Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4403 del 21/02/2017


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Cassazione civile, sez. I, 21/02/2017, (ud. 15/12/2016, dep.21/02/2017),  n. 4403

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13534/2011 proposto da:

COMUNE DI CASTELLANETA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO 61, presso

l’avvocato ENNIO MAZZOCCO, rappresentato e difeso dall’avvocato

ANTONIO PANCALLO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

REGIONE PUGLIA, T.P., T.R., T.G.,

TU.PA., T.O.M., C.R., G.M.;

– intimati –

nonchè da:

T.P., C.R. e T.R., nella qualità di

eredi di T.O., G.M. vedova T., T.G.

e TU.PA., nella qualità di eredi di TU.GE.,

T.O.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MONTE SANTO 25,

presso l’avvocato ANDREA BOTTI, rappresentati e difesi dagli

avvocati FULVIO MASTROVITI, NICOLA CECINATO, giusta procura a

margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 36, presso la DELEGAZIONE ROMANA

della REGIONE PUGLIA, rappresentata e difesa dall’avvocato ADRIANA

SHIROKA, giusta procura a margine del controricorso al ricorso

incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

COMUNE DI CASTELLANETA;

– intimato –

nonchè da:

T.P., C.R. e T.R., nella qualità di

eredi di T.O., G.M. vedova T., T.G.

e TU.PA., nella qualità di eredi di TU.GE.,

T.O.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MONTE SANTO 25,

presso l’avvocato ANDREA BOTTI, rappresentati e difesi dagli

avvocati FULVIO MASTROVITI, NICOLA CECINATO, giusta procura a

margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

COMUNE DI CASTELLANETA, REGIONE PUGLIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 176/2010 della CORTE D’APPELLO DI LECCE –

SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 24/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito, per il ricorrente principale, l’Avvocato MARIA GRAZIA

PICCIANO, con delega orale, che ha chiesto l’accoglimento del

ricorso;

udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali, l’Avvocato

FULVIO MASTROVITI che ha chiesto il rigetto del ricorso principale,

l’accoglimento del proprio incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

di ricorso principale e rigetto altri motivi; accoglimento

dell’incidentale T. + ALTRI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 23-24.4.1998, T.P. e R., C.R., G.M. ved. T., T.G., Pa. ed O.M. convennero in giudizio il Comune di Castellaneta e l’AUSL Taranto (OMISSIS), per sentirli condannare al risarcimento del danno per l’illegittima occupazione e trasformazione della loro proprietà e l’avvenuta realizzazione del nuovo Ospedale civile cittadino, in assenza di decreto ablativo, oltre che alla corresponsione dell’indennità di occupazione legittima. Con distinta citazione, notificata il 5.11.1999, gli attori proposero la medesima domanda nei confronti della Regione Puglia. Il Tribunale adito, riuniti i procedimenti, condannò il Comune e la Regione, in solido tra loro, al risarcimento del danno, quantificato in Euro 79.689,30, ed assolse l’AUSL TA (OMISSIS) dalla domanda.

La decisione fu riformata dalla Corte d’Appello di Lecce, con la sentenza indicata in epigrafe, che, per quanto d’interesse: a) dichiarò inammissibile l’appello incidentale del Comune, perchè proposto oltre il termine di decadenza di cui all’art. 343 c.p.c., comma 1, con conseguente preclusione della questione relativa al difetto di legittimazione passiva dedotta dallo stesso; b) dichiarò il difetto di legittimazione passiva della Regione Puglia, che, con la L.R. n. 16 del 1997, art. 20, comma 10, aveva disposto che le domande di pagamento dei debiti pregressi dovevano essere indirizzate esclusivamente alle gestioni liquidatorie, dotate di rappresentanza legale e processuale e, con la L.R. n. 1 del 1998, art. 6, aveva stabilito che i debiti dovevano gravare unicamente sulle dotazioni finanziarie aventi tale specifica destinazione; c) ritenne sussistere il credito risarcitorio dei proprietari connesso all’illecita detenzione e trasformazione del loro immobile in carenza di potere e l’opzione in senso abdicativo della proprietà da loro esercitata e confermò la statuizione relativa al quantum; d) condannò il Comune al pagamento delle spese del doppio grado, rideterminando quelle liquidate dal Tribunale in favore dei danneggiati.

Per la cassazione di tali statuizioni, hanno proposto ricorso in via principale, il Comune di Castellaneta, con cinque mezzi, ed in via incidentale T.P. e consorti con due mezzi. La Regione ha resistito con controricorso. Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va, preliminarmente, rilevato che, dopo esser stato notificato il 15.4.2011, il ricorso non è stato depositato nella cancelleria di questa Corte entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., dal Comune, che ha, tuttavia, provveduto a notificare, il 9.5.2011, un secondo ricorso, che è ammissibile, essendo tempestivo in relazione al termine breve decorrente dalla data di proposizione della prima impugnazione, di cui non è stata dichiarata l’improcedibilità, nè comportando la mera notificazione del primo ricorso la consumazione del potere d’impugnazione (cfr. Cass. n. 21145 del 2016; Cass. SU n. 12084 del 2016).

2. Col primo motivo, il ricorrente censura la statuizione sub b) della narrativa, per violazione dell’art. 100 c.p.c.; artt. 2043 e 2055 c.p.c., oltre che vizio di motivazione. L’errore in cui è incorsa la Corte territoriale, afferma il ricorrente, consiste nell’aver rapportato il coinvolgimento della Regione nell’ambito della successione ex lege nei rapporti obbligatori di pertinenza delle cessate USL, quando, invece, la sua legittimazione si giustificava per il ruolo dalla stessa svolto nel procedimento espropriativo, essendo le opere di edilizia sanitaria ed ospedaliera di competenza regionale, ed essendo demandato al Presidente della Giunta regionale l’esercizio delle funzioni amministrative per tutte le opere di relativa competenza.

3. Col secondo motivo, il Comune censura la statuizione sub a) per violazione e falsa applicazione degli artt. 166, 168 bis e 343 c.p.c., oltre che vizio di motivazione: la Corte non aveva considerato che la prima udienza (16.11.2005) – in relazione alla quale l’appello incidentale (8.11.2005) era stato ritenuto tardivo – era stata “posticipata, per impedimento del magistrato, al successivo 7 dicembre 2005” (pag. 11 ricorso). Sotto altro profilo, il ricorrente deduce la violazione degli artt. 2043 e 2055 c.c., oltre che vizio di motivazione. Nonostante avesse ritenuto precluso l’esame del motivo d’appello col quale esso Comune aveva negato la sua responsabilità relativamente all’illecito aquiliano, i giudici d’appello avevano finito col ritenerlo responsabile, quale soggetto titolare del potere espropriativo.

4. Col terzo motivo, si censura la statuizione sub c) della narrativa per violazione e falsa applicazione dell’art. 2947 c.c. e dei principi in tema di prescrizione: trattandosi di occupazione acquisitiva e non usurpativa, erroneamente equiparate dalla Corte territoriale, la domanda avrebbe dovuto esser rigettata perchè prescritta.

5. Col primo motivo del ricorso incidentale, i danneggiati si dolgono della statuizione sub b) della narrativa per violazione della L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 1 e della L. n. 549 del 1995, art. 2, comma 14, affermando che la legittimazione passiva della Regione non poteva negarsi al lume della giurisprudenza di legittimità e tenuto conto che la L.R. n. 1 del 1998, art. 6, era stato dichiarato illegittimo dalla Corte Cost. con sentenza n. 25 del 2007.

6. Col secondo motivo del ricorso incidentale, si censura la statuizione sub c) della narrativa per violazione dell’art. 2043 c.c., oltre che per omessa pronuncia: la sentenza d’appello non aveva riconosciuto la rivalutazione monetaria maturata dopo quella di primo grado, rivalutazione che costituisce una componente del credito risarcitorio aquiliano e che avrebbe dovuto essere liquidata ex officio.

7. Il secondo motivo del ricorso principale, che, per comodità espositive, va esaminato con priorità, è infondato. Nel vigente sistema processuale, l’appello incidentale deve esser, infatti, proposto con comparsa depositata venti giorni prima dell’udienza di comparizione, quale fissata nell’atto di appello principale o che sia stata differita dal giudice nell’esercizio del potere attribuitogli dall’art. 168 bis c.p.c., comma 5, mentre non assume alcuna rilevanza lo spostamento automatico della data dell’udienza che sia stata rimandata d’ufficio ai sensi del menzionato art. 168 bis c.p.c., comma 4 (Cass. n. 1127 del 2015; 28082 del 2009; n. 17132 del 2008). La circostanza che la decadenza sia comminata in relazione al tempo computato a ritroso che l’appellato deve osservare nel costituirsi rende del tutto irrilevante l’attività processuale in concreto svolta nel corso di detta udienza: nel caso, qui ricorrente, in cui il termine non venga rispettato la preclusione si è, infatti, già maturata a prescindere dal compimento di qualsivoglia attività. 8. Tale statuizione rende irrevocabile l’accertamento della responsabilità aquiliana del Comune e, dunque, superfluo l’esame del secondo profilo del motivo in esame (l’accertamento in concreto della responsabilità del Comune deve intendersi reso ad abundantiam dalla Corte territoriale) nonchè del terzo motivo relativo alla prescrizione, anch’esso passato in giudicato.

9. Il primo motivo del ricorso principale e di quello incidentale, che vanno congiuntamente esaminati, sono infondati, anche se va corretta la motivazione. 10. E’ bensì vero, infatti, che con la sentenza n. 10135 del 2012, le SU di questa Corte hanno, definitivamente, chiarito – interpretando, proprio, la legislazione della Regione Puglia – che “la legittimazione sostanziale e processuale concernente i rapporti ereditari e debitori conseguenti alla soppressione delle USL spetta, in via concorrente con le gestioni liquidatorie, alle Regioni”, restando così, smentita la diversa affermazione della Corte territoriale, ma l’applicazione del principio presuppone, appunto, che si sia in presenza di un rapporto debitorio, già gravante sull’ente soppresso, da non far ricadere sulla gestione economica del successore. 11. E nella specie, tale rapporto non è sussistente. Posto, infatti, che non è stato riconosciuto alcun credito indennitario, essendo ormai irrevocabilmente accertata l’illiceità della condotta, e posto che come riporta l’impugnata sentenza nel riferire la tesi del Comune – la struttura ospedaliera sorta sul suolo occupato è stata trasferita, in applicazione del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 5, alla AUSL TA/(OMISSIS) con Delib. Consiglio Comunale 30 gennaio 1996, ne consegue che alla data dell’aprile 1998 di notifica della citazione introduttiva del giudizio – ed a fortiori, del 5.11.1999, di notifica della seconda citazione nei confronti della Regione – e cioè quando i proprietari, chiedendo il risarcimento del danno per equivalente, hanno scelto di disinteressarsi della titolarità del loro diritto dominicale, il bene era già detenuto dall’AUSL TA/(OMISSIS). Deve, infatti, rilevarsi che sia il giudice di primo grado che la Corte d’appello hanno ravvisato un caso di c.d. occupazione usurpativa, che è una denominazione convenzionale di un fatto illecito comune di carattere permanente ex art. 2043 c.c., imputabile all’amministrazione allorchè abbia per oggetto l’apprensione di un terreno altrui al di fuori di una procedura espropriativa (Cass. 1814/2000 e success.); sicchè le argomentazioni svolte dal Comune circa le prerogative della Regione, che avrebbe lasciato decorrere il termine della dichiarazione di pubblica utilità senza aver ultimato il procedimento espropriativo, sono del tutto fuori luogo, non venendo nel caso in discussione alcun procedimento di espropriazione, ma il problema della responsabilità dell’ente che (succeduto al soggetto autore dell’apprensione senza titolo dell’immobile T.) ne ha mantenuto la successiva occupazione abusivamente senza restituirlo ai proprietari: problema cui dunque è rimasta del tutto estranea la Regione (Cass. 8692/2013; 14396/2012; 11890/2006; 6591/2003). Senza dire, peraltro, che, per effetto della sentenza n. 735 del 2015 delle SU di questa Corte, anche l’occupazione acquisitiva, ritenuta non conforme al principio enunciato dalla CEDU, secondo cui l’espropriazione deve sempre avvenire in “buona e debita forma”, va qualificata un illecito permanente, inidoneo in sè a comportare l’acquisto del bene alla mano pubblica, e che viene a cessare, tra l’altro, per effetto della rinunzia del proprietario al suo diritto, implicita nella richiesta di risarcimento per equivalente. 12. La Regione non risponde dunque, quale successore nelle posizioni debitorie della USL, di tale debito – il pagamento per equivalente del valore venale dell’immobile in luogo della sua restituzione non richiesta dai proprietari – che è sorto in epoca ben successiva alla soppressione della USL stessa, e neppure del danno liquidato ai ricorrenti incidentali per mancato godimento del bene, atteso che del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 5, comma 1, ha previsto il trasferimento al patrimonio delle Unità Sanitarie Locali o delle Aziende Ospedaliere proprio dei beni e attrezzature – già facenti parte del patrimonio dei Comuni o delle Provincie con vincolo di destinazione alle U.S.L. – mentre lo ha escluso per i pregressi rapporti giuridici obbligatori, che qui non vengono in considerazione.

13. Il secondo motivo del ricorso incidentale va, invece, accolto. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 18243 del 2015; 15709 del 2011; 19636 del 2005) infatti, nella domanda di risarcimento del danno per fatto illecito (quale è quello da irreversibile trasformazione di un’area da parte della pA) è implicitamente inclusa la richiesta di riconoscimento sia degli interessi compensativi sia del danno da svalutazione monetaria, quali componenti indispensabili del risarcimento, tra loro concorrenti attesa la diversità delle rispettive funzioni, essendo i primi volti compensare il pregiudizio derivante al creditore dal ritardato conseguimento dell’equivalente pecuniario del bene e la seconda ad assicurare la reintegrazione patrimoniale del danneggiato. Sicchè il giudice di merito deve attribuire gli uni e l’altro – e dunque adeguare la determinazione del danno al mutato valore del denaro nel momento in cui è emanata la pronuncia giudiziale finale – anche se non espressamente richiesti, pure in grado d’appello, senza per ciò solo incorrere in ultrapetizione.

14. L’impugnata sentenza va, in conclusione, cassata con rinvio per la determinazione del quantum alla Corte d’Appello di Lecce in diversa composizione, restando assorbiti il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale relativi alla regolamentazione delle spese.

PQM

La Corte rigetta il primo, secondo e terzo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, rigetta il primo motivo del ricorso incidentale, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2017

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