Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4396 del 23/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/02/2010, (ud. 21/12/2009, dep. 23/02/2010), n.4396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1508/2009 proposto da:

A.V. e D.C.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DI TRASONE 8/12, presso lo studio dell’avvocato FORGIONE ERCOLE,

rappresentati e difesi dall’avvocato VETERE VINCENZO, giusta delega

a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso lo studio dell’avvocato RICCIO

ALESSANDRO che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

VALENTE NICOLA e GIANNICO GIUSEPPINA, giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 21/2008 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, del 15/1/08, depositata il 25/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

 

Fatto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c..

La Corte d’appello di Reggio Calabria, provvedendo in sede di rinvio a seguito della sentenza di cassazione n. 14272/2003 del 25.9.2003, rigettava le domande proposte contro l’Inps da A.V. e D.C.M., i quali avevano contestato il provvedimento con cui l’istituto aveva annullato le pensioni di vecchiaia di cui essi erano titolari. Il giudice di rinvio ricordava che con la sentenza di legittimità si era osservato che il giudice di merito aveva escluso la effettiva sussistenza dei rapporti di lavoro subordinato in agricoltura, per cui erano stati versati contributi costituenti presupposto del diritto alla pensione, osservando che, a seguito della contestazione di tali rapporti da parte dell’Istituto, era mancata la prova dei medesimi da parte degli interessati. La Corte di Cassazione aveva quindi ritenuto non rispettati i principi enunciati in materia da Cass. S.U. n. 1133/2000, in quanto la sentenza impugnata non aveva indicato il contenuto delle specifiche contestazioni mosse dall’Inps e le prove su cui tali contestazioni poggiavano. Solo a seguito di integrazione di tali presupposti, gli assicurati avrebbero avuto l’onere di fornire a loro volta elementi probatori a sostegno della reale sussistenza dei rapporti di lavoro subordinato in agricoltura. Onde la necessità del giudizio di rinvio, ai fini di una corretta applicazione dei principi enunciati dalla richiamata sentenza delle S.U..

Tanto premesso, la Corte d’appello di Reggio Calabria osservava che l’Inps aveva specificamente contestato la sussistenza dei rapporti di lavoro sulla base del contenuto di un rapporto giudiziario dei Carabinieri con cui la A. e il D.C. (oltre altri) erano stati denunciati per truffa nei confronti dell’Inps – reato da cui erano stati prosciolti per amnistia a seguito di dibattimento, previa comparazione di aggravanti e attenuanti -, e che da detto rapporto emergevano circostanze assolutamente anomale e come tali gravamente indizianti della insussistenza dei rapporti di lavoro. Infatti, mentre i rapporti avrebbero avuto attuazione nel territorio di (OMISSIS) (paesino nei pressi di (OMISSIS), a circa 70 km da (OMISSIS)), l’ A. era residente a (OMISSIS), cioè in un altra regione, e non aveva saputo indicare nè il presunto datore di lavoro nè la località di svolgimento delle prestazioni di bracciante agricola; e il D.C. era titolare di un bar fin dal (OMISSIS) (con iscrizione alla camera di commercio di Cosenza) e aveva dichiarato di avere lavorato su un terreno in parte anche suo alle dipendenze di fratelli e madre, comproprietari, nonchè del cognato, senza saper indicare il numero delle giornate prestate. D’altra parte i ricorrenti non avevano fornito alcuna prova a conferma della sussistenza dei rapporti di lavoro subordinato.

L’ A. e il D.C. ricorrono per cassazione. L’Inps resiste con controricorso.

Il ricorso denuncia violazione dell’art. 384 c.p.c., infedele esecuzione della sentenza di cassazione con rinvio, insufficiente di motivazione. Con il conclusivo quesito di diritto si prospetta che, mentre al giudice di rinvio era stato chiesto di procedere alla comparazione e prudente apprezzamento di tutti i contrapposto elementi probatori, nella specie la decisione era fondata sulle sole difese e produzioni di una parte, trascurando quelle dell’altra.

Il ricorso è manifestamente infondato.

In effetti non risulta un operato del giudice di rinvio in contrasto con i principi e le indicazioni della sentenza di cassazione, in quanto nella logica della medesima e dei principi di cui a Cass. S.U. 1133/2000, non è necessario che le contestazioni dell’Inps, rispetto alla sussistenza del rapporto di lavoro subordinato che giustifichi iscrizione nell’elenco dei lavoratori agricoli, siano basate su una piena ed esauriente prova negativa del rapporto, essendo invece sufficiente la sussistenza di elementi anche indiziari che ragionevolmente possano far sorgere dubbi in proposito. La valutazione circa il significativo valore indiziario degli elementi posti alla base del rapporto dei Carabinieri appare logica e quindi giustificato anche il rilievo che a fronte dei medesimi era mancata ogni prova positiva dei rapporti di lavoro. D’altra parte i rilievi di cui al ricorso, circa l’astratta possibilità che rapporti di lavoro abbiano avuto attuazione nonostante tali elementi non appaiono adeguatamente concludenti, in quanto non tali da escludere la rilevanza indiziaria degli elementi dedotti dall’Inps, mentre è generica e priva di riscontri la asserzione che il D.C. avesse assunto la titolarità del bar in epoca posteriore alla prestazione lavorativa, in contrasto con la precisazione della sentenza che il periodo in contestazione per il D.C. era quello (OMISSIS) e che egli era titolare di un bar fin dal (OMISSIS).

Infine, nell’economia della motivazione della sentenza non ha una funzione essenziale a sfavore degli attuali ricorrenti nè il richiamo dall’esito del giudizio penale nè il riferimento ad abundantiam alla circostanza della sopravvenuta cancellazione dei ricorrenti dall’elenco dei lavoratori agricoli.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Non deve disporsi per le spese del giudizio, ex art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, non applicabile ratione temporis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2010

 

 

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