Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4401 del 23/02/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 4401 Anno 2018
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: SABATO RAFFAELE

ORDINANZA
sul ricorso 5107-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
temPore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro
CICCO GIUSEPPE;
– intimato –

2017
1717

avverso la sentenza n. 193/2012 della COMM.TRIB.REG.

delb.
d±,naisa, depositata il 03/12/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 07/07/2017 dal Consigliere Dott.
RAFFAELE SABATO.

Data pubblicazione: 23/02/2018

5107-2013
FATTI DI CAUSA
Giuseppe Cicco, medico convenzionato ASL, ha proposto ricorso
innanzi alla commissione tributaria provinciale di Bari avverso il

rimborso di IRAP versata per gli anni di imposta 2006, 2007, 2008 e
2009.
La commissione tributaria provinciale di Bari ha accolto il ricorso del
contribuente.
La decisione, appellata dall’Agenzia, è stata riformata dalla
commissione tributaria regionale della Puglia in Bari con sentenza
depositata in data 3.12.2012, con parziale accoglimento del gravame
«limitatamente agli anni 2006, 2007, 2008».
Avverso questa decisione l’Agenzia propone ricorso per cassazione,
affidato a un motivo, rispetto al quale il contribuente non svolge
difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con l’unico motivo di ricorso, richiamando il testo del proprio
atto di appello, l’Agenzia deduce violazione dell’art. 112 cod.
proc. civ. per mancanza di corrispondenza tra il chiesto e il
pronunciato; invero, a fronte dell’appello volto a ottenere
dichiarazione della debenza dell’IRAP per gli anni di imposta
2006, 2007, 2008 e 2009, la sentenza gravata – che pur lo ha

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silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle entrate su istanza di

accolto – ciò ha operato «limitatamente agli anni 2006, 2007,
2008».
2. – Il motivo è infondato. In argomento, va ricordato che la
statuizione del giudice di merito che non esamini e non decida

cassazione attraverso la deduzione del relativo

error in

procedendo da omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 4, cod. proc. civ., in riferimento alla violazione
dell’art. 112 dello stesso codice, laddove la denuncia del vizio
di motivazione, ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.,
presuppone, invece, che lo stesso giudice abbia preso in
considerazione la questione e l’abbia risolta, pur senza
giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione
adottata in proposito. Ciò vale anche dopo la riformulazione
dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta
dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7
agosto 2012, n. 134, nel senso che l’omessa pronunzia
continua a sostanziarsi nella totale carenza di considerazione
della domanda o dell’eccezione sottoposta all’esame del
giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare
un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di
accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione
del caso concreto; al contrario, il vizio motivazionale previsto

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una questione oggetto di specifica doglianza è impugnabile per

dal n. 5 presuppone che un esame della questione oggetto di
doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di
merito, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di
uno specifico fatto storico, oppure che si sia tradotto nella

grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto
irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione
perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa, invece,
qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della
motivazione (v. ad es. Cass. n. 21257 del 08/10/2014).
3. – Nel caso di specie, benché il provvedimento non offra
spiegazione in proposito (trattandosi di motivazione imperniata
su profili generali, per loro natura riferibili all’intero arco di
tempo considerato, in mancanza di diversi elementi), la
sentenza impugnata, sia in motivazione sia in dispositivo, ha
accolto l’appello «limitatamente agli anni 2006, 2007, 2008».
Sono assenti dunque, per quanto detto, elementi desumibili dal
provvedimento impugnato circa le ragioni di tale «limitazione»,
ma la limitazione stessa costituisce una pronuncia, per quanto
anomala, della commissione di merito. Non sussiste dunque
alcuna omissione di pronuncia quale error in procedendo, per
cui il motivo è infondato; all’anomalia lamentata, più
propriamente, sussistendone i presupposti, la parte ricorrente

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“mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e

avrebbe potuto dolersi ai sensi del n. 5 cit., fornendo a questa
corte i necessari elementi non qui dedotti.
4. – Ne deriva il rigetto del ricorso, non dovendo pronunciarsi
sulle spese per non essersi difeso l’intimato.

inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi
dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel
testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012,
un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova
applicazione nei confronti delle amministrazioni dello stato che,
mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono
esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul
processo (v. Cass. n. 1778 del 29/01/2016, kr.–1/78 dell

9 01 14111; e sez. U n. 26280 del 25/11/2013). Non deve
quindi farsi luogo all’accertamento prescritto dall’art. 13,
comma 1-quater, cit.

P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta
civile, il 7 luglio 2017

5. – Nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata

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