Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4402 del 24/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4402 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 30351-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro
PIZZO ENRICO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
NAZARIO SAURO 16, presso lo studio degli avvocati PISTILLI
MASSIMO e REHO STEFANIA, che lo rappresentano e difendono,
giusta procura speciale per atto notaio Massimo Saraceno di Roma, in
data 22.1.2014, n. rep. 12470, che viene allegata in atti;
– resistente –

Data pubblicazione: 24/02/2014

i

avverso la sentenza n. 187/35/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di ROMA del 13.10.2010, depositata il 27/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO
COSENTINO;

l’improcedibilità del ricorso per tardività del gravame e concorda con la
relazione scritta;

rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria
la relazione di seguito integralmente trascritta:
«L’Agenzia delle entrate ricorre contro il sig. Enrico Pizzo per la cassazione della sentenza
con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, confermando la sentenza di primo
grado, ha annullato la ripresa fiscale relativa alla deduzione a fini Irpef, operata dal
contribuente e ritenuta illegittima dall’Ufficio, dell’importo di euro 13.000 versato dal signor
Pizzo alla sua ex moglie in attuazione di un accordo transattivo stipulato dai coniugi il
5/12/2003.
La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che la somma versata dal contribuente alla
ex coniuge fosse deducibile ai fini del!’ imposta sui redditi ai sensi dell’articolo 10 TUIR.
Con l’unico motivo di ricorso la difesa erariale denuncia la violazione e falsa applicazione
degli articoli 3, 8 e 10 Tuir in cui il giudice territoriale sarebbe incorso ritenendo che la
deducibilità dall’imponibile prevista dall’articolo 10 Tuir per gli assegni periodici corrisposti al
coniuge in conseguenza di separazione o divorzio, nella misura risultante da provvedimenti
dell’autorità giudiziaria e con esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, fosse
applicabile anche all’importo corrisposto dal signor Pizzo alla sua ex moglie nel 2003,
nonostante che tale importo fosse stato corrisposto in unica soluzione e, dunque, costituisse
un’erogazione una tantum, priva del requisito oggettivo della periodicità.
Il ricorso non può trovare accoglimento, in quanto la censura di violazione di legge ivi
proposta non risulta pertinente alla ratio decidendi della sentenza gravata. La Commissione
Tributaria Regionale, infatti, non ha fondato la propria decisione sull’affermazione di diritto
che l’assegno corrisposto al coniuge in unica soluzione sarebbe deducibile dall’imponibile del
tradens bensì su un’interpretazione dell’accordo concluso dagli ex coniugi in data 5.12.03

secondo cui il versamento effettuato dal contribuente in favore della ex moglie aveva ad
oggetto “non la liquidazione una tantum in unica soluzione, e quindi in forma capitalizzata,

Ric. 2011 n. 30351 sez. MT – ud. 23-01-2014
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udito per il resistente l’Avvocato Stefania Reho che ha chiesto

degli interessi patrimoniali – così come previsto dall’articolo 5, ottavo comma, della legge
898/70 (che richiede, oltre all’accordo dei coniugi, la ratifica del tribunale) – bensì
l’adempimento di un’obbligazione specifica, l’assegno periodico di mantenimento non
corrisposto alle prescritte scadenze” (sottolineatura nostra). In sostanza, nell’accordo degli ex
coniugi del 5.12.03 – secondo l’interpretazione di tale accordo offerta dal giudice di merito – il
pagamento di 13.000 curo previsto a carico del contribuente (e da costui effettuato) in favore
della ex moglie non costituiva l’attribuzione di un assegno una tantum, bensì l’adempimento

pagamento, cioè, era destinato “a sanare detto inadempimento; come tale mantiene immutato
il suo riferimento alle prescrizioni della sentenza di separazione e quindi al titolo originario,
nonché la riconducibilità al reddito dei coniugi, con quel che consegue in termini di
detraibilità fiscale.”
L’interpretazione dell’accordo dei coniugi operata dal giudice di merito non è stata censurata
né sotto il profilo del vizio di motivazione, né sotto il profilo della violazione delle norme
regolatrici dell’ermenutica contrattuale (in proposito si veda, da ultimo, Cass. 20687/13:
L’accertamento della volontà delle parti espressa nel contratto, mirando a determinare una
realtà storica e obiettiva, è tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al Giudice
del merito, censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di
ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 e seguenti c.c., oltre che per vizi di motivazione
nella loro applicazione. Per far valere una violazione sotto entrambi i profili, il ricorrente
per cassazione deve, pertanto, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali
di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate e ai
principi in esse contenuti, ma anche precisare in quale modo e con quali considerazioni il
Giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assuntivamente violati, o li abbia
applicati sulla base di argomentazioni illogiche o insufficienti. Ai fini dell’ammissibilità del
motivo di ricorso in tal modo prospettato, pertanto, non può essere considerata idonea la
mera critica del convincimento del Giudice di merito, mediante la mera ed apodittica
contrapposizione di una interpretazione difforme da quella desumibile dalla sentenza
impugnata, impinguendo un tale motivo nel merito della controversia, il cui riesame non è
consentito in sede di legittimità.”) cosicché il dedotto vizio di violazione di legge risulta non
pertinente alle motivazioni della sentenza gravata.
Si propone il rigetto del ricorso stesso. »

che la relazione è stata notificata alle parti;
che la parte intimata si è costituita per l’udienza;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide le
argomentazioni esposte nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;

Ric. 2011 n. 30351 sez. MT – ud. 23-01-2014
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dell’obbligo di pagamento di pregressi assegni periodici scaduti e rimasti insoluti; tale

che, per contro, va disattesa l’eccezione di improcedibilità

(rectius:

inammissibilità) sollevata dalla difesa del contribuente nell’atto di costituzione
ai fini della discussione orale, in quanto il presente giudizio è stato
introdotto con ricorso depositato in primo grado il 4.12.07 ed era quindi già
pendente al 4.7.09, data di entrata in vigore del testo dell’articolo 327 cpc

che appare equo compensare le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.

Così deciso in Roma il 23 gennaio 2014

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

introdotto dalla legge n. 69/09;

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