Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4394 del 07/03/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4394 Anno 2016
Presidente: RAGONESI VITTORIO
Relatore: MERCOLINO GUIDO

ORDINANZA

Data pubblicazione: 07/03/2016

mento di competen-

sul ricorso proposto da

za

B HOLDING S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t. Silvano Boroli, elettivamente domiciliata in Roma, alla via E. Gianturco n. 1, presso l’avv. FABRIZIO PAVAROTTI, dal quale, unitamente all’avv. GIAN CARLO CIACCIA del
foro di Milano, è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a margine del
ricorso
RICORRENTE

contro
NATHAN SHIRLI e NATHAN DAVID, elettivamente domiciliati in Roma, al
Lungotevere dei Mellini n. 45, presso l’avv. MARCO BELLANTE, unitamente
agli avv. PIER LUIGI LANZA e ANTONELLA LANZA del foro di Milano, dai
quali sono rappresentati e difesi in virtù di procura speciale a margine della memoria di costituzione
RESISTENTI

e

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UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., rappresentata da Enzo Frilli, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Cratilo di Atene n. 31, presso l’avv. DOMENICO VIZZONE, dal quale, unitamente all’avv. GIORGIO VINCENTI del foro

ria di costituzione
RESISTENTE

e
LANZA ELISA e GIUDICI ARMANDO, elettivamente domiciliati in Roma, alla
piazza dell’Unità n. 13, presso l’avv. LUISA RANUCCI, dalla quale, unitamente
all’avv. ALESSANDRO CARLANDREA VALERIO del foro di Milano, sono
rappresentati e difesi in virtù di procura speciale in calce alla memoria di costituzione
RESISTENTI

e
MANFREDI EUGENIO, elettivamente domiciliato in Roma, alla via dei Dardanelli n. 46, presso l’avv. MAURIZIO SPINELLA, dal quale, unitamente all’avv.
GIOVANNI ZACCHINO del foro di Reggio Emilia, è rappresentato e difeso in
virtù di procura speciale in calce alla memoria di costituzione
RESISTENTE

e
ASSICURATRICE MILANESE S.P.A.
INTIMATA

avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 14515/14, depositata il 27 novembre 2014.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 settem-

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di Milano, è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in calce alla memo-

bre 2015 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale dott. Sergio DEL CORE, il quale ha chiesto il rigetto dell’i-

Fatto
1.— Con atto del 26 ottobre 2011, la B Holding S.p.a., in qualità di socio
della Dedit S.p.a., promosse, ai sensi dell’art. 30 dello statuto sociale, un procedimento arbitrale nei confronti degli amministratori Shirli e David Nathan e dei sindaci Elisa Lanza, Armando Giudici ed Eugenio Manfredi, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni.
1.1. — L’arbitro unico nominato dal Presidente dell’Ordine dei Commercialisti della Provincia di Reggio Emilia, dopo aver regolato lo svolgimento del giudizio con rinvio alla disciplina dettata dal codice di procedura civile, assegnò alle
parti i termini per il deposito di memorie e liquidò l’anticipo dovuto per le spese
della procedura, ponendolo a carico dell’attrice.
Non avendo quest’ultima provveduto al versamento dell’anticipo entro il termine all’uopo fissato, l’arbitro, con ordinanza del 10 marzo 2012, dichiarò la cessazione del procedimento arbitrale.
1.2. — Con successiva ordinanza del 3 aprile 2012, il medesimo arbitro
provvide alla rettifica del precedente provvedimento, fissando, ai sensi dell’art.
816-septies cod. proc. civ., un nuovo termine per il versamento dell’anticipo ad
opera delle altre parti.
Avendo la B Holding contestato la legittimità della rettifica, con atto del 15
aprile 2012 l’arbitro dichiarò di rinunciare all’incarico.
1.3. — Su istanza dei Nathan, il Presidente dell’Ordine dei Commercialisti

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stanza.

nominò quindi un nuovo arbitro, il quale con lodo non definitivo del 5 marzo
2013 rigettò l’eccezione di estinzione del procedimento arbitrale proposta dalla B
Holding, disponendo la prosecuzione del giudizio, e con lodo definitivo del 10 a-

2. — Nel frattempo, con atto di citazione notificato il 16 marzo 2012, la B
Holding aveva riproposto la domanda dinanzi al Tribunale di Milano, il quale, con
sentenza del 27 novembre 2014, ha declinato la propria competenza in favore
dell’arbitro.
Premesso che avverso il lodo definitivo è stata proposta impugnazione dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna, il Tribunale ha osservato che, una volta iniziato il procedimento arbitrale, spetta esclusivamente agli arbitri, ai sensi del combinato disposto degli artt. 817 ed 819-ter cod. proc. civ., il potere di decidere in ordine alla propria competenza, mentre il controllo del giudice ordinario resta limitato al sindacato sulla legittimità dell’investitura dell’organo arbitrale, e quindi sulla validità della clausola compromissoria e sulla riconducibilità della controversia
tra quelle previste dalla convenzione di arbitrato. Rilevato che, al momento della
instaurazione del procedimento arbitrale, la clausola compromissoria era valida ed
efficace tra tutte le parti in causa, ha quindi affermato che ogni contestazione in
ordine alla competenza dell’arbitro doveva ritenersi devoluta prima a quest’ultimo
e poi al giudice dell’impugnazione, non potendosi attribuire alcun rilievo al sopravvenire di eventuali cause d’incompetenza dell’arbitro ed all’intervenuta spoliazione da parte dello stesso del potere di decidere la controversia. Ha pertanto escluso il proprio potere di sindacare i provvedimenti adottati dall’arbitro o di dichiararsi ex post competente a conoscere della medesima controversia, nonché
quello di disporre la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ.

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prile 2014 rigettò le domande proposte dall’attrice.

3. — Avverso la predetta sentenza la B Holding ha proposto istanza di regolamento di competenza, articolata in tre motivi. I Nathan, la Lanza, il Giudici, il
Manfredi e l’Unipolsai hanno resistito con memorie. L’Assicuratrice Milanese non

Diritto
1.

Preliminarmente, si rileva che con atto sottoscritto il 19 giugno 2015 e

notificato alle controparti il 23 giugno 2015, la B Holding ha dichiarato di rinunciare all’istanza di regolamento di competenza, «a spese compensate». A tale dichiarazione, depositata in Cancelleria il 14 luglio 2015, hanno integralmente aderito soltanto Shirli e David Nathan, con atto sottoscritto il 25 giugno 2015, mentre
la Lanza ed il Giudici, pur non opponendosi alla dichiarazione di estinzione del
giudizio, non hanno acconsentito alla compensazione delle spese, chiedendo la
condanna della ricorrente al pagamento delle stesse. Preso atto di tale richiesta, la
ricorrente ha ribadito la propria volontà di rinunciare all’impugnazione nei confronti degli amministratori, mentre ha affermato di voler proseguire il giudizio nei
confronti delle altre parti, chiarendo di aver inteso rinunciarvi soltanto a condizione che fosse dichiarata la compensazione delle spese processuali.
1.1. — Tanto premesso, si osserva che, in quanto ritualmente sottoscritta dalla ricorrente e dai suoi difensori, nonché depositata in data anteriore alla notifica
delle conclusioni scritte del Pubblico Ministero, la rinuncia della B Holding deve
ritenersi senz’altro idonea a determinare l’estinzione del giudizio nei rapporti con i
Nathan, ai sensi dell’art. 390 cod. proc. civ., senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo all’accettazione dei resistenti, che
a norma dell’art. 391, quarto comma, cod. proc. civ. preclude la relativa condanna.
Nei rapporti con gli altri resistenti, le modalità di formulazione della rinuncia

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ha svolto attività difensiva.

risultano invece, anche alla luce della precisazione successivamente compiuta, tali
da impedire la dichiarazione di estinzione del giudizio, in quanto, pur non essendo
necessaria, a tal fine, l’accettazione della controparte, la quale assume rilievo e-

cessuali, la condizione apposta dalla ricorrente deve considerarsi incompatibile
con la volontà di accettare incondizionatamente la sentenza impugnata. La necessità che tale intento emerga univocamente dalla condotta della parte emerge infatti, oltre che dalla gravità degli effetti della rinuncia, la quale determina il passaggio in giudicato della sentenza, dall’art. 329 cod. proc. civ., che ai fini dell’acquiescenza richiede un’accettazione espressa o il compimento di atti incompatibili con
la volontà di avvalersi dell’impugnazione, nonché dall’art. 306 cod. proc. civ., il
quale, escludendo l’efficacia dell’accettazione, ove la stessa contenga riserve e
condizioni, detta una norma di carattere generale applicabile anche alla rinuncia
agli atti del giudizio e, a maggior ragione, alla rinuncia all’impugnazione.
2. — Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 5 ed
816-septies, secondo comma, cod. proc. civ., nonché la falsa applicazione dell’art.
817, secondo comma, cod. proc. civ., sostenendo che, nel dichiarare la propria incompetenza, il Tribunale non ha tenuto conto della situazione di fatto e di diritto
esistente al momento della proposizione della domanda in via ordinaria, ed in particolare dell’intervenuta dichiarazione di estinzione del procedimento arbitrale, per
effetto della quale le parti non erano più vincolate alla convenzione di arbitrato.
Nessun rilievo poteva assumere, a tal fine, la revoca dell’ordinanza di estinzione,
avendo quest’ultima natura di lodo, con la pronuncia del quale l’arbitro si era spogliato della potestas judicandi, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 817 cod.
proc. civ., il quale presuppone la pendenza del procedimento arbitrale e l’insor-

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sclusivamente ai fini della condanna del rinunciante alla rifusione delle spese pro-

genza di contestazioni riguardanti i poteri degli arbitri per ragioni sopravvenute
nel corso del procedimento.
3. — Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione degli artt. 816septies, secondo comma, ed 816 bis, ultimo comma, cod. proc. civ., ribadendo
che, nell’escludere la possibilità di riesaminare l’ordinanza di estinzione, il Tribunale vi ha erroneamente ravvisato una circostanza sopravvenuta nel corso del procedimento arbitrale, tale da determinare l’insorgenza di una contestazione in ordine alla competenza degli arbitri, senza avvedersi che tale provvedimento incideva
sull’esistenza stessa del procedimento arbitrale. Nel conferire rilievo alla revoca,
la sentenza impugnata non ha considerato che, in quanto idonea a definire il giudizio, la dichiarazione di estinzione non poteva essere pronunciata con ordinanza
revocabile, ma aveva natura sostanziale di lodo, non impugnato dagli interessati e
divenuto pertanto definitivo, con il conseguente venir meno del potere decisorio
dell’arbitro.
4. — Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 819 ter,

terzo comma, cod. proc. civ., sostenendo che, nel dichiarare la propria incompetenza, la sentenza impugnata non ha considerato che l’intervenuta dichiarazione di
estinzione escludeva la pendenza del procedimento arbitrale, con la conseguente
spettanza al Tribunale del potere-dovere di esaminare la domanda proposta in via
ordinaria, nonché di verificare preliminarmente la sopravvenuta inefficacia della
convenzione di arbitrato.
5. — Le predette censure, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riflettenti
profili diversi della medesima questione, sono infondate.
E’ infatti pacifico che, nel momento in cui è stata pronunciata la sentenza impugnata, il procedimento arbitrale era ancora pendente, per effetto della revoca da

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parte dell’arbitro dell’ordinanza di estinzione emessa il 10 marzo 2012, a seguito
del mancato versamento da parte dell’attrice dell’importo liquidato a titolo di anticipo sulle spese della procedura: in virtù di tale circostanza, correttamente il Tri-

via ordinaria, avendo ritenuto che spettasse all’arbitro, ancor prima della decisione
sul merito della controversia, quella relativa alla legittimità della revoca, all’epoca
peraltro già adottata con il lodo non definitivo del 5 marzo 2013. In quanto riflettenti il venir meno della potestas judicandi dell’arbitro in ordine alla controversia
sottoposta al suo esame e, al tempo stesso, la cessazione dell’efficacia vincolante
della clausola compromissoria contenuta nello statuto della società, le argomentazioni svolte dalla ricorrente a sostegno dell’irrevocabilità dell’ordinanza di estinzione e della conseguente definizione del procedimento arbitrale dovevano essere
infatti proposte dinanzi al medesimo arbitro, tenuto in primo luogo a verificare la
persistenza del proprio potere decisorio e la perdurante operatività del compromesso, anche in relazione alle peculiari modalità di svolgimento della vicenda
processuale.
In tal senso depone innanzitutto l’art. 817 cod. proc. civ., il quale nell’attribuire agli arbitri il potere di decidere in ordine alla propria competenza, ove la validità, il contenuto o l’ampiezza della convenzione di arbitrato o la regolare costituzione dell’organo arbitrale siano contestate nel corso del procedimento, precisa, al
secondo comma, che tale principio è applicabile anche nel caso in cui i poteri degli arbitri siano contestati in qualsiasi sede per qualsiasi ragione sopravvenuta nel
corso del procedimento. Il carattere esclusivo del potere riconosciuto agli arbitri
dalla predetta disposizione trova poi conferma nel dettato dell’art. 819-ter, terzo
comma, cod. proc. civ., ai sensi del quale la pendenza del procedimento arbitrale

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bunale ha dichiarato la propria incompetenza in ordine alla domanda proposta in

preclude la proposizione di domande giudiziali aventi ad oggetto l’invalidità o l’inefficacia della convenzione di arbitrato.
Alla stregua di tali principi, non merita censura la sentenza impugnata, nella

dichiarazione di estinzione dello stesso, pronunciata con l’ordinanza del 10 marzo
2012, una circostanza sopravvenuta che, in quanto asseritamente idonea a determinare il venir meno della potestas judicandi dell’arbitro e a precludere la prosecuzione del procedimento, non poteva essere fatta valere in un giudizio ordinario,
ma doveva costituire oggetto di valutazione nell’ambito dello stesso procedimento
arbitrale. Nessun rilievo può assumere, a tal fine, la circostanza, fatta valere dalla
ricorrente, che, in quanto emessa da un organo monocratico ed avente ad oggetto
la declaratoria di estinzione del procedimento, l’ordinanza risultasse assimilabile a
quella di estinzione pronunciata dal giudice istruttore ai sensi dell’art. 307 cod.
proc. civ., nei giudizi in cui opera in funzione di giudice unico, e dovesse pertanto
considerarsi irrevocabile: la questione riguardante l’inammissibilità della revoca e
la conseguente illegittimità della ripresa del procedimento arbitrale era proprio
una di quelle che l’arbitro era chiamato a risolvere ai fini della decisione della controversia, ed ha costituito infatti oggetto del lodo non definitivo, con cui è stata
esclusa l’estinzione del procedimento.
Irrilevante, in quest’ottica, è anche la circostanza che, in quanto avente contenuto decisorio ed attitudine a definire il procedimento arbitrale, l’ordinanza di estinzione fosse qualificabile come lodo definitivo in senso sostanziale, non suscettibile di riesame per mancata impugnazione da parte degl’interessati, ed idoneo a
liberare le parti dal vincolo della clausola compromissoria, ai sensi dell’art. 816septies, secondo comma, cod. proc. civ.: la devoluzione all’arbitro del potere di

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parte in cui, dato atto della pendenza del procedimento arbitrale, ha ravvisato nella

decidere in ordine agli effetti del precedente provvedimento ed alla conseguente
cessazione del predetto vincolo escludeva infatti la possibilità di sollevare la medesima questione in un autonomo giudizio ordinario, dovendo essere la stessa ri-

potendo in tale sede essere fatto valere, ai sensi dell’art. 829, primo comma, n. 8,
anche l’asserito contrasto con l’ordinanza di estinzione.
6. — L’istanza va pertanto rigettata, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dei sindaci e dell’Unipolsai
Assicurazioni, che si liquidano come dal dispositivo. Nei rapporti con l’Assicuratrice Milanese, non occorre invece provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione dell’intimata.

P .Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio ed interamente compensate le spese processuali tra la B Holding S.p.a., Nathan Shirli e Nathan Davis; rigetta l’istanza proposta dalla B Holding S.p.a. nei confronti di Elisa Lanza, Armando Giudici, Eugenio
Manfredi e l’Unipolsai Assicurazioni S.p.a., e condanna la B Holding S.p.a. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano per ciascuna parte resistente in
complessivi Euro 5.200,00, ivi compresi Euro 5.000,00 per compensi ed Euro
200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2015, nella camera di consiglio della
Sesta Sezione Civile

proposta mediante l’impugnazione del lodo definitivo, nel frattempo intervenuto, e

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