Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4394 del 23/02/2011

Cassazione civile sez. II, 23/02/2011, (ud. 20/12/2010, dep. 23/02/2011), n.4394

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. BIANCHI Luisa – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 14086/05) proposto da:

S.L., rappresentato e difeso in forza di procura speciale a

margine del ricorso dall’Avv.to Moser Hermann del foro di Bolzano e

dall’Avv.to Luigi Manzi del foro di Roma ed elettivamente domiciliato

presso lo studio del secondo in Roma, via F. Confalonieri, n. 5;

– ricorrente –

contro

R & K Immobil s.a.s. di Walter Ritsch & Co, in persona dei

suo legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.to

Gunther Rotter del foro di Bolzano e dall’Avv.to Arturo Giallombardo

del foro di Roma, in virtù di procura speciale in data 22.6.2005

allegata al controricorso, e domiciliata presso lo studio del secondo

in Roma, via Borsien n. 13;

– controricorrente –

e

Società Prisma a r.l., in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Maurizio Vezzali del foro

di Bolzano;

– controricorrente non costituita –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Trento – Sezione

distaccata di Bolzano n. 64/2005 depositata il 14 marzo 2005;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 20

dicembre 2010 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

uditi gli Avv.ti Emanuele Coglitore, con delega dell’Avv.to Luigi

Manzi, di parte ricorrente e Arturo Giallombardo, di parte

resistente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 28 giugno 1999 la R & K Immobil KG evocava in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bolzano – sezione distaccata di Bressanone, S.L. e la Prisma s.r.l. esponendo di avere mediato tra i convenuti la compravendita delle unità immobiliari contraddistinte dalle pp.mm. 2 e 79 in PT 1582/11 CC Bressanone e di non avere ottenuto il pagamento della provvigione.

Tanto premesso, chiedeva la condanna di entrambi al pagamento della provvigione per la mediazione dell’affare ovvero, in via subordinata, la condanna dei convenuti al risarcimento del danno nella misura da liquidare in corso di causa.

Instauratosi il contraddicono, nella resistenza di entrambi 1 convenuti (eccependo lo S. il difetto di legittimazione passiva per avere seguito l’affare solo come libero professionista e che la compravendita con la Prisma era afferente ad altro immobile rispetto a quelli in ordine ai quali l’attrice assumeva di avere svolto la intermediazione, peraltro con l’intervento di altro intermediario, il sig. U.F.; mentre la Prisma s.r.l. assumeva di avere acquistato unità immobiliare diversa rispetto a quella mediata dall’attrice), svolta dalla società convenuta domanda in manleva nei confronti dell’altro convenuto, il Tribunale adito rigettava la domanda, compensando fra le parti le spese processuali.

In virtù di rituale appello interposto dalla R & K ImmobiL s.a.s., con il quale denunziava la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 183 c.p.c., nonchè artt. 24 e 111 Cost., per non essersi il giudice di prime cure attenuto al dovere di segnalare alle parti questioni rilevabili di ufficio, e, nel merito, stante la regolare iscrizione della società appellante all’Albo dei mediatori, chiedeva la riforma della sentenza di primo grado, nella resistenza degli appellati, la Corte di Appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano, accoglieva l’appello ed in riforma della sentenza di primo grado condannava i convenuti al pagamento in favore della società attrice della somma di Euro 2.726,89 ciascuno, con gli interessi, oltre a condannare lo S. a manlevare la società Prisma a r.l. per tutti i pagamenti che sarebbe stata tenuta ad effettuare in favore dell’attrice per i titoli di cui alla pronuncia, nonchè alla rifusione di tutte le spese processuali sostenute da entrambe le società per i due gradi di giudizio, compensate le spese di lite fra la R & K Immobil e la Prisma.

A sostegno dell’adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che pur non essendo nulla la sentenza impugnata per violazione dell’art. 183 c.p.c. (conferendo detta norma solo una facoltà al giudice), dalla produzione documentale, ammissibile anche nel giudizio di appello, in particolare dai certificati della C.C.I.A.A. del 7.5.2004, risultava la iscrizione dell’appellante all’albo dei mediatori, per cui la domanda poteva essere esaminata nel merito.

Aggiungeva, inoltre, che dagli atti emergeva che in data 4.12.1999 S. aveva conferito incarico esclusivo alla R & K Immobil per promuovere la vendita delle pp.mm. 2 e 9 (vani ad uso ufficio, più accessori), nonchè le pp.mm. 78 e 79 (posti auto) della p.ed. 1582 in C.C. Bressanone e che tale incarico avrebbe dovuto avere durata di tre mesi; inoltre dall’interrogatorio formale del legale rappresentante della Prisma s.r.l. si evinceva che effettivamente il legale rappresentante della società di mediazione aveva mostrato l’unità immobiliare p.m. 9, attigua a quella compravenduta (la p.m. 2). Tanto premesso, riteneva dimostrato che la compravendita intervenuta tra la Prisma e la proprietaria del locale era avvenuta per l’intermediazione della società appellante e per tale ragione era dovuta la provvigione da parte di ciascuna parte contraente.

Quanto alla domanda in manleva, l’accoglimento veniva argomentato sulla circostanza che lo stesso S. aveva indirizzato il legale rappresentante della Prisma al mediatore U.F. per il perfezionamento dell’accordo di compravendita.

Avverso l’indicata sentenza della Corte di Appello di Trento – Sezione distaccata di Bolzano ha proposto ricorso per cassazione lo S., che risulta articolato in sette motivi, al quale ha resistito la R & K Immobil s.a.s., non costituita la Prisma s.r.l..

Il solo ricorrente ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 ed ai sensi dell’art. 132 c.p.c. per omesso esame delle conclusioni rassegnate dalla parte appellata nel giudizio di appello quanto alle produzioni documentali da ritenersi tardive e comunque per mancata pronuncia su dette conclusioni. Nella sostanza il ricorrente nel precisare le conclusioni all’udienza del 20.10.2004 aveva espressamente richiesto di non tenersi conto della certificazione della C.C.I.A.A. del 7.5.2004 prodotta dall’appellante solo all’udienza del 30.6.2004 e dunque tardivamente, mentre la sentenza di appello aveva fatto solo un cenno indiretto a tale censura.

Con il secondo motivo si duole della violazione ed errata applicazione di norma di diritto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 in riferimento agli artt. 342 e 345 c.p.c., nonchè per vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. La tardiva produzione documentale da parte dell’appellante, irritualmente acquisita dalla corte di merito e posta alla base della propria decisione, profilerebbe una violazione degli artt. 342 e 345 c.p.c. in tema di produzione di nuovi documenti in appello.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per vizio di ultrapetizione, rilevabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, artt. 112, 339, 342 e 346 c.p.c., in quanto la corte di merito, pur dando atto che l’unico motivo di appello consisteva nel sostenere che il giudice di primo grado aveva deciso violando la norma dell’art. 183 c.p.c., era entrata d’ufficio nel merito della controversia.

Con il quarto motivo lo stesso ricorrente deduce la violazione ed errata applicazione di norma di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 2697 c.c.), nonchè il vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Il ricorrente si duole che la corte distrettuale abbia posto alla base della decisione documentazione irritualmente acquisita, violando le norme in tema di onere della prova, nonchè determinando una motivazione viziata. Con il quinto motivo il ricorrente deduce la violazione ed errata applicazione di norma di diritto, in particolare in relazione agli artt. 2730 e 2697 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 e comunque difetto di motivazione su un punto decisivo per avere lo S. eccepito la carenza dì legittimazione avendo egli agito conclusi l’affare in veste di professionista. Con il sesto motivo lamenta la violazione e l’errata applicazione di norma di diritto, nonchè difetto di motivazione per la condanna alla rifusione anche dell’IVA sulle provvigioni liquidate in mancanza di rilascio di fattura regolare da parte dell’intermediatrice.

Infine con il settimo motivo censura la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione nel riconoscere a carico dello stesso S. l’obbligo di manlevare la Prisma s.r.l. dalla condanna alla corresponsione della provvigione in favore della R & K Immobil KG. Dalla descrizione sopra esposta dei motivi, che sono sostanzialmente incentrati sulla tempestività della produzione documentale, in particolare del certificato della C.C.I.A.A. del 7.5.2004, allegato dall’appellante solo all’udienza dei 30.6.2004, ritiene la Corte di prendere preliminarmente in esame la censura di cui al punto due, per evidenti ragioni di antecedenza logica.

La questione attiene alla più generale problematica dell’estensione, nel giudizio a cognizione ordinaria, della normativa sul divieto di ammissione di “nuovi mezzi di prova” alle prove costituite, anche con riferimento alle connesse problematiche attinenti all’individuazione dei limiti che la produzione di “nuovi” documenti incontra nel giudizio di appello. In giurisprudenza, prima della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 8203, del 20 aprile 2005. si riscontrava una diversità di orientamenti sull’interpretazione da dare al disposto dell’art. 345 c.p.c., comma 3 nel testo sostituito dalla L. n. 353 del 1990, art. 52 applicabile a decorrere dal 30 aprile 1995. Con la predetta decisione la Suprema Corte ha dato una risposta in termini unitari alla tematica della inclusione anche delle prove documentali nell’ambito dei “nuovi mezzi di prova” cui fa riferimento l’art. 345 c.p.c., comma 3, per il rito ordinario. Ciò in rispondenza alle esigenze di particolare celerità e di concentrazione che con il rito introdotto nel 1990 il legislatore ha voluto soddisfare. Del resto è opinione generale che la produzione di nuovi documenti, pur non richiedendo un procedimento di “assunzione” della prova, può determinare un prolungamento delle attività processuali.

Le SS.UU. hanno affermato che il legislatore al fine di trovare un punto di equilibrio tra esigenze di efficienza del processo ed il diritto di difesa delle parti in relazione al giudizio di cognizione ordinaria, ha disciplinato le modalità di produzione dei documenti e la proposizione dei mezzi di prova inserendo la fase delle deduzioni e richieste istruttorie tra la fase di trattazione e quella si assunzione delle prove costituende, facendo ivi scattare per le parti la preclusione in tema di istanze istruttorie. Il superamento della barriera preclusiva di cui all’art. 184 c.p.c. importa, perciò, la decadenza (con effetti irreversibili) dal potere di esibire documenti, salvo che la loro produzione sia giustificata dallo sviluppo assunto dal processo o che la formazione sia successiva allo spirare dei termini concessi ex art. 184 c.p.c. ovvero all’ordinanza di ammissione delle prove.

Le medesime argomentazioni valgono per la lettura dell’art. 345 c.p.c., comma 3, laddove la L. n. 353 del 1990 ha aggiunto, al preesistente divieto di domande nuove, anche quello di nuove eccezioni e di nuovi mezzi istruttori, si da pervenire alla “pressocchè totale abolizione dello ius novorum”, facendo “assumere all’appello il carattere della revisio prioris istantiae, per essere stati eliminati quegli elementi spuri che permettevano la configurazione del giudizio di gravame come una prosecuzione ed un completamento di quello di primo grado”.

Ne consegue che l’art. 345 c.p.c., comma 3 va letto nel senso che tale disposizione fissa sul piano generale il principio dell’inammissibilità dei “nuovi mezzi di prova” e quindi anche delle prove documentali ed il giudice è abilitato ad ammettere, nonostante le già verificatesi preclusioni, solo quelle prove che ritenga “indispensabili”, perchè suscettibili dì una influenza causale più incisiva sulla decisione finale della controversia. Le parti, pertanto, devono indicare già negli atti introduttivi dell’appello i documenti che intendono produrre, perchè alla prima udienza di trattazione il collegio, a norma dell’art. 352 c.p.c., deve provvedere all’ammissione delle prove eventualmente dedotte o invitare le parti a precisare le conclusioni. Il che dimostra che in questa fase i termini della controversia devono essere in ogni caso già delineati. Il provvedimento del giudice del gravame adottato in esito a detta produzione è censurabile davanti ai giudici di legittimità alla stregua dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, sempre che le parti, negli spazi di disponibilità ad esse lasciati, non abbiano con la loro condotta mostrato di accettare il contraddittorio nei limiti segnati dall’intervento del giudice.

Nella specie, pur vero che la produzione del certificato della C.C.I.AA del 7.5.2004 (circa la regolare iscrizione della società all’albo dei mediatori) è stata resa necessaria dalla natura della pronuncia del giudice di primo grado, che ha introdotto un nuovo thema decidendum (senza avere, in via preliminare, sollecitato il contraddittorio fra le parti), ma alla stregua dei principi sopra enunciati, per impedire di incorrere nelle preclusioni, la R & K Immobil s.a.s. avrebbe dovuto allegare la medesima certificazione all’atto di appello e non già all’udienza collegiale del 30.6.2004.

Il ricorrente, poi, ha eccepito la tardività della produzione fin dalla prima difesa immediatamente successiva alla produzione della documentazione in contesa. Al riguardo la Corte di merito ha succintamente risposto, riconoscendo “che la produzione di documenti è senz’altro possibile anche nel giudizio d’appello, cosicchè ritiene che l’attrice-appellante, avendo finalmente prodotto i certificati della C.C.I.A.A. del 7.5-2004, quantomeno nel presente giudizio, ha finalmente dimostrato la propria iscrizione all’albo dei mediatori”, e cioè con una interpretazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3 che non è conforme al principio affermato dalle SS.UU. e condiviso da questo collegio.

Ne discende che va accolto il secondo motivo del ricorso, dovendosi cassare la pronuncia relativa all’ammissibilità della produzione documentale nel giudizio di appello senza limiti, giacchè anche nelle ipotesi della produzione giustificata dallo sviluppo assunto dal processo le parti debbono indicare ed allegare già negli atti introduttivi dell’appello i documenti che intendono utilizzare.

L’accoglimento del predetto motivo del ricorso comporta che anche le doglianze di parte ricorrente di cui ai punti uno, tre, quattro, cinque, sei e sette devono ritenersi in parte assorbite (1-3-4-7) ed in parte superate (5-6), trattandosi dì censure necessariamente collegate alla questione pregiudiziale.

L’accertamento che ha comportato la cassazione della sentenza impugnata non determina però automaticamente il rinvio della causa.

Nella giurisprudenza della corte, a seguito della modifica dell’art. 384 c.p.c., avvenuta già con la riforma di cui alla L. n. 353 del 1990 e della costituzionalizzazione del principio della ragionevole durata del processo, si è osservato che è configurabile il potere di decidere nel merito la causa, senza disporre conseguentemente il rinvio, fermi restando i limiti della non necessità di indagini di fatto e del rispetto del principio dispositivo.

Orbene nel caso di specie, essendo incorso il giudice del gravame in un error in procedendo, acquisendo il certificato di iscrizione della R & K Immobil KG all’albo dei mediatori, prodotto tardivamente (all’udienza collegiale e non unitamente all’introduzione dell’atto di appello), ed essendo la decisione intervenuta in riforma della sentenza di primo grado, che proprio in ragione della mancanza di prova circa detta iscrizione, aveva rigettato la domanda attorea e quella in manleva correlata sul corretto presupposto che, a norma dell’art. 6 legge n. 39/1989, maturano il diritto alla provvigione solo coloro che sono iscritti nei ruoli degli agenti di affari in mediazione (Cass., Sez. 3, 1 ottobre 2002, n. 14076; Cass., Sez. 3, 15 dicembre 2000, n. 15849), la decisione nel merito va pronunciata con il rigetto dell’appello proposto dalla R & K Immobil KG s.a.s., per cui rivivono le statuizioni disposte con la sentenza del Tribunale di Bolzano – Sezione distaccata di Bressanone n. 48/2003 del 6.5.2003.

Infine, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., si deve provvedere sulle spese dell’intero giudizio di appello, ferma sul punto la sentenza di primo grado (per quanto suesposto), nonchè su quello di cassazione.

Al riguardo si osserva che essendo la decisione delle SS.UU. intervenuta per dirimere un contrasto formatosi nella giurisprudenza di legittimità, pronuncia concomitante all’epoca di introduzione del presente ricorso, sussistono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese di lite sia del grado di appello sia di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata;

decidendo nel merito, rigetta l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado dalla R & K Immobil s.a.s.;

compensa le spese di lite del grado di appello e di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 20 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2011

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