Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4408 del 24/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4408 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: TRIA LUCIA

ORDINANZA
sul ricorso 20345-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA

17,

presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI, PUT

CLEMENTINA giusta procura speciale in calce al riconol
– ricorrente contro
DE VITO FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE DELLE MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato
CITTADINO GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall’avvocato
CI I 1ADINO ANTONIO giusta procura speciale in calce al
controricorso;

Data pubblicazione: 24/02/2014

- controricorrente –

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580;

avverso la sentenza n. 324/2011 della CORTE D’APPELLO di
CATANZARO del 24/2/2011, depositata 11 05/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/12/2013 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA TRIA;
udito l’Avvocato Ricci Mauro difensore del ricorrente che si riporta
agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che
aderisce alla relazione.

Ric. 2011 n. 20345 sez. ML – ud. 12-12-2013
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– intimato –

Sesta sezione — Sotto Sezione Lavoro
Udienza del I2dicembre 2013 – n. 18 del ruolo
RG n. 20345/11
Presidente: Curzio – Relatore: Tria

Ritenuto che la causa è stata chiamata alla adunanza in Camera di consiglio del
3 ottobre 2013 ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ. sulla base della relazione
redatta a norma dell’art. 380-bis cod. proc. civ., avente il seguente tenore:
«1.- La Corte d’appello di Catanzaro, con la sentenza n. 324/2011,
depositata il 5 aprile 2011 e notificata il successivo 6 giugno 2011, in riforma
dell’impugnata sentenza del Tribunale di Lamezia Terme del 18 maggio 2007,
la quale aveva dichiarato inammissibile, per decadenza dalla relativa azione, la
domanda proposta da Francesco De Vito ai fini del riconoscimento del diritto a
pensione o assegno di invalidità civile, negatigli in sede amministrativa
dall’Inps, ha dichiarato il diritto del ricorrente all’assegno mensile di assistenza
a decorrere dal 1° febbraio 1997 e alla pensione di inabilità a decorrere dal 7
luglio 2009, con condanna dell’Inps al pagamento dei ratei maturati dei predetti
benefici dalle rispettive decorrenze, nonché degli accessori previsti dalla legge
e alla rifusione delle spese del giudizio.
2.- La sentenza impugnata, per quel che qui interessa, ha accolto il ricorso
osservando che: 1) attesa l’abolizione del ricorso amministrativo avverso i
provvedimenti negativi emanati in esito alle procedure in materia di
riconoscimento dei benefici di cui al comma 1° dell’art. 42, d.l. n. 269 del 2003,
convertito in L. n. 326 del 2003, la disposizione decadenziale di cui al 3°
comma della norma citata non troverebbe applicazione nel caso di specie, in
quanto il sig. De Vito ha proposto ricorso amministrativo all’autorità
competente antecedentemente al 1° gennaio 2005, data di entrata in vigore del
decreto, per effetto della proroga predisposta dall’art. 23, secondo comma della
L. 27 febbraio 2004, n. 47; 2) peraltro, il CTU d’ufficio, nominato al fine di
accertare la sussistenza o meno del requisito sanitario, ha accertato, attraverso
l’esame clinico del ricorrente e l’analisi della documentazione medica esibita,
che lo stesso è affetto da infermità tali da dover essere valutato quale invalido
civile con totale e permanente inabilità al lavoro nella misura del 100%; 3)
invece, all’epoca della domanda amministrativa, avanzata il 29 gennaio 1997, il
ricorrente era da ritenersi invalido nell’inferiore misura del 75%, in quanto non
ancora affetto da diabete insulino dipendente e dalle gravi complicanze
derivatene; 4) attesa la completezza, la serietà e l’obiettività delle indagini
espletate dal consulente, le valutazioni da quest’ultimo effettuate sono
condivisibili; 5) pertanto, alla luce delle suesposte considerazioni e atteso che il
ricorrente ha fornito prova idonea della sussistenza degli altri requisiti necessari
per poter godere dell’assegno e della pensione, deve essere dichiarato il diritto
Ric. 2011 n. 20345 sez. ML – ud. 12-12-2013
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ORDINANZA
FATTO E DIRITTO

del ricorrente all’assegno mensile di assistenza a decorrere dall’ l febbraio 1997
sino a tutto il 2007, e del diritto alla pensione di inabilità a decorrere dal 7
luglio 2009 in poi, con condanna dell’Inps a corrispondere i ratei maturati dei
suindicati benefici.

4.- Con il primo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione
delle seguenti norme di legge: dell’art. 42, comma 3° del decreto legge 30
settembre 2003, n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326; dell’art.
23, comma 2° del decreto legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito in legge
27 febbraio 2004, n. 47; dell’art. 252 disp. att. cod. proc. civ., il tutto in
relazione all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale ritenuto
che la decadenza semestrale introdotta dal citato art. 42, D.L. n. 269 del 2003
non avrebbe trovato applicazione nel caso di specie, avendo il sig. De Vito
proposto ricorso amministrativo all’autorità competente prima del 1° gennaio
2005 (precisamente, in data 18 maggio 2004), data di entrata in vigore della
citata legge 47 del 2004.
In particolare, a parere dell’Istituto ricorrente, la ratio ispiratrice della
norma, principalmente volta a deflazionare il notevole contenzioso formatosi in
materia di invalidità civile, non sarebbe rispettata se si ammettesse che coloro i
quali hanno presentato un ricorso amministrativo prima del 31 dicembre 2004
possano impugnare in ogni tempo il provvedimento di rigetto della domanda di
accesso alla provvidenza, con il solo limite del termine decennale di
prescrizione.
4.1.- La censura è manifestamente infondata.
4.2.- Questa Corte ha già ripetutamente esaminato la questione
interpretativa posta dal ricorso, affermando l’applicabilità della norma del
richiamato art. 42, terzo comma, D.L. n. 269 del 2003 — che ha introdotto, per la
proposizione di azioni in giudizio concernenti, tra l’altro, il diritto a prestazioni
in favore di invalidi civili, un termine di decadenza decorrente dalla data di
comunicazione del provvedimento emanato in sede amministrativa – solo ai casi
in cui il provvedimento amministrativo sia stato comunicato all’interessato
successivamente al 31.12.2004, data di entrata in vigore delle disposizioni che
hanno eliminato i ricorsi amministrativi in materia e correlativamente hanno
introdotto tale termine di decadenza (Cass. 20 aprile 2011, n. 9038; 13 giugno
2012, n. 9647).
A questo proposito è stato inoltre precisato che la ragione
dell’inapplicabilità della decadenza di nuova istituzione al caso in cui il
provvedimento amministrativo sia stato comunicato all’interessato
Ric. 2011 n. 20345 sez. ML – ud. 12-12-2013
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3.- Per la cassazione della suindicata sentenza l’Inps propone ricorso,
sulla base di tre motivi; resiste, con controricorso, Francesco De Vito.

Nel caso in esame, il provvedimento amministrativo di rigetto della
domanda era stato comunicato all’odierno controricorrente prima del
31.12.2004, avendo egli proposto ricorso amministrativo avverso il
provvedimento negativo in data 18 maggio 2004 e, pertanto, il motivo di
censura deve essere rigettato.
5.- Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione delle
seguenti norme di legge: artt. 12 e 13 della legge n. 118 del 1971; art. 26 della
legge n. 153 del 1969; D.M. n. 553 del 1992; art. 35, commi 8° e 9° del D.L. n.
207 del 2008, convertito in legge n. 14 del 2009, come modificato dall’art. 13
della legge n. 122 del 2010, “tutte in relazione all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ.”,
per aver la Corte d’appello riconosciuto all’odierno resistente il diritto ad
ottenere l’assegno di assistenza, prima, e la pensione di invalidità civile, poi,
sulla base dei redditi dallo stesso posseduti nell’anno precedente a quello di
riferimento della provvidenza.
In particolare, l’Istituto ricorrente lamenta che, alla luce delle suindicate
norme di legge, il requisito reddituale avrebbe dovuto essere accertato con
riferimento ai redditi posseduti nel medesimo anno di percezione della
provvidenza, e non già con riferimento ai redditi posseduti nell’anno precedente
a quello dell’erogazione.
5.1.- Il secondo motivo di censura si appalesa fondato.
5.2.- La giurisprudenza di legittimità si è già ripetutamente occupata della
questione, affermando che mentre in via amministrativa è legittimo accertare il
reddito del richiedente con riferimento all’anno precedente, quando si discute in
via giudiziaria circa la sussistenza del requisito reddituale in rapporto alla
Ric. 2011 n. 20345 sez. ML – ud. 12-12-2013
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anteriormente alla data di inizio dell’applicabilità della nuova norma è
ravvisabile specificamente nella circostanza che si è in presenza non già del
fenomeno, regolato dall’art. 152 disp. att. cod. civ., dell’abbreviazione del
termine relativamente a un’ipotesi di esercizio di un diritto già precedentemente
condizionato al rispetto di un termine di decadenza, ma all’introduzione di una
decadenza precedentemente non esistente. Si tratta di un’evenienza diversa e più
incisiva rispetto a quella regolata dall’art. 152 cit. perché, come esattamente
rilevato dalla giurisprudenza di legittimità, la nuova norma istituisce e delinea
lo stesso fatto che comporta la decorrenza del termine di decadenza e che
appartiene quindi, unitamente al decorso del tempo, alla fattispecie costitutiva
della decadenza, con la conseguenza, appunto, della sottrazione alla possibile
incidenza della nuova norma della fattispecie nella quale la comunicazione del
provvedimento amministrativo – fatto che dovrebbe comportare la decorrenza
della decadenza – si situa al fuori dell’area temporale di operatività della nuova
norma (Cass. 13 giugno 2012, n. 9647 cit.).

Il principio è stato inoltre confermato dal D.L. n. 297 del 2008, art. 35,
commi 8° e 9° (convertito nella L. n. 14 del 2009). Il comma 8° così dispone:
“Ai fini della liquidazione o della ricostituzione delle prestazioni previdenziali
ed assistenziali collegate al reddito, il reddito di riferimento è quello conseguito
dal beneficiario e dal coniuge nell’anno solare precedente il 1° luglio di ciascun
anno e ha valore per la corresponsione del relativo trattamento fino al 30 giugno
dell’anno successivo”. Il comma 9° così stabilisce: “In sede di prima
liquidazione di una prestazione il reddito di riferimento è quello dell’anno solare
in corso, dichiarato in via presuntiva”.
Nella specie, va accolto il motivo di ricorso con cui l’Istituto ricorrente
censura l’impugnata sentenza nella parte in cui, non attenendosi al suindicato
principio, ha riconosciuto la sussistenza del requisito reddituale in capo al De
Vito, con riferimento ai redditi dallo stesso percepiti nell’anno precedente. Si
legge, infatti, nella pronuncia de qua che “nel 2007 (l’odierno resistente) ha
percepito un reddito di euro 6.052,00, superiore al limite di legge per poter
percepire l’assegno per l’anno 2008 (euro 4.238,26) e nell’anno 2008 un reddito
di euro 7.387,00, superiore al limite stabilito per l’anno 2009 (euro 4.382,43)
ma inferiore al limite per ottenere la pensione (euro 14.886,00)”.
6.- L’ultimo motivo di ricorso, con cui si denuncia la nullità della
sentenza ex art. 156, comma 2 cod. proc. civ. per contrasto tra motivazione e
dispositivo (in relazione all’art. 360, n. 4 cod. proc. civ.), in quanto la Corte
territoriale, nella parte motiva della sentenza, dichiarava il diritto dell’odierno
controricorrente a percepire l’assegno mensile di assistenza a decorrere dal
gennaio del 1997 fino a tutto il 2007, e la pensione di inabilità a decorrere dal 7
luglio del 2009 in poi, laddove, nel dispositivo, riconosceva il diritto alla
corresponsione ai ratei dell’assegno di assistenza anche per il periodo dall’ 1
gennaio 2008, al 6 luglio 2009, è da considerare assorbito.
7.- In conclusione, per le suesposte ragioni, si propone la trattazione del ricorso
in camera di consiglio, in applicazione degli arti. 376, 380 bis e 375 cod. proc.
civ., per essere parzialmente accolto, nei limiti del secondo motivo di ricorso»;
che sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.
Ric. 2011 n. 20345 sez. ML – ud. 12-12-2013
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decorrenza di una data prestazione, la regola è quella del reddito contestuale e
quindi dell’annualità dalla quale decorre la prestazione stessa. Questa Corte ha
desunto tale principio dalla sentenza n. 12128 del 2003, la quale ha fatto
riferimento alla sopravvenienza del requisito reddituale nel corso del giudizio,
sopravvenienza della quale il giudice deve tenere conto (Cass. 25 gennaio 2007,
n. 1664; 28 luglio 2010, n. 17624).

Considerato che il Collegio condivide, sostanzialmente, la proposta di
definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ., ritenendo
tuttavia, che il carattere assorbente dell’accoglimento del secondo motivo
comporti l’assorbimento non soltanto del terzo motivo, ma anche del primo;

che, di conseguenza, la sentenza impugnata va cassata, in relazione alle censure
accolte, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla
Corte d’appello di Salerno, che si atterrà ai principi suesposti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la
sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia, anche per le
spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Salerno.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile,
il 12 dicembre 2013.

che, pertanto, deve essere accolto il secondo motivo del ricorso e gli altri due
motivi vanno dichiarati assorbiti;

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