Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4408 del 21/02/2017


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Cassazione civile, sez. I, 21/02/2017, (ud. 09/01/2017, dep.21/02/2017),  n. 4408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., (c.f. (OMISSIS)), in persona del presidente

del consiglio di amministrazione e legale rappresentante Dott.

I.G., rappresentata e difesa, per procura speciale a margine

del ricorso, dall’avv. prof. Vito Bellini (c.f. BLLVTI34E31H729Y –

pec vitobellini.pec.it) ed elett.te dom.ta presso lo studio del

medesimo in Roma, Via Orazio n. 3;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA CENTRO S.P.A.;

– intimata –

e sul riconso proposto da:

EQUITALIA CENTRO S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), in persona del direttore

generale Dott. R.A., rappresentata e difesa, per procura

speciale a margine del controricorso, dall’avv. Luca Frasca (c.f.

FRSLCU66P181345Q – pec luca.frasca.pecordineavvocatilaquila.it) ed

elett.te dom.ta presso lo studio del medesimo in L’Aquila, Via

Salaria Antica Ovest n. 8;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., come sopra rappresentata difesa e domiciliata;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 368/2012 della Corte d’appello di L’Aquila

depositata l’11 aprile 2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9

gennaio 2017 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito per la ricorrente l’avv. Prof. Vito BELLINI;

udito per la controricorrente e ricorrente incidentale l’avv. E.

FRATICELLI, per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e l’inammissibilità o in subordine il rigetto del

ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel novembre 2001 Poste Italiane s.p.a. convenne davanti al Tribunale di L’Aquila Gerit s.p.a. (cui poi è subentrata Equitalia Centro s.p.a.), che svolgeva il servizio di riscossione dei tributi per quella provincia, domandando il pagamento di commissioni stabilite da essa attrice, ai sensi della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 18, sui versamenti dell’ICI eseguiti dai contribuenti a decorrere dal 1 aprile 1997 sul conto corrente postale all’uopo aperto dalla società convenuta.

Quest’ultima si difese sostenendo di nulla dovere a tale titolo, avendo aperto a suo tempo il conto corrente postale in quanto obbligata in base alla legge istitutiva dell’imposta (D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504), che all’art. 10, comma 2, consente, oltre al versamento diretto al concessionario della riscossione, appunto il versamento su conto corrente postale intestato al medesimo concessionario. Allorchè aveva aperto il conto, questo era gratuito per il correntista (le Poste, all’epoca amministrazione pubblica, percepivano una commissione solo dai contribuenti che effettuavano il versamento) e l’addebito di commissioni non poteva essere disposto unilateralmente, alterando l’equilibrio tra i costi e il corrispettivo del servizio di riscossione corrisposto dai comuni in base a precedente convenzione secondo i criteri di legge.

Il Tribunale respinse la domanda sul rilievo della mancanza di una pattuizione scritta, ai sensi degli artt. 117 e 118 T.U. bancario (di seguito TUB) approvato con D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, del potere di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali in capo alle Poste.

La Corte d’appello di L’Aquila ha respinto il gravame della soccombente, sia pure con diversa motivazione (avendo escluso l’applicabilità delle richiamate disposizioni del TUB a Poste Italiane, in quanto applicabili solo alle banche e agli intermediari finanziari). Ha infatti riconosciuto il diritto dell’appellante alle commissioni esclusivamente per il periodo successivo all’apposita convenzione stipulata tra le parti il 15 settembre 2004, e non per il periodo anteriore: per il periodo dal 1 aprile 1997 al 27 marzo 2001 (data della prima richiesta di tali commissioni), in quanto la commissione “non soltanto non è stata pattuita (così innovando il precedente assetto del rapporto, che prevedeva la gratuità del servizio), ma non è stata neppure richiesta da Poste italiane”; per il periodo dal 28 marzo 2001 al 14 settembre 2004, perchè l’obbligo, di diritto pubblico, a contrarre l’apertura del conto corrente postale, in base alla legge istitutiva dell’ICI, era incompatibile con l’imposizione unilaterale di commissioni a carico del correntista ai sensi della cit. L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 18.

Poste Italiane s.p.a. ha impugnato la sentenza della Corte d’appello con ricorso per cassazione articolando tre motivi di censura. Equitalia Centro s.p.a. ha resistito con controricorso contenente anche ricorso incidentale condizionato per un motivo, cui ha resistito a sua volta con controricorso Poste Italiane. Entrambe le parti hanno presentato anche memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Vanno preliminarmente disattese le eccezioni d’inammissibilità dei motivi del ricorso principale, sollevate dalla controricorrente sul rilievo della non specificità degli stessi, in quanto non riferiti alla ratio della decisione impugnata. Il riferimento alle statuizioni della sentenza della Corte d’appello e al senso delle stesse è invero chiaramente percepibile in base all’attento esame delle censure.

2. – Con il primo motivo del ricorso principale, denunciando violazione della L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 18, del D.P.R. 14 marzo 2001, n. 144, art. 3 e della disciplina dei servizi di bancoposta offerti da Poste Italiane s.p.a., nonchè vizio di motivazione, si censura anzitutto la mancata applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 18, nella parte in cui prevede la facoltà, a decorrere dal 1 gennaio 1997, dell’allora Ente Poste Italiane (successivamente divenuto Poste Italiane s.p.a.) di stabilire commissioni a carico dei correntisti postali, senza alcuna esclusione o esenzione: norma applicabile immediatamente ed immediatamente applicata con Delib. Consiglio Amministrazione Ente n. 57 del 1996, che poneva a carico di Gerit, a decorrere dal 1° aprile 1997, una commissione di Lire 100 (pari ad Euro 0,05) per ogni operazione.

Si lamenta, inoltre, che il giudice di secondo grado abbia completamente trascurato la richiesta dell’appellante di riconoscere le commissioni di cui trattasi quantomeno a decorrere dal 1 giugno 2001, facendo applicazione dell’art. 3 del regolamento sui servizi di bancoposta approvato con il richiamato D.P.R. n. 144 del 2001, che rende efficaci le comunicazioni ai clienti delle variazioni contrattuali disposte unilateralmente dalla Poste, purchè pubblicate nella Gazzetta Ufficiale e comunicate con avviso ai correntisti, come avvenuto nella specie con la comunicazione, in data 27 marzo 2001, a Gerit delle nuove commissioni di Lire 450 (pari ad Euro 0,23) per ciascuna operazione e la pubblicazione delle medesime nella Gazzetta Ufficiale del 15 maggio 2001.

3. – Con il secondo motivo, denunciando violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10 cit., e vizio di motivazione, si sostiene che ne tale disposizione, nè alcun’altra norma prevedono la gratuità del servizio di conto corrente postale per i concessionari della riscossione dell’ICI.

4. – I predetti motivi vanno esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, ed accolti nei sensi che seguono.

4.1. – La gratuità dei conti correnti postali per i concessionari della riscossione dell’ICI è stata esclusa da un recente arresto delle Sezioni Unite di questa Corte, la sentenza n. 7169 del 2014, per ragioni indicate nella sua motivazione, a cui può semplicemente farsi rinvio.

4.2. – Correttamente, poi, la ricorrente invoca, quale norma chiave per la soluzione della presente controversia, della L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 18, che, nell’ambito del processo di privatizzazione del servizio postale, ha previsto che l'(allora) Ente Poste Italiane potesse stabilire commissioni a carico dei correntisti per i conti correnti postali già in essere. La disposizione, nella parte che qui rileva, recita: “Con decorrenza dal 1 gennaio 1997, il tasso d’interesse riconosciuto ai titolari di conto corrente postale è determinato dall’Ente poste italiane. Esso può essere definito in maniera differenziata per tipologia di correntista e per caratteristiche del conto, fermo restando l’obbligo di pubblicità e di parità di trattamento in presenza di caratteristiche omogenee. In maniera analoga l’Ente poste italiane può stabilire commissioni a carico dei correntisti postali”.

Come questa Corte ha già avuto occasione di chiarire nella sentenza n. 13937 del 2016, il richiamo, in particolare, degli obblighi di pubblicità – nelle forme, evidentemente, all’epoca vigenti, previste dal regolamento di esecuzione dei servizi di bancoposta approvato con D.P.R. 1 giugno 1989, n. 256, che, con specifico riferimento alle variazioni del tasso di interesse praticato sui depositi postali prescriveva, all’art. 140, che fossero “rese note al pubblico anche mediante apposito avviso da affiggere negli uffici” (presupponendo evidentemente, come forma alternativa, la comunicazione diretta al depositante) – è alla base di un meccanismo di formazione del consenso sulle variazioni contrattuali predisposte unilateralmente, implicito nel mancato recesso dal contratto della controparte debitamente informata della variazione. Invero “la facoltà attribuita al Consiglio di amministrazione di determinare e variare i costi dei servizi offerti dall’Ente Poste, non comportava deroghe al principio consensuale dei contratti, non essendo stato riconosciuto all’organo di gestione dell’ente pubblico un potere autoritativo di modificare il contenuto dei rapporti contrattuali in corso, con effetti vincolanti nella sfera giuridica dei destinatari, e non essendo pertanto equiparabile la deliberazione del CdA ad una fonte autorizzata a sostituire ex art. 1339 c.c. – mediante inserzione automatica – clausole negoziali difformi (contenute nella precedente convenzione di c/c postale in regime di esenzione da commissioni), e non potendo in conseguenza ritenersi efficaci nei confronti dell’altro contraente, per difetto del necessario consenso (da esprimersi anche nella forma implicita del mancato esercizio del diritto di recesso), le modifiche delle condizioni generali del servizio bancoposta non portate a conoscenza dello stesso” (Cass. 13937/2016, cit.).

Nella specie, però, la ricorrente non ha allegato di aver provveduto alla pubblicità prevista dal richiamato del D.P.R. n. 256 del 1989, art. 140, nè di avere altrimenti comunicato a Gerit s.p.a. la delibera del consiglio di amministrazione n. 57/1996 con la previsione della commissione a suo carico di Lire 100 per ogni operazione.

E’ dunque corretta la statuizione della Corte d’appello che nega il diritto di Poste Italiane alla commissione a decorrere dal 4 aprile 1997 sulla base della semplice delibera del Consiglio di amministrazione.

4.3. – E’, al contrario, errata la statuizione che nega tale diritto anche per il periodo successivo alla comunicazione, in data 27 marzo 2001, e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il successivo 15 maggio, della nuova commissione di L. 450 (pari ad Euro 0,23) per ogni operazione, allegate dalla ricorrente. Tali adempimenti, infatti, avrebbero soddisfatto l’obbligo di pubblicità, che ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 2, richiamato comma 18, condiziona l’efficacia della variazione contrattuale unilateralmente predisposta dal Consiglio di amministrazione di Poste Italiane, secondo il regime di pubblicità delle variazioni contrattuali unilaterali previsto dal nuovo regolamento dei servizi di bancoposta approvato con il D.P.R. n. 144 del 2001, cit., nel frattempo entrato in vigore, che all’art. 3, comma 2 (nel testo anteriore alla modifica introdotta con il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 24 bis, conv., con modif., in L. 17 dicembre 2012, n. 221), stabilisce: “Fatte salve le disposizioni del C.I.C.R. emanate ai sensi dell’art. 118 T.U. bancario, la comunicazione ai clienti delle unilaterali variazioni contrattuali sfavorevoli eventualmente apportate ai tassi di interesse, prezzi o altre condizioni previsti nei contratti di durata è effettuata mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale con efficacia a decorrere dal quindicesimo giorno dalla pubblicazione stessa, nonchè mediante avviso inviato ai correntisti”.

5. – Il terzo motivo del ricorso principale, con il quale si ripropone la domanda subordinata di indebito arricchimento ai sensi dell’art. 2041 c.c., è manifestamente infondato, attesa la sussidiarietà di tale istituto, incompatibile con la sussistenza di un rapporto contrattuale tra le parti (cfr., da ult., Cass. 6295/2013, 4492/2010, 8020/2009), come nella specie.

6. – L’accoglimento, sia pure parziale, del ricorso principale impone l’esame del ricorso incidentale condizionato, con il quale si lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto non applicabili alle Poste Italiane gli artt. 117 e 118 TUB – in base ai quali il potere di modificare unilateralmente il contenuto del contratto può essere conferito esclusivamente con il contratto, stipulato per iscritto – considerato che invece la loro applicabilità è espressamente prevista dal cit. D.P.R. n. 144 del 2001, art. 2.

6.1. – Il motivo è infondato alla luce di quanto osservato nell’esaminare i primi due motivi del ricorso principale, da cui risulta che un potere di modifica unilaterale del contenuto del contratto (sia pure con il meccanismo di formazione del consenso, di cui si è detto) è attribuito invece a Poste Italiane direttamente dalla norma speciale di cui alla cit. L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 18.

7. – In conclusione, accolto il ricorso principale nei sensi di cui sopra e respinto il ricorso incidentale condizionato, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al seguente principio di diritto: nel conto corrente postale in corso, aperto dai concessionari della riscossione ai fini del versamento dell’ICI da parte dei contribuenti secondo il disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, le Poste Italiane hanno la facoltà, ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 18, di stabilire il pagamento di commissioni a carico dei correntisti, purchè ne diano comunicazione con le forme previste dall’ordinamento, le quali, a decorrere dalla entrata in vigore del D.P.R. n. 144 del 2001, consistono in quelle previste dall’art. 3, comma 2, del medesimo decreto, e dunque, prima della modifica di tale disposizione ad opera del D.L. n. 179 del 2012, art. 24 bis (conv., con modif., in L. n. 221 del 2012), nella pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e nell’invio di avviso ai correntisti.

Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale nei sensi di cui in motivazione, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2017

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