Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4414 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/02/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 20/02/2020), n.4414

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7326/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

Trans Tunisian Pipeline Company s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Nicola

Caso, dell’Avv. Giuseppe Marini e dell’Avv. Gianmarco Tardella,

elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma,

Via Giovanni Nicotera n. 29, giusta procura speciale autenticata dal

Dott. D.A. notaio in Milano in data 1-4-2015;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia, n. 7264/2014 depositata il 29 dicembre 2014.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 4 dicembre 2019

dal Consigliere Luigi D’Orazio;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Stanislao De Matteis, che ha depositato requisitoria

scritta in forma di memoria, senza rilievi delle parti, concludendo

per il rigetto del ricorso;

udito l’Avv. Barbara Tidore per l’Avvocatura Generale dello Stato e

l’Avv. Gianmarco Tardella, per la società controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Trans Tunisian Pipeline Company s.p.a. (in prosieguo TTPC), quale consolidata, con sede amministrativa in Italia e sede legale nelle Isole del Canale, controllata dalla Eni s.p.a., consolidante, che aveva finanziato e gestito la costruzione del tratto tunisino del gasdotto Algeria-Italia, la prima con stabile organizzazione in Tunisia ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 162 e art. 5 della Convenzione tra Italia e Tunisia (la sede fissa era costituita dal gasdotto), presentava due ricorsi avverso i provvedimenti taciti di rifiuto formatisi sulle istanze di rimborso per complessivi Euro 44.460.979,00 in relazione alle imposte pagate per gli anni 2004 e 2005.

In particolare, la consolidata evidenziava che, ai sensi dell’art. 8 dell’accordo stipulato tra la Tunisia e la TTPC, per i redditi prodotti in Tunisia, la società era stata assoggettata ad una imposizione onnicomprensiva, sostitutiva di imposte dirette, indirette, presenti e future, e dei diritti doganali. Inizialmente la società aveva corrisposto il forfait fiscale in Tunisia, ove operava tramite stabile organizzazione, senza nulla dovere allo Stato italiano. Successivamente, dal 2002 Eni s.p.a. aveva trasferito in Italia il domicilio fiscale della TTPC, che era, quindi, divenuta soggetto passivo di imposta anche in Italia. Per l’anno 2004 la società aveva indicato il reddito netto imponibile di Euro 81.335.662,00 e per l’anno 2005 di Euro 76.081.834,00, come indicato nel modello del consolidato nazionale, con una Ires di Euro 26.840.755 per il 2004 e di Euro 25.107.005,00 per il 2005, versata dalla consolidante, ai sensi degli artt. 118 e 122 Tuir.

A seguito di istanza di interpello ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 11, l’Agenzia delle entrate con la Risoluzione 83/E del 2008 ha ritenuto che, ai sensi dell’art. 165 Tuir, la consolidata poteva operare una detrazione delle imposte pagate a titolo definitivo all’estero, e segnatamente della quota parte del forfait fiscale inerente alle imposte dirette, dall’imposta dovuta in Italia, sussistendo la similarità parziale dell’imposta estera e la sua definitività.

Pertanto, la quota parte di imposte pagate in Tunisia, considerata deducibile in precedenza (quale imposta forfettaria), diveniva imposta “non deducibile” ai sensi dell’art. 99, comma 1 Tuir (stante la parziale assimilazione alla imposta sul reddito delle società), ma “detraibile ove pagata in via definitiva. Si determinava, allora, un maggior reddito imponibile (non potendosi più dedurre l’imposta relativa al reddito estero), con una maggiore imposta lorda, da cui però detrarre (quale credito di imposta) la quota di imposta relativa al reddito estero, con una conseguente minore imposta netta. Era evidente il vantaggio fiscale per la consolidata, in quanto la medesima “grandezza” (ossia la quota parte del reddito prodotto all’estero) non veniva più sottratto dall’imponibile, sia pure dopo averlo rideterminato in aumento, ma detratta dall’imposta lorda dovuta. Pertanto, la consolidata avrebbe dovuto comunicare un maggiore reddito imponibile al rigo (OMISSIS) della propria dichiarazione, con un maggiore reddito complessivo del gruppo, da indicare ai quadri NF e CN del CNM, presentato dalla controllante, ma con un maggiore credito di imposta al quadro RN.

2. La Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva accolto le domande di rimborso della contribuente, rilevando che il mancato inserimento della richiesta di rimborso nella dichiarazione relativa all’anno di competenza non comportava la decadenza dal diritto di chiedere il rimborso; a seguito della Risoluzione 83 E del 7-3-2008, con cui era stata riconosciuta la similarità dell’imposta tunisina all’Ires e la sua detraibilità, la società aveva “legittimamente” presentato la richiesta di rimborso. Non vi era stata, poi, alcuna contestazione “da parte dell’Ufficio in ordine all’an ed al quantum del diritto controverso”. Infine, il termine di quattro anni di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, decorreva dal “saldo” e non dall’acconto.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

4. Resiste con controricorso la società, che deposita memoria scritta.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2”, in quanto la Commissione regionale non si è pronunciata sulla eccezione di difetto di legittimazione attiva della società consolidata a chiedere il rimborso, sollevata in sede di appello dalla Agenzia delle entrate con memoria illustrativa, trattandosi, peraltro, di eccezione in senso lato. Peraltro, la stessa consolidante Eni spa ha presentato identica domanda di rimborso per le stesse annualità, su cui si è già pronunciata la Commissione regionale del Lazio (sentenza nn. 6232/14 e 6230/14), con intervenuta impugnazione in cassazione.

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 165”, in quanto ai sensi dell’art. 165 tuir la detrazione del credito di imposta per le somme pagate all’estero in via definitiva non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata. 3.Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente si duole “in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 165, in quanto il giudice di appello ha affermato che “in realtà nessuna contestazione viene mossa dall’Ufficio in ordine all’an ed al quantum del diritto controverso, risultando unicamente contestato il procedimento con cui la TTPC ha chiesto a rimborso l’imposta”. In realtà, nel ricorso in appello l’Agenzia delle entrate, nel criticare la sentenza di prime cure, ha affermato che il giudice non aveva esplicitato i motivi e le ragioni alla base del riconoscimento dell’esistenza di un diritto di credito e non aveva indicato i documenti prodotti dalla parte da cui si evinceva l’esistenza del credito, nè le modalità di calcolo del livello massimo dell’imposta corrisposta in Tunisia in detrazione ai sensi dell’art. 165 Tuir. Vi era stata, quindi, contestazione specifica sia sull’an che sul quantum della sussistenza del diritto al rimborso. Il giudice di appello, quindi, ha omesso ogni disamina sulla prove dell’esistenza del diritto di credito.

4. Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente lamenta “in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.”, avendo il giudice di appello ritenuto insussistente la contestazione sull’an e sul quantum della pretesa della società, mentre nel ricorso in appello vi era stata contestazione specifica in ordine al diritto vantato dalla società.

5.Con il quinto motivo di impugnazione la ricorrente deduce “in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4”, in quanto la sentenza del giudice di appello è priva di motivazione, in ordine alla prova del diritto al rimborso, non avendo fornito alcuna motivazione sulla prova che la società avesse scontato effettivamente le imposte in Tunisia, che il valore indicato dalla contribuente dovesse essere effettivamente riferito alla quota parte dell’imposta forfettaria utilizzabile quale credito, perchè imputabile all’imposta sulle società della Tunisia, ossia assimilabile all’Ires, purchè non superiore all’importo massimo di cui all’art. 165 Tuir. Nè il giudice di appello aveva fornito motivazione in ordine alla prova che, con il metodo alternativo utilizzato dalla società, si fosse verificato il pagamento di una maggiore Ires in Italia da parte della consolidante fiscale nella misura indicata nel ricorso. Tali circostanze erano state contestate dall’Ufficio, mentre il giudice di appello le ha ritenute non contestate.

6. Con il sesto motivo di impugnazione la ricorrente si duole “in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38”, in quanto uno dei versamenti è stato effettuato il 21-6-2004, mentre l’istanza di rimborso è del 22-9-2008, sicchè risulta decorso il termine di quattro anni di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38. Il giudice di appello, invece, ha ritenuto che il dies a quo del termine di quattro anni va individuato in quello del “saldo” e non in quello del versamento dell’acconto.

7. Per ragioni di pregiudizialità logica vanno affrontati dapprima i motivi di impugnazione terzo, quarto e quinto, in quanto strettamente connessi ed attinenti alla motivazione della sentenza del giudice di appello.

7.1. Tali motivi sono fondati.

7.2. Invero, la fattispecie in esame origina dalle richieste di rimborso presentate dalla società consolidata Trans Tunisian Pipeline Company s.p.a. (TTPC) con riferimento agli anni 2004 e 2005. In particolare, la TTPC, con sede legale nelle Isole del Canale e sede amministrativa in Italia, evidenziava nelle due istanze che era controllata dalla Eni s.p.a., consolidante, la quale aveva finanziato e gestito la costruzione del tratto tunisino del gasdotto Algeria-Italia. La prestazione del servizio di trasporto in territorio tunisino tramite una sede fissa (il gasdotto) costituiva un’ipotesi di stabile organizzazione della TTPC in Tunisia, sia ai sensi dell’art. 162 del Tuir sia dell’art. 5 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Tunisia, ratificata con L. 25-5-1981, n. 388.

La TTPC aveva versato una imposizione onnicomprensiva in Tunisia per i redditi ivi prodotti (Prelevement fiscal global forfaitaire), sostitutiva delle imposte dirette, indirette, presenti e future, e dei diritti doganali..Inizialmente la società, che aveva sede in uno stato a fiscalità privilegiata, si era limitata a corrispondere il forfait fiscale in Tunisia, ove operava tramite stabile organizazione, senza nulla versare all’Italia.

Con la tassazione per trasparenza delle società residenti in Paesi a fiscalità privilegiata in capo alle società che le controllano, la Eni s.p.a. (controllante), aveva trasferito in Italia il domicilio fiscale della TTPC, divenendo questa soggetto passivo di imposta anche in Italia.

Pertanto, la TTPC aveva indicato al quadro GN delle dichiarazioni un reddito netto imponibile pari ad Euro 81.335.662 per il 2004 ed ad Euro 76.081.834,00 per il 2005. Analogamente le stesse somme erano state indicate dalla consolidante Eni spa nel quadro NF del modello CNM (consolidato nazionale e mondiale).

A tali redditi corrispondeva un’Ires di Euro 26.840.755 nel 2004 e di Euro 25.107.005,00 nel 2005, versata dalla consolidante, ai sensi degli artt. 118 e 122 Tuir.

L’Agenzia delle entrate, con Risoluzione 83/E del 2008, in risposta ad un interpello formulato dalla TTPC, affermava che l’imposta globale pagata dalla società in Tunisia aveva il presupposto della “similarità parziale” rispetto a quella pagata in Italia, in relazione alla parte del Prelevement fiscal global forfaitaire riferibile all’Impot sur les societes, come pure quello della “definitività”.

Pertanto, mentre in precedenza la quota parte di imposte dirette pagate in Tunisia nel contesto dell’imposta globale era deducibile dal reddito pagato in Italia ai sensi dell’art. 99 Tuir, a seguito della risoluzione dell’Agenzia delle entrate, con la parificazione seppure parziale dell’imposta sulle società tunisina all’imposta italiana sui redditi, tale quota parte era indeducibile ai sensi dell’art. 99 Tuir, ma era “detraibile” se pagata a titolo definitivo ai sensi dell’art. 165 Tuir.

Infatti, ai sensi dell’art. 99 Tuir “le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento”.

L’art. 165 Tuir (credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero), poi, prevede che “se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in deduzione”. Inoltre, al comma 8 si prevede che “la detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata”.

In tal modo, negli anni 2004 e 2005, quindi, secondo l’assunto della società, la quota parte dell’imposta globale individuata nel reddito estero non era più deducibile, stante l’assimilazione con l’imposta sul reddito italiana, con la determinazione di una maggiore imposta lorda, da cui, però detrarre (quale credito di imposta) la quota parte relativa al reddito all’estero, con una minore imposta netta. Pertanto, occorreva ricostruire il reddito imponibile, quale sarebbe risultato senza la deduzione delle imposte pagate in Tunisia, calcolando l’Ires lorda virtuale, così dovuta, per poi detrarre da tale imposta lorda il credito di imposta corrispondente a quanto pagato in Tunisia per imposte “similari” all’Ires.

Vi era così un vantaggio per la consolidata, in quanto la stessa “grandezza” non veniva dedotta più dall’imponibile, ma, sia pure dopo aver determinato in aumento tale imponibile, detratta dall’imposta lorda dovuta.

Pertanto, la TTPC chiedeva per il biennio 2004 e 2005 la restituzione della somma complessiva di Euro 44.460.979,00.

Va anche evidenziato che nè la consolidata nè la consolidante avevano presentato dichiarazione integrativa per rettificare le dichiarazioni dei redditi del 2004 e del 2005.

7.3. A fronte di tale complessa fattispecie in esame, il giudice di secondo grado, nel confermare la sentenza di prime cure, che aveva accolto il ricorso della contribuente, si- è limitato ad affermare, da un lato, che i fatti non. erano contestati, e dall’altro, che la domanda di rimborso era legittima (“La Commissione, esaminati gli atti di causa, rileva preliminarmente che in realtà nessuna contestazione viene mossa dall’Ufficio in ordine all’an ed al quantum del diritto controverso, risultando unicamente contestato il procedimento con cui la TTPC ha chiesto a rimborso l’imposta….a seguito della risoluzione 83/E del 7-3-2008, con la quale viene riconosciuta la similarità dell’imposta tunisina all’Ire e la sua detraibilità, la società ha legittimamente presentato richiesta di rimborso”).

Tale motivazione, in realtà, è solo apparente, in quanto, oltre a ritenere non contestato in alcun modo il diritto controverso, mentre tale contestazione vi è ‘stata, non offre alcuno spunto argomentativo serio per sorreggere il proprio decisum, racchiudendo il proprio sforzo motivazionale essenzialmente nell’avverbio “legittimamente”.

Inoltre, nelle pagine 17 e 18 del ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate ha riportato il proprio atto di appello con la contestazione specifica del diritto della contribuente al rimborso, con precisa presa di posizione in ordine alla motivazione della sentenza di primo grado. In particolare, si legge nel gravame che “i Giudici di prime cure avrebbero dovuto in motivazione, esplicitare i motivi e le ragioni alla base del riconoscimento dell’esistenza di un diritto di credito e del conseguente diritto al rimborso dello stesso. In particolare, era necessaria e fondamentale al fine di una valida pronuncia circa la spettanza del rimborso oggetto della presenta controversia: la precisa indicazione dei documenti prodotti dalla parte da cui si evince l’esistenza del credito e posti a base della decisione; le modalità di calcolo del livello massimo dell’imposta corrisposta nello Stato tunisino ammissibile in detrazione ai sensi dell’art. 165 del Tuir”.

Peraltro, la Commissione provinciale aveva accolto il ricorso della contribuente, ma solo in relazione a quanto deciso per l’anno 2006, mentre in discussione vi erano gli anni 2004 e 2005 (“L’Agenzia delle entrate con l’atto di interpello…ha fissato i criteri per la qualificazione di quota parte dell’imposta quale imposta sui redditi detraibile, criterio al quale si è attenuta la ricorrente. In particolare, le modalità di calcolo concretamente seguite dal contribuente in sede di applicazione dell’interpello stesso sono state avallate dalla stessa Direzione Regionale della Lombardia che ha confermato la correttezza dei criteri di calcolo seguiti per determinare gli importi chiesti a rimborso.. nella dichiarazione relativa al 2006, analogamente a quanto eseguito negli anni 2005 e 2006, si è detratta la quota parte delle imposte estere relative alle quote d’imposte dirette dell’imposta forfettaria tunisina, esattamente secondo le stesse modalità indicate nelle istanze di rimborso oggetto della contestazione in esame”).

Va, poi, osservato che per questa Corte, a sezioni unite, la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., sez.un., 22232/2016; Cass., 32980/2018).

8.1 restanti motivi, relativi all’omessa pronuncia in ordine al difetto di legittimazione attiva a chiedere il rimborso da parte della controllata (primo motivo), alla violazione dell’art. 165 del Tuie per la omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata (secondo motivo) ed alla violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, per la dedotta intervenuta decadenza parziale in ordine al versamento in acconto del 21-6-2004 (sesto motivo), sono assorbiti per l’accoglimento dei motivi terzo, quarto e quinto, con obbligo del giudice del rinvio di motivare nuovamente la propria decisione.

9. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, che dovrà esaminare attentamente i documenti già prodotti ed in particolare le attestazioni di avvenuto pagamento in Tunisia delle imposte, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie i motivi terzo, quarto e quinto; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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