Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4405 del 21/02/2017


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Cassazione civile, sez. I, 21/02/2017, (ud. 15/12/2016, dep.21/02/2017),  n. 4405

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1722/2009 proposto da:

E.G., nella qualità di curatore del Fallimento della

S.R.L. (OMISSIS), quale capogruppo della mandataria ATI tra la

medesima e la S.A.S. DEL PRETE E C. e la S.N.C. DODI, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA M. F. NOBILIORE 123, presso l’avvocato

EDOARDO FIORE, rappresentato e difeso dall’avvocato ETTORE FIORE,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI AVELLINO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 74, presso l’avvocato

PORPORA RAFFAELE, rappresentato e difeso dagli avvocati AMERIGO

BASCETTA, SANTUCCI DE MAGISTRIS GIOVANNI, BRIGLIADORO GABRIELLA,

BERARDINA MANGANIELLO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

D.P.C. & C. S.A.S. IN LIQUIDAZIONE, DODI SUD DI DONNIACO

S.N.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 149/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 15/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABELLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento dei primi due

motivi di ricorso; assorbimento dei restanti motivi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Napoli, con sentenza depositata il 15 gennaio 2008, dichiarava inammissibile, perchè tardivo, l’appello proposto dal curatore del Fallimento (OMISSIS) s.r.l., nonchè dalle società Del Prete Ciro & C. s.a.s. e Dodi Sud s.n.c. avverso la sentenza con cui il Tribunale di Avellino aveva respinto le pretese azionate da (OMISSIS) s.r.l. in bonis, anche quale mandataria di una associazione temporanea di imprese costituita con le altre due sopraindicate società, relativamente a un appalto stipulato con il Comune di Avellino.

La Corte di Napoli, preso atto che sulla prima pagina della sentenza di prime cure era apposta l’annotazione “Depositato in cancelleria 16 dic. 2003”, sottoscritta dal cancelliere, riteneva che quella ivi indicata fosse la data di deposito della sentenza, dalla quale decorreva, quindi, il termine di decadenza annuale per l’impugnazione: termine che perciò era scaduto allorchè, il 16 febbraio 2005, era stato proposto appello. Secondo il giudice distrettuale, poi, non aveva alcuna rilevanza l’annotazione “Pubblicato il 16 gennaio 2004” che figurava in calce alla sentenza, essendosi la pubblicazione già perfezionata in precedenza, con il deposito del provvedimento in cancelleria.

La curatela fallimentare ha proposto ricorso per cassazione facendo valere sei motivi di ricorso, quattro dei quali articolati in via subordinata. Il Comune di Avellino ha depositato controricorso, mentre gli altri intimati hanno mancato di svolgere attività difensiva della presente sede di legittimità.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, corredato del quesito di diritto, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 133 c.p.c., comma 3, con riferimento alla data di pubblicazione della sentenza resa dal Tribunale di Avellino. Rileva parte ricorrente che solo nella prima pagina della sentenza figurava l’attestazione del deposito in data 16 dicembre 2003; inoltre la sentenza del Tribunale era stata “calendata” col n. 8 del 2004 e i biglietti di cancelleria inviati ai difensori ex art. 133 c.p.c., attestavano che la sentenza era stata depositata e pubblicata il 16 gennaio 2004.

Il secondo motivo di ricorso, pure accompagnato da quesito di diritto, lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 327 c.p.c., comma 1, con riferimento alla data di pubblicazione della sentenza. In base alla attestazione apposta in calce, la pronuncia risultava pubblicata il 16 gennaio 2004 e le era stato attribuito il numero progressivo 8: solo da quel momento era stato dunque possibile alla difesa della fallita conoscere l’avvenuto deposito della sentenza. Se si fosse ritenuto che la pubblicazione risaliva al 16 dicembre 2003, doveva concludersi nel senso che la difesa di parte ricorrente aveva subito una compressione del termine per l’impugnazione della pronuncia.

I quattro motivi di ricorso svolti in via gradata rispetto ai primi due, e muniti, al pari di questi, del quesito di diritto, hanno il contenuto che segue.

Il terzo censura la sentenza impugnata per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione agli artt. 2699 e 2700 c.p.c.: e ciò con riferimento all’errata valutazione da parte del giudice del gravame della sentenza del Tribunale di Avellino. In particolare, con tale motivo si censura l’assunto della Corte partenopea secondo cui l’attestazione di deposito apposta sulla prima facciata della sentenza costituisca prova del deposito dell’intero provvedimento.

Il quarto motivo denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, con riferimento all’errata valutazione, da parte del giudice distrettuale, della sentenza del Tribunale di Avellino. Si sostiene che le attestazioni del cancelliere sulla prima e sull’ultima pagina della sentenza costituiscano due atti pubblici autonomi e distinti, sicchè non era consentito attribuire rilievo alla prima certificazione di deposito, la quale era localizzata in una parte dell’atto carente della sottoscrizione del giudice.

Con il quinto motivo è svolta una ulteriore censura di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sempre con riferimento all’apprezzamento compiuto dal giudice dell’impugnazione circa la sentenza di prime cure. Si sostiene che la Corte territoriale aveva impropriamente conferito alla attestazione del cancelliere sulla prima pagina della sentenza un significato diverso da quello letterale: e ciò in quanto il termine “depositato” era stato inteso come riferito non solo alla prima pagina del provvedimento, ma all’intero suo contenuto.

Il sesto ed ultimo motivo di censura lamenta, al pari dei tre che lo precedono, omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo con riguardo alla valutazione della pronuncia di primo grado. Viene rilevato che l’interpretazione della Corte di Napoli finiva per porsi in contrasto con il valore di altri atti pubblici e, in particolare, da un lato, con la comunicazione alle parti ex art. 133 c.p.c., attestante il deposito e la pubblicazione della sentenza in data 16 gennaio 2004, e, dall’altro, con il numero cronologico identificativo della sentenza (n. 8 del 2004). Inoltre, la sottoscrizione del giudice figurante sulla prima pagina del provvedimento ben avrebbe potuto essere stata apposta in un momento successivo rispetto a quello della suddetta attestazione.

Sono fondati i primi due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente. Restano per conseguenza assorbiti gli altri.

Sul tema della presenza, sulla sentenza pubblicata, di una doppia data di deposito si sono pronunciate, negli anni recenti, più volte le sezioni semplici di questa Corte, due volte le Sezioni Unite e una volta la Corte costituzionale.

La questione sembra aver trovato un assetto definitivo con Cass. S.U. 22 settembre 2016, n. 18569, cui si deve il seguente principio di diritto: “Il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati, dovendosi identificare tale momento con quello di venuta ad esistenza della sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione. Qualora, peraltro, tali momenti risultino impropriamente scissi mediante apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione, giudice deve accertare attraverso istruttoria documentale, ovvero ricorrendo a presunzioni semplici o, infine, alla regola di cui all’art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all’impugnante provare la tempestività della propria impugnazione – quando la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo”.

Per quanto qui interessa, le Sezioni Unite muovono dall’osservazione per cui un deposito effettuato presso un ufficio pubblico non può risolversi nella semplice traditio brevi manu della sentenza attestata dal cancelliere, risultando assolutamente indispensabile (in relazione alle conseguenze che debbono trarsene) che esso abbia carattere ufficiale e cioè che nel luogo individuato per il deposito (la cancelleria) questo risulti ufficialmente. Ora – spiegano le Sezioni Unite il “deposito in cancelleria” non può “risultare” ufficialmente se non a seguito dell’inserimento dell’atto oggetto di deposito nell’elenco cronologico delle sentenze ivi esistente, con assegnazione del numero identificativo, non fosse altro perchè una sentenza non identificabile non può neppure risultare ufficialmente depositata: “E’ pertanto l’inserimento nell’elenco cronologico delle sentenze il mezzo attraverso il quale si realizza ufficialmente il deposito in cancellerià della sentenza e, al contempo, la pubblicità necessaria alla conoscibilità della stessa”.

Nella fattispecie che qui interessa alcuni elementi documentali presentano rilievo decisivo ai fini dello scrutinio della questione sottoposta all’esame della Corte.

Anzitutto, la sentenza del Tribunale di Avellino reca, nella prima pagina, il numero 8 dell’anno 2004, per cui essa è stata inserita nell’elenco cronologico nel corso di quell’anno, e non già nel 2003. L’attestazione di deposito alla data del 16 dicembre 2003 costituisce – dunque un dato del tutto ininfluente ai fini dell’individuazione del giorno della pubblicazione: infatti, il 16 dicembre 2003 non era stata comunque conferita al deposito della sentenza quell’ufficialità che – secondo quanto precisato dalle Sezioni Unite – solo l’inserimento del provvedimento dell’elenco cronologico è idonea ad attribuirle. Potrebbe anzi rilevarsi che poichè l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico data 2004, l’impugnazione risulta essere per ciò solo tempestiva, visto che l’incombente non può essersi attuato prima del 2 gennaio 2004, mentre l’appello è stato notificato il 16 febbraio 2005.

Ma c’è un ulteriore elemento documentale che dà conferma della fondatezza del ricorso. Infatti, nel biglietto di cancelleria con cui è stata data comunicazione alle parti costituite del dispositivo della sentenza si legge che questa è stata “depositata e resa pubblica” il 16 gennaio 2004. Fu quindi lo stesso cancelliere ad evidenziare, nella predetta comunicazione, che la data di pubblicazione del provvedimento era quella riprodotta in calce allo stesso, e non la diversa data del 16 dicembre 2003, che pure figurava sulla prima pagina della sentenza. Come è del tutto evidente, poi, il contenuto del biglietto di cancelleria è pienamente congruente con l’assegnazione, al provvedimento di cui trattasi, di un numero di cronologico che è riferito all’anno 2004, e non all’anno 2003.

Deve dunque escludersi che la proposta impugnazione fosse tardiva.

In conclusione, la sentenza va cassata e rinviata alla Corte di appello di Napoli, cui va pure devoluto il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

accoglie i primi due motivi e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli, che giudicherà in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2017

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