Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4411 del 10/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 10/02/2022, (ud. 02/02/2022, dep. 10/02/2022), n.4411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3696-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT LEASING S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio degli

Avvocati TONIO DI IACOVO e DELIA BERTO, che la rappresentano e

difendono giusta procura speciale allegata al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 97/16/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’EMILIA-ROMAGNA, depositata il 21/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 2/2/2022 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA

DELL’ORFANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna aveva accolto l’appello di Unicredit Leasing S.p.A. avverso la sentenza n. 73/12/2019 della Commissione Tributaria Provinciale di Bologna in rigetto del ricorso proposto avverso atto di contestazione sanzioni per tardivo versamento dell’imposta di registro su contratti di leasing;

la società contribuente resiste con controricorso;

Unicredit Leasing S.p.A. ha poi presentato domanda di definizione agevolata della controversia D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, respinta con provvedimento di diniego emesso in data 24.6.2020;

la società controricorrente ha, da ultimo, depositato memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. va preliminarmente esaminata l’eccezione, avente carattere pregiudiziale, proposta dalla controricorrente, di inammissibilità del ricorso principale in quanto tardivamente proposto oltre il termine di mesi sei dalla pubblicazione della sentenza impugnata, giusta la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta con la L. n. 69 del 2009;

1.2. l’eccezione è destituita di fondamento, atteso che il termine per il gravame risulta certamente osservato, posto che la sentenza della CTR veniva pubblicata il 21.12.2012, mentre il ricorso è stato proposto il 30.1.2014, e quindi ampiamente nel termine previsto, che ancora era quello cosiddetto lungo di un anno e 46 giorni;

1.3. la novella di mesi sei, introdotta con la L. n. 69 del 2009, art. 46, non è infatti applicabile nella controversia ora pendente, giusta il disposto della stessa, art. 58, secondo cui l’entrata in vigore di tale disposizione coincideva col 4.7.2009, senza possibilità di efficacia retroattiva ai procedimenti già pendenti, o per i quali erano state contestate le sanzioni;

1.4. invero in tema di impugnazioni, la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi della predetta L., art. 58, comma 1, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (cfr. Cass. n. 19979 del 2018, Cass. n. 15741 del 2013, Cass. n. 17060 e Cass. n. 6007 del 2012);

2.1. poste tali premesse, con il primo mezzo l’Agenzia delle entrate denuncia violazione di norme di diritto (D.L. n. 223 del 2006, art. 35, conv., D.P.R. n. 131 del 1986, art. 43,D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2) per avere la CTR erroneamente escluso l’applicabilità delle sanzioni per obiettive condizioni di incertezza normativa;

2.2. con il secondo motivo si lamenta omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, relativamente alla circostanza che il canone, per il periodo considerato ai fini degli adempimenti fiscali, non risultava indeterminato, come invece prospettato dall’appellante;

3.1. le censure, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, sono infondate;

3.2. questa Corte di legittimità (cfr. Cass. n. 13076 del 24/06/2015; Cass. n. 4394 del 24/2/2014; Cass. n. 3113 del 12/2/2014; Cass. n. 24670 del 28/11/2007) è ripetutamente intervenuta a definire l’ambito di non debenza delle sanzioni enunciando i seguenti principi di diritto: per “incertezza normativa oggettiva tributaria” deve intendersi la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie; l’incertezza normativa oggettiva costituisce una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto come emerge dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, che distingue in modo netto le due figure dell’incertezza normativa oggettiva e dell’ignoranza (pur ricollegandovi i medesimi effetti) e perciò l’accertamento di essa è esclusivamente demandata al giudice e non può essere operato dalla amministrazione; l’incertezza normativa oggettiva non ha il suo fondamento nell’ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria;

3.3. l’essenza del fenomeno dell’incertezza normativa oggettiva si può dunque rilevare attraverso una serie di fatti indice, che spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo, e che sono stati individuati a titolo di esempio e, quindi, non esaustivamente: 1) nella difficoltà d’individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge; 2) nella difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) nella difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) nella mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà; 5) nella mancanza di una prassi amministrativa o nell’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) nella mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) nella formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale; 8) nel contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) nel contrasto tra opinioni dottrinali; 10) nell’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente;

3.4. tali fatti indice devono essere accertati, esaminati ed inseriti in procedimenti interpretativi della formazione che siano metodicamente corretti e che portino inevitabilmente a risultati tra loro contrastanti ed incompatibili;

3.5. costituisce, quindi, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ossia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione;

3.6. nel caso di specie, la società contribuente aveva chiesto l’annullamento delle sanzioni sostenendo che, in ragione della novella del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, era intervenuta una modifica del previgente regime fiscale delle cessioni e locazioni, il che aveva determinato incertezze sull’applicazione del citato art. 35, ed a conferma di ciò aveva rilevato come fosse intervenuto successivamente il legislatore con la Legge Finanziaria 2007, regolando le operazioni immobiliari effettuate nella vigenza del richiamato D.L. n. 223 del 2006, sulla base di disposizioni di quest’ultimo che non avevano avuto successiva conversione in legge, ed aveva infine evidenziato che a causa di tale incertezza normativa era anche intervenuta la proroga fino al 18.12.2006 del termine fissato per la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei contratti di locazione;

3.7. la Commissione Tributaria Regionale ha quindi accolto la richiesta della società contribuente, annullando le sanzioni ad essa applicate, ravvisando l'”esimente di oggettiva incertezza normativa… nelle difficoltà dovute al rinvio a successivo e apposito provvedimento direttoriale, alla mancata conversione in legge di alcune norme previste nel D.L. n. 223 del 2006, e alla successiva normativa intervenuta nella legge finanziaria 2007 (L. n. 269 del 2006), nella mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà e, infine, nella mancanza di precedenti giurisprudenziali”;

3.8. nella fattispecie in esame sussiste, dunque, come affermato dalla Commissione tributaria, una difficoltà d’individuazione delle disposizioni normative applicabili, ratione temporis, che giustifica la non applicazione delle sanzioni;

4. il ricorso va conseguentemente respinto;

5. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle entrate a rifondere alla società controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.900,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 2 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022

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