Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4395 del 23/02/2011

Cassazione civile sez. II, 23/02/2011, (ud. 13/01/2011, dep. 23/02/2011), n.4395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16123-2005 proposto da:

S.R. C.F. (OMISSIS), M.G. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SESTIO

CALVINO 33, presso lo studio dell’avvocato BOSCO ANTONINO, che li

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

M.E. C.F. (OMISSIS), R.F. C.F.

(OMISSIS) elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TRIONFALE

21, presso lo studio dell’avvocato GRIMALDI FRANCESCO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAO ROSARIO CARMINE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2019/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/01/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 22.3.1996 R.F. ed M.E. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Roma M. G. e S.R. onde accertare che i convenuti avevano edificato l’abitazione in (OMISSIS), oltre che in violazione delle norme urbanistiche, anche degli artt. 874 e 905 c.c., con condanna alla demolizione del fabbricato in appoggio a quello preesistente, o a costo dell’appoggio ed alla demolizione degli aggetti costituiti dalle verande edificate sulla parte antistante la via (OMISSIS) e dei balconi costruiti nella parte retrostante.

I convenuti resistevano spiegando riconvenzionale per il ristoro delle spese per la riattivazione della erogazione idrica e per la edificazione parziale del tetto. Con sentenza 5852/2000 il Tribunale condannava i convenuti all’arretramento dei balconi e delle logge fino alla distanza legale, rigettava la riconvenzionale e compensava le spese.

Proposto appello dai convenuti, resistevano gli appellati e la Corte di appello di Roma, con sentenza 2019/04, rigettava il gravame osservando che la prospettazione avanzata dai convenuti ricalcava quanto dedotto in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado circa la collocazione di una ringhiera a metri 1,50 dal confine, rigettata dal primo giudice in quanto inidonea allo scopo del rispetto delle distanze, in quanto gli aggetti e le logge non rispettavano le distanze minime.

Ricorrono M. e S. con due motivi, resistono le controparti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si denunzia omessa motivazione del rigetto della domanda subordinata per l’installazione di un parapetto o ringhiera a m. 1,50 in luogo della demolizione e col secondo omessa, contraddittoria motivazione e violazione dell’art. 905 c.c. in ordine alla ricostruzione delle gronde, richiamando la ctu ed il passo della sentenza in contrasto col rigetto integrale. Le censure meritano accoglimento.

In ordine alla prima la sentenza impugnata ha statuito che gli aggetti dei balconi e delle logge sono sul confine tra i due fondi, non rispettano le distanze minime di m. 1,50 e, quindi, devono essere arretrati.

Con l’appello era stato chiesto (conclusioni riportate a pagina due della sentenza) che venisse disposta “l’installazione di un parapetto e/o altro che impedisca agli appellanti di vedere nella proprietà degli appellati” ma la sentenza ha risposto che l’installazione di una ringhiera sul balcone a distanza di m. 1.50 non avrebbe risolto il problema, senza considerare che, in tal modo, sarebbero state rispettate le distanze legali mediante l’adozione di accorgimenti alternativi.

In ordine alla seconda, la sentenza impugnata ha affermato, a pagina sei, che “la gronda che attualmente raccoglie l’acqua sia degli istanti che dei convenuti dovrebbe essere sdoppiata e ciascuna gronda essere ricostruita all’interno di ciascuna rispettiva proprietà per evitare che l’acqua raccolta da un tetto invada l’altro e viceversa” ed a pagina nove che “l’inconveniente rappresentato dallo scolo delle acque dal fondo dei convenuti a quello degli attori, pur essendo quasi nullo. verrà ad essere completamente eliminato con il disposto arretramento perchè la poca acqua che dovesse scendere dai balconi ricadrebbe sicuramente nel fondo dei convenuti appellanti stessi”.

Gli attuali ricorrenti avevano chiesto che gli attori fossero condannati a costruire una propria grondaia ma i giudici di merito non hanno risposto a tanto.

In definitiva il ricorso va accolto, con la cassazione della sentenza e rinvio per un nuovo esame e per le spese ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame e per le spese ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2011

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