Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4398 del 23/02/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4398 Anno 2018
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA MARIA GIULIA

SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero del ruolo generale 14174 dell’anno
2010, proposto
da
Cooperativa edilizia “CA.MIA”s.r.I.,

in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per procura
speciale notarile in calce alla memoria ex art. 378 c.p.c., dall’avv.to
Giancarlo Perego e dall’avv.to Fabio Gullotta, ed elettivamente

JÀi

Data pubblicazione: 23/02/2018

domiciliata presso lo studio del secondo difensore in Roma, Via
Ronciglione n. 3;
-ricorrenteContro
in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrenteper la cassazione della sentenza della Commissione tributaria
regionale della Lombardia, depositata in data 2 luglio 2009, n.
67/35/09.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4
dicembre 2017 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati
Viscido di Nocera;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Immacolata Zeno che ha concluso per l’accoglimento per quanto di
ragione;

udito l’avv.to Giancarlo Perego per la società ricorrente;
Fatti di causa
1.L’agente della riscossione notificò alla Cooperativa edilizia “CA.MIA”
s.r.l. due cartelle esattoriali emesse dall'(allora) Agenzia delle entrate
di Monza1, a seguito di un controllo automatizzato delle dichiarazioni
IVA, per gli anni di imposta 2002 e 2003, effettuato ai sensi degli
artt. 36 bis del D.P.R. 600 del 1973 e 54 bis del D.P.R. n. 633 del
1972, per recupero IVA conseguente al disconoscimento di credito

2

Agenzia delle entrate,

d’imposta riportato dalla annualità 2001 rispetto alla quale la
dichiarazione annuale IVA risultava essere stata omessa.
La società contribuente impugnò, con distinti ricorsi, le cartelle di
pagamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, che,
previa riunione, li rigettò.

Cooperativa edilizia “CA.MIA” s.r.1., con la sentenza indicata in
epigrafe ha rigettato l’appello, confermando la decisione del giudice di
primo grado.
2.11 giudice d’appello ha motivato la decisione evidenziando che «il
credito IVA, come correttamente rilevato dai Primi Giudici scaturisce
proprio dalla dichiarazione annuale, mancando questa manca il
presupposto per il suo riconoscimento» e che, in mancanza della
dichiarazione, per fare valere un credito IVA occorre un
provvedimento di riconoscimento dell’Ufficio.
3. Avverso la sentenza della CTR, la società contribuente ha proposto
ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui ha resistito, con
controricorso, l’Agenzia delle entrate.
4. In data 28 novembre 2017 è stato depositato nell’interesse della
società ricorrente atto contenente “costituzione di nuovi difensori” in
sostituzione e “memoria ex art. 378 c.p.c.” con la quale si insiste per
l’accoglimento del ricorso.
Ragioni della decisione
1.Preliminarmente, è valido l’atto di “costituzione di nuovi difensori”
per Cooperativa edilizia “CA.MIA” s.r.I., depositato e sottoscritto dagli
avv.ti Fabio Gullotta e Giancarlo Perego,in quanto la procura speciale
è stata conferita nella forma prevista dall’art. 83, comma 2, c.p.c.
(nella formulazione anteriore alla modifica di cui all’art. 45, comma 9,
lett. a) della legge 18 giugno 2009, n. 69 valevole solo per i giudizi
instaurati dopo il 4 luglio 2009) cioè con scrittura privata autenticata
3

La Commissione tributaria regionale della Lombardia, adita dalla

facente riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali, nella
specie, l’indicazione delle parti e del numero di ruolo generale della
causa. A tale regola non fa eccezione nemmeno il caso in cui
sopraggiunga la sostituzione del difensore (Cass. 30 giugno 2015, n.
13329; 24 novembre 2010, n. 23816).

nullità della sentenza per violazione del principio della corrispondenza
tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. – omessa
pronuncia su rilevante capo della domanda in relazione all’art. 360, n.
4 c.p.c.» per avere la CTR omesso di pronunciarsi sulla domanda
proposta in subordine di declaratoria della illegittimità delle iscrizioni
a ruolo «perché lo strumento del ricorso al ruolo ex art. 36 bis D.P.R.
600/73 e art. 55 (rectius 54 bis) del D.P.R. n. 633 del 1972 non
poteva essere utilizzato per denegare un diritto e fuori dai casi
specificamente previsti dalle norme dichiarate».
In particolare, la Cooperativa edilizia “CA.MIA” s.r.I contesta la
omessa pronuncia della CTR in ordine alla domanda – a detta della
ricorrente proposta sin dal primo grado – di declaratoria di
illegittimità delle iscrizioni a ruolo effettuate a seguito di liquidazione
di imposta sulla base del controllo delle dichiarazioni mediante
procedure informatiche ex artt. 36bis D.P.R. 600 del 1973 e 54 bis
del D.P.R. n. 633 del 1972, per non avere l’Ufficio utilizzato per
«denegare il credito» lo strumento dell’avviso di accertamento, e
dunque attivato, stante la omessa dichiarazione, la procedura di cui
all’art. 55 D.P.R. n. 633 del 1972.
Nel controricorso l’Agenzia delle entrate eccepisce l’inammissibilità del
motivo per mancata proposizione nel ricorso di primo grado o, in ogni
caso, per tardiva proposizione in appello della doglianza della società
contribuente inerente la assunta illegittimità dello strumento di cui

4

2.Con il primo motivo la società ricorrente deduce in rubrica «la

agli artt. 36 bis D.P.R. 600 del 1973 e 54 bis del D.P.R. n. 633 del
1972.
Il motivo non è fondato.
Nella sentenza impugnata la CTR ha precisato che «il credito IVA,
come correttamente rilevato dai Primi Giudici scaturisce proprio dalla

suo riconoscimento» e che, in mancanza di dichiarazione, per far
valere un credito IVA occorre un provvedimento di riconoscimento
dell’Ufficio.
Invero, la sentenza della CTR, nel confermare quella di primo grado,
contiene anche una statuizione implicita sulla legittimità delle cartelle
di pagamento emesse, in applicazione delle norme richiamate, a
seguito di un controllo automatizzato delle dichiarazioni, per gli anni
di imposta 2002 e 2003, nelle quali la contribuente aveva esposto un
credito IVA riportato dalla annualità 2001, in assenza di dichiarazione
pro tempore.
Quanto alla eccepita novità della detta domanda in appello,
l’inammissibilità della stessa non è rilevabile d’ufficio in sede di
legittimità, quando il giudice di secondo grado abbia esplicitamente
od implicitamente escluso la violazione dell’art. 57 del d.lgs. n. 546
del 1992. In tal caso, infatti, essendovi nella sentenza di secondo
grado una statuizione sul punto, è fatto onere alla parte di contestarla
specificamente in sede di ricorso per cassazione (Cass. 30 gennaio
1985, n. 585). Pertanto, contenendo la sentenza impugnata una
implicita pronuncia sulla legittimità delle cartelle di pagamento
emesse, in applicazione delle norme richiamate, la stessa avrebbe
dovuto essere, in ipotesi, oggetto da parte dell’Agenzia di un apposita
impugnativa con ricorso incidentale.
3. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia in rubrica il «motivo
di giurisdizione per violazione del principio della corrispondenza tra il
5

dichiarazione annuale, mancando questa manca il presupposto per il

chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. — omessa pronuncia
sul rilevante capo della domanda in relazione all’art. 360, comma 1,
n. 1 c.p.c.».
Il motivo è inammissibile.
La ricorrente propone in sostanza la medesima censura di cui al primo

l’omessa pronuncia della CTR sulla domanda proposta in subordine di
declaratoria della illegittimità delle iscrizioni a ruolo «perché lo
strumento del ricorso al ruolo ex art. 36 bis D.P.R. 600/73 e art. 55
(rectius 54 bis) del D.P.R. n. 633 del 1972 non poteva essere
utilizzato per denegare un diritto e fuori dai casi specificamente
previsti dalle norme dichiarate».
Invero, inerendo la lamentata doglianza al vizio di omessa pronuncia
(art. 360, comma 1, n. 4) la stessa non può essere dedotta in
relazione al motivo attinente alla giurisdizione.
4.Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa
applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., degli artt.
36 bis D.P.R. 600 del 1973 e 54 bis del D.P.R. n. 633 del 1972, per
avere la CTR erroneamente ritenuto «implicitamente applicabile» alla
fattispecie lo strumento del controllo formale di cui alle norme
richiamate.
Ai fini di una maggiore chiarezza espositiva, va premesso che la
doglianza non involge la questione della detraibilità e/o rimborsabilità
dell’eccedenza di imposta in caso di omessa presentazione della
dichiarazione annuale, per la quale rileva il recente orientamento
espresso da questa Corte, a sezioni unite, con la sentenza 8
settembre 2016, n. 17757, ma bensì della legittimità, della iscrizione
a ruolo e della consequenziale cartella di pagamento per
disconoscimento di crediti d’imposta detratti in caso di omessa

motivo, deducendo però come vizio attinente alla giurisdizione

presentazione della dichiarazione annuale, sulla base di un controllo
formale con procedure automatizzate.
Il motivo non è fondato.
Sul

legittimo ricorso al controllo formale, con procedure

automatizzate, allorquando il credito portato in detrazione non risulti

sezioni unite, nella sentenza 8 settembre 2016, n. 17758 formulando
il seguente principio di diritto: «In caso di omessa presentazione della
dichiarazione annuale IVA, è consentita l’iscrizione a ruolo
dell’imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di
pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate,
un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della
parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi
nonché da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed
elementi dell’anagrafe tributaria, ai sensi degli artt. 54-bis e 60 del
d.P.R. n. 633 del 1972, fatta salva, nel successivo giudizio di
impugnazione della cartella, l’eventuale dimostrazione, a cura del
contribuente, che la deduzione d’imposta, eseguita entro il termine
previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo
anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti
da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad
operazioni imponibili».
Ne consegue, nella specie, il legittimo ricorso alla procedura del
controllo automatizzato delle dichiarazioni fiscali, relative ai periodi di
imposta 2002 e 2003, ai fini della rideterminazione del saldo
dichiarato dalla società contribuente per effetto del disconoscimento
automatico del riportato credito d’imposta derivante dalla annualità
2001, in assenza di dichiarazione pro tempore.
Tale procedura può ben costituire innesco iniziale dell’azione del fisco,
restando in disparte il rilievo che il diritto di detrazione non può

dalla dichiarazione annuale si è espressa, da ultimo, questa Corte, a

essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal
fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non
avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il
periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non
controverso – che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo

deduzione eseguita entro il termine previsto per la presentazione
della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui
il diritto è sorto (Cass., sez. un., 8 settembre 2016, n. 17757) . Ciò
tuttavia non rileva nella specie, non essendo tale diversa questione
oggetto specifico di alcun motivo di ricorso.
5.Con il quarto motivo, la ricorrente deduce in rubrica «omessainsufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza violazione dell’art. 36 del D.Igs. n. 546/92, art. 132 c.p.c. e 118 delle
disposizioni di attuazione al c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 5
c. p.c.».
Il motivo è inammissibile.
La ricorrente deduce, al riguardo, una erronea valutazione da parte
della CTR per aver parificato «la posizione di chi agisce per il
riconoscimento di un credito vantato con quella di colui che resiste
all’azione tesa al recupero di un credito rimborsato».
A prescindere dalla contemporanea evocazione nella fattispecie della
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, senza che nella
parte argomentativa si evincano elementi a supporto dell’una o
dell’altra censura, non si comprende quale sia il “fatto controverso” in
relazione al quale la motivazione si assume viziata.
È giurisprudenza consolidata che, secondo l’art. 366 bis cod. proc.
civ., ove venga in rilievo il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod.
proc. civ., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione
8

d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili e di

al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda
inidonea a giustificare la decisione (ex multis, Cass. 25 febbraio 2009,
n. 4556; Cass., sez. un., 1° ottobre 2007, n. 20603).
Peraltro, il motivo – e il relativo quesito- formulato in termini di

si concreta, invero, nella denuncia di un vizio di violazione di legge.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del
presente giudizio, in considerazione della recente formazione di un
univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio
di legittimità.
Così deciso in Roma il 4 dicembre 2017
Il PresideAte

Il Cons. est.

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Ok,sudio

«omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza»

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