Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4418 del 18/02/2021
Cassazione civile sez. lav., 18/02/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 18/02/2021), n.4418
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9376-2015 proposto da:
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e
quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di
Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI,
EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO;
– ricorrenti –
contro
DE.SI. CERAMICA DI R.M. & C. S.A.S., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE GORIZIA 14, presso lo studio dell’avvocato FRANCO
SABATINI, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA GROSSI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 281/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,
depositata il 31/03/2014 R.G.N. 606/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/11/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 31.3.2014, la Corte d’appello dell’Aquila, in riforma della pronuncia di primo grado, ha annullato la cartella esattoriale con cui era stato ingiunto a DE.SI. Ceramica di R.M. & C. s.a.s. di pagare contributi omessi per sgravi indebitamente fruiti L. n. 448 del 1998, ex art. 3, comma 5;
che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo un motivo di censura;
che DE.SI. Ceramica di R.M. & C. s.a.s. ha resistito con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di censura, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 448 del 1998, art. 3, commi 5-6, e della sentenza della CGUE 2.4.2009, C415/07, per avere la Corte di merito ritenuto che, ai fini della verifica dell’incremento del livello occupazionale rispetto all’anno precedente a quello dell’assunzione dei lavoratori per i quali era stato fruito lo sgravio, occorresse tener conto anche del periodo dell’anno in cui l’impresa, avendo sospeso la propria attività imprenditoriale, non aveva svolto attività lavorativa con dipendenti, ponendo detto periodo uguale a zero e abbassando conseguentemente il numero di unità di lavoro annuo impiegate, piuttosto che espungerlo dal periodo medesimo;
che, nel motivare il proprio convincimento, i giudici territoriali hanno correttamente preso le mosse dal principio secondo cui la media dei lavoratori rilevante al fine di verificare l’incremento del livello occupazionale richiesto ai fini della fruizione degli sgravi L. n. 448 del 1998, ex art. 3, dev’essere calcolata in unità di lavoro annuo (c.d. ULA), avendo riguardo alla media dei lavoratori occupati nei dodici mesi precedenti l’assunzione, per come previsto al punto 17 degli Orientamenti in materia di aiuti all’occupazione emanati dalla Commissione Europea (in G.U.C.E., C-334 del 12.12.1995), e raffrontando la media dei lavoratori annui nei dodici mesi precedenti la nuova assunzione e la media nei dodici mesi ad essa successivi, siccome indicato da CGUE, 2.4.2009, C-415/07;
che, sulla scorta di tali premesse, hanno ritenuto che il periodo in cui l’odierna controricorrente aveva sospeso la propria attività non doveva essere espunto dall’anno, come preteso dall’INPS, ma piuttosto eguagliato a zero, dal momento che, in caso contrario, la situazione dell’impresa che abbia sospeso la propria attività verrebbe indebitamente assimilata a quella delle imprese di nuova costituzione;
che l’avversa tesi dell’Istituto ricorrente non considera che, sebbene intervenuta con riguardo ad una fattispecie in cui un’impresa aveva svolto la propria attività durante tutto l’arco dell’anno, ancorchè con picchi stagionali durante i quali aveva assunto dipendenti in eccedenza, la citata sentenza della Corte di Giustizia ha individuato un criterio uniforme per il calcolo delle variazioni del livello occupazionale misurato in ULA, allorchè ha affermato che, ai fini del calcolo dell’incremento netto di posti di lavoro o di dipendenti, entrambi i termini di raffronto dell’organico di un’impresa vanno costruiti in numero medio di ULA rispettivamente con riguardo all’anno precedente e a quello successivo all’assunzione, solo così potendo misurarsi “lo sforzo prodotto nel tempo dall’impresa beneficiaria di un aiuto per creare posti di lavoro” (così CGUE, 2.4.2009, C-415/07, punto 30);
che, al contrario, l’espunzione dall’anno di riferimento di periodi di sospensione dell’attività produttiva che – come nella specie – non abbiano messo capo ad espulsione dal ciclo produttivo della forza lavoro occupata metterebbe capo anch’essa ad “un risultato più aleatorio, in quanto più soggetto a variazioni temporanee e, conseguentemente, meno rappresentativo della situazione reale dell’impresa sul piano dell’occupazione” (CGUE, 2.4.2009, C-415/07, loc. cit.);
che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 3 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2021