aver versato per intero l’IRAP relativa all’anno di imposta 2005 e rendersi conto del maggior versamento da chiedere a rimborso;

con il terzo motivo – denunziando omessa motivazione circa un punto decisivo e controverso per il giudizio (vecchia formulazione) -, lamenta, così riproponendo la stessa doglianza fatta valere nel motivo precedente, che la CTR abbia enunciato la propria valutazione in difetto di un processo logico giuridico e cognitivo degli elementi indicati a sostegno dal quale ricavare la consapevolezza della società circa il maggior versamento effettuato;

i primi due motivi, tra trattare congiuntamente, sono diversamente dal terzo, che è inammissibile, poichè dedotto ai sensi della vecchia formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, benchè la sentenza di appello sia stata depositata il 6 luglio 2013 infondati;

va infatti richiamato l’indirizzo giurisprudenziale, ribadito anche di recente, secondo cui il termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso delle imposte sui redditi, previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 (ove si legge che “Il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede il concessionario presso la quale è stato eseguito il versamento istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento”), decorre dal giorno “dei singoli versamenti in acconto, nel caso in cui questi, già all’atto della loro effettuazione, risultino parzialmente o totalmente non dovuti, sussistendo, in questa ipotesi, l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sin da tale momento, a nulla rilevando la successiva riliquidazione dell’imposta complessivamente dovuta” (cfr. Cass. 1/02/2018, n. 2533; in senso analogo v. Cass. 20/07/2016, n. 14868, ove è precisato che la decadenza decorre dal versamento del saldo “solo nel caso in cui il relativo diritto derivi da un’eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all’ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto, oppure rispetto ad una successiva determinazione in via definitiva delran” e del “quantum” dell’obbligazione fiscale”);

nel caso in esame, i versamenti degli acconti, pur commisurati al periodo di imposta dell’anno precedente a quello di riferimento, sono stati effettuati senza l’applicazione dell’agevolazione prevista dalla L.R. Lazio 13 dicembre 2001, n. 34, art. 5, comma 1, onde risultavano, oggettivamente, parzialmente non dovuti (a nulla rilevando l’avvenuta cognizione, o meno, ad opera della contribuente, della normativa sull’agevolazione in questione);

era, in buona sostanza, certo che, già al momento dei versamenti degli acconti, essi non erano dovuti in quella misura, ma in una misura “certa” minore (derivante dall’applicazione dell’agevolazione); e ciò indipendentemente dal diverso metodo “retributivo” di determinazione del valore della produzione che è alla base dell’imponibile IRAP secondo cui il “quantum” dell’imposta dovuta può essere determinato di norma solo al termine dell’anno fiscale, all’epoca del versamento del saldo (v. Cass. 9/07/2019, n. 18374; D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 5 e 16), poichè l’agevolazione riduce il valore fiscale della produzione in misura sempre identica, indipendentemente dall’entità di quest’ultimo, determinato con le peculiari modalità previste per le società dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 5;

il ricorso va, in definitiva, rigettato; segue il pagamento delle spese di lite, liquidate come in dispositivo;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di lite nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in Euro 3.000, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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