Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4411 del 23/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 23/02/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 23/02/2011), n.4411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ITAL COF S.N.C. DI PASQUALE VOLPICELLI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Portuense n. 104, presso Antonia De Angelis, rappresentato e difeso

dall’avv. VIOLANTE RUGGI DI ARAGONA Giancarlo;

– controricorrente –

e sul ricorso proposto da:

ITAL COF S.N.C. DI PASQUALE VOLPICELLI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, come sopra elettivamente domiciliata e

rappresentata;

– ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, come

sopra elettivamente domiciliata e rappresentata;

– resistente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Campania, sez. 31^, n. 157, depositata l’8.10.2007.

Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere relatore Dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che la società contribuente propose ricorso avverso atto con cui l’Agenzia delle Entrate aveva provveduto a recuperare credito d’imposta ritenuto indebitamente utilizzato in compensazione;

– che la società contribuente dedusse, tra l’altro, che il recupero era illegittimo, in quanto fondato sull’assenza di requisiti dell’agevolazione prescritti retroattivamente;

– che l’adita commissione tributaria respinse il ricorso, con decisione parzialmente riformata, in esito all’appello della società contribuente, dalla commissione regionale, che, ribadita la legittimità dell’accertamento, annullò le sanzioni in applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8;

rilevato:

– che, avverso la decisione di appello, l’Agenzia ha proposto ricorso principale, in due motivi, deducendo violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver il giudice di appello annullato le sanzioni ai sensi dell’art. 8 D.Lgs., in assenza di qualsiasi richiesta dell’interessata, nonchè violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, per aver disposto l’annullamento delle sanzioni in assenza dei presupposti di applicabilità della disposizione evocata;

– che la società contribuente, illustrando le proprie ragioni anche con memoria, ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale, deducendo la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 62, anche in rapporto alla previsione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 3, per aver la decisione impugnata ritenuto legittimo l’accertamento benchè fondato sull’assenza di requisiti dell’agevolazione (in particolare la comunicazione di cui al mod.

“CVS”) previsti successivamente alla richiesta del beneficio;

osservato:

– che i due ricorsi, siccome proposti contro la stessa sentenza, devono essere riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c.;

considerato:

– che il primo motivo del ricorso principale dell’Agenzia è manifestamente fondato.

– che questa Corte ha, infatti, già puntualizzato (cfr. Cass. 25676/08) che la disapplicazione da parte del giudice delle sanzioni per violazioni di norme tributarie dalla portata obiettivamente incerta, non è possibile d’ufficio, ma solo se domandata dal contribuente nei modi e nei termini processuali appropriati;

– che la fondatezza del primo motivo del ricorso principale determina l’assorbimento del secondo;

che il ricorso incidentale della società contribuente è, invece, infondato;

– che invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 8254/09), le norme della L. n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria; conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, nè consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse del (nella specie: la L. n. 289 del 2002, art. 62);

ritenuto:

– che il ricorso dell’Agenzia va, pertanto, accolto e quello incidentale della società contribuente va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che la sentenza impugnata va, dunque, cassata, in relazione al ricorso accolto;

– che, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult. parte, va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente;

– che, per la natura della controversia e tutte le implicazioni della fattispecie, si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

la Corte: riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della società contribuente;

compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2011

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