Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 44 del 03/01/2017
Cassazione civile, sez. I, 03/01/2017, (ud. 10/11/2016, dep.03/01/2017), n. 44
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –
Dott. SAMBITO Maria G.C. – rel. Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17613-2012 proposto da:
CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE DI BARI, in persona del
Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G.
MAZZINI 113, presso l’avvocato ROSA ALBA GRASSO, che lo rappresenta
e difende unitamente all’avvocato PASQUALE ATTOLICO, giusta procura
a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI;
– intimata –
Nonchè da:
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI, in persona del Rettore pro tempore,
domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE DI BARI;
– intimato –
avverso la sentenza n. 86/2012 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 30/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/11/2016 dal Consigliere Dott. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.;
uditi, per il ricorrente, gli Avvocati ORONZO D’AGOSTINO, con delega,
e PASQUALE ATTOLICO che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CARDINO ALBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso
principale, assorbimento dell’incidentale.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello di Bari, con sentenza del 30.1.2012, ha determinato le indennità dovute dal Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale per l’espropriazione e l’occupazione di un’area di proprietà dell’Università degli Studi di Bari, rilevando, per quanto interessa, che il valore venale del suolo, legalmente edificabile, doveva essere determinato, in sostanziale consonanza con quanto ritenuto in altri giudizi riferiti alla medesima zona, in ragione di Euro/mq. 30,00, così arrotondata la stima assunta dal CTU, sulla scorta del metodo sintetico comparativo ed esclusa la detraibilità degli oneri di urbanizzazione.
Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso il Consorzio ASI per 5 motivi, illustrati da memoria, resistiti dall’Università con controricorso, con cui ha proposto ricorso incidentale condizionato, con un mezzo.
Diritto
OSSERVA IN DIRITTO
1. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma sintetica.
2. Con i cinque motivi di ricorso, si deduce l’errore in cui è incorsa la Corte d’Appello nella determinazione del valore venale dell’area, rispettivamente: a) per vizio di motivazione riferito al precedente giudiziario richiamato, che aveva determinato l’indennità in ragione della somma pari ad Euro 22,50, e per aver tenuto in considerazione tre atti di compravendita relativi a fondi già urbanizzati, senza tener presente che il prezzo di cessione è “pubblico” volto a promuovere un incremento produttivo; b) per contraddittorietà della motivazione con altra stima relativa ad un fondo limitrofo, assunta in una sentenza decisa in epoca di poco successiva a quella impugnata, in cui si era stabilito il valore venale di Euro 12,39/mq; c) per l’erronea esclusione del 35% pari al costo delle opere di urbanizzazione; d) per l’errata e contraddittoria valutazione delle possibilità legali ed effettive di edificazione, in quanto più della metà dell’area ablata era destinata a verde attrezzato, parcheggi e viabilità; e) per violazione della L. n. 448 del 1998, art. 63: poichè tutte le aree sono destinate alla realizzazione di opere di pubblica utilità, la Corte avrebbe dovuto determinare il valore al momento dell’adozione del PRG e non a quello dell’acquisizione.
3. I motivi quarto e quinto, da esaminarsi con priorità, sono infondati: il terreno espropriato ha natura edificatoria perchè incluso – alla data di adozione del decreto ablativo cui va fatto riferimento – in zona produttiva di agglomerato ASI, nell’ambito della quale tutti i terreni hanno lo stesso valore, riferito alla potenzialità edificatoria media di tutto il comprensorio (Cass. SU n. 125/2001 e success.), mediante l’applicazione di un indice di fabbricabilità (territoriale) frutto del rapporto fra spazi destinati agli insediamenti produttivi e spazi liberi.
4. Il fatto che le aree di pertinenza dei nuclei di sviluppo industriale siano “destinate dal piano regolatore generale alla realizzazione di opere qualificate di pubblica utilità, e quindi suscettibili di espropriazione” non priva di certo il proprietario del diritto, sancito all’art. 42 Cost. ed 1 Prot. 1 alla CEDU, al ristoro per la perdita subita nè incide sull’ammontare dell’indennità, che secondo le norme attualmente vigenti, va determinata in riferimento al valore venale del bene, dovendo appena aggiungersi che l’invocato della L. n. 448 del 1998, art. 63 – che, in determinati casi, attribuisce ai consorzi la facoltà di riacquistare dai cessionari la proprietà delle aree cedute – non è affatto rilevante nel presente giudizio, e neppure la citata sentenza del Cons. Stato n. 1637 del 2010, resa in un giudizio volto all’annullamento del provvedimento di “riacquisto” di suoli in precedenza assegnati.
5. I vizi motivazionali vanno rigettati, avendo la Corte territoriale dato adeguata giustificazione del valore assunto in riferimento alla CTU, ed avendo escluso la detrazione degli oneri di urbanizzazione dal valore del fondo, in conformità della giurisprudenza di questa Corte secondo cui lo scorporo di detti oneri ha rilievo esclusivamente in sede di applicazione del metodo analitico – ricostruttivo, e non anche qualora la valutazione sia condotta con il metodo sintetico – comparativo, che si riferisce alle indicazioni di mercato (Cass. 10217 del 2010; 12771/07; Cass. 3766/06 Cass. 13598/06).
6. Gli ulteriori argomenti sollevati sono inammissibili, perchè invocano termini di comparazione successivi alla pronuncia della sentenza ed estranei al contraddittorio, e perchè involgono questioni di mero fatto, inammissibili in questa sede di legittimità.
7. Il ricorso va, in conclusione rigettato, restando assorbito quello incidentale condizionato. Le spese vanno regolate secondo il criterio legale della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna alle spese, liquidate in 10.000,00, oltre a spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2017