Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 439 del 11/01/2011

Cassazione civile sez. III, 11/01/2011, (ud. 15/11/2010, dep. 11/01/2011), n.439

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18056-2006 proposto da:

C.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GIANGIACOMO PORRO 20, presso lo studio dell’avvocato DI

ROCCO BREZZA, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSUCCI BRUNO

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CI.DI. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 76, presso lo studio dell’avvocato FALCONI

FEDERICA, rappresentato e difeso dall’avvocato MAURINI VINCENZO

giusta delega a margine del controricorso;

CI.RI. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 76, presso lo studio dell’avvocato

FAIETA ANTONELLA, rappresentato e difeso dall’avvocato SABATINI

VITTORIO giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1050/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

emessa il 05/10/2005, depositata il 28/11/2005 R.G.N. 60/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/11/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato SABATINI VITTORIO;

udito l’Avvocato MAURINI VINCENZO;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FEDELI Massimo

che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I fatti di causa possono così sintetizzarsi sulla base della sentenza impugnata.

C.M. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Teramo Ci.Di. e Ri. e, dedotto di essere creditore nei confronti del primo, in forza di sentenza di condanna generica al risarcimento dei danni, ormai passata in giudicato, chiese che venisse dichiarata l’inefficacia nei suoi confronti, ex art. 2901 cod. civ., dell’atto di alienazione della quota di partecipazione di Giulianova Costruzioni s.n.c., stipulato tra Ci.Di. e il figlio Ri.. In subordine domandò che venisse accertata la simulazione della medesima cessione, con la condanna della controparte al risarcimento dei danni.

I convenuti contestarono l’avversa pretesa.

Con sentenza del 28 ottobre 2002 il giudice adito rigettò la domanda.

Il gravame proposto dal soccombente avverso tale decisione, è stato rigettato dalla Corte d’appello in data 23 novembre 2005.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione C. M. formulando quattro motivi.

Resistono con due distinti controricorsi, illustrati anche da memorie, Di. e Ci.Ri..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Col primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 2901 cod. civ., mancanza e contraddittorietà della motivazione. La censura ha ad oggetto l’affermazione del giudice di merito secondo cui l’attore non aveva dato la prova dell’eventus damni, perchè la costituzione in pegno di titoli per l’importo di circa 600.000.000 era indicativa di un’ampia disponibilità economica da parte del Ci.. E invero, secondo il decidente, la circostanza che il debitore fosse comunque titolare di quegli strumenti finanziari escludeva, di per sè, che l’intervenuta cessione avesse potuto causare una diminuzione della garanzia generica costituita dal patrimonio del debitore, rendendo ininfluenti anche tutte le argomentazione svolte dal giudice di prime cure in ordine alla possibilità di esperire la revocatoria contro l’atto di costituzione del pegno.

Secondo l’esponente, invece, il requisito del depauperamento del patrimonio del debitore sarebbe assolutamente incontestabile, posto che con la costituzione in pegno i titoli erano stati perciò stesso sottratti all’azione esecutiva avendo il creditore pignoratizio sugli stessi un privilegio invincibile.

1.2 Col secondo mezzo l’impugnante torna a lamentare inosservanza dell’art. 2901 cod. civ. e vizi motivazionali con riferimento all’affermazione della Corte d’appello secondo cui la ritenuta insussistenza di qualsivoglia pregiudizio patrimoniale in correlazione all’atto di cessione della quota imponeva il rigetto del motivo concernente la pretesa carenza di interesse all’esperimento dell’azione di simulazione, essendo state svolte nell’atto di gravame censure relative al solo eventus damni. Ribadisce per contro l’assoluta evidenza del suo interesse ad agire finalizzato all’accoglimento di entrambe le domande.

1.3 Col terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., errata ed omessa valutazione delle prove. La critica si appunta contro l’affermazione della Corte territoriale secondo cui la deduzione dell’esistenza di pretesi, ulteriori atti di disposizione del patrimonio, posti in essere dal debitore e impugnati col mezzo della revocatoria, era rimasta priva di riscontro, neppure potendo essere utilizzata, al fine di ritenere superflua la prova, la conoscenza del fatto da parte del decidente, in quanto scienza privata del giudice. Secondo l’impugnante tale affermazione sarebbe errata, avendo egli, per contro, indicato con precisione le cause alle quali aveva fatto riferimento, precisando numero di ruolo, udienza e giudice designato alla trattazione. Sostiene quindi con articolate argomentazioni la sussistenza di tutti i presupposti per l’accoglimento e dell’azione revocatoria e della domanda di simulazione.

1.4 Con l’ultimo motivo, infine, si denuncia violazione di legge con riferimento alla condanna al pagamento delle spese di lite che, per la fondatezza delle pretese azionate, non potevano essere poste a suo carico.

2 Il primo motivo di ricorso è fondato.

E’ principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (confr.

Cass. civ. 29 marzo 2007, n. 7767; Cass. civ. 15 febbraio 2007, n. 3470; Cass. civ. 14 ottobre 2005, n. 19963), che, in tema di azione revocatoria ordinaria, non è richiesta, perchè la domanda sia fondata, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, il che può dipendere non solo da una variazione quantitativa, ma anche da una variazione qualitativa di quel patrimonio. Con l’ulteriore corollario che l’incidenza dell’atto dispositivo deve essere provata dal creditore che agisce in revocatoria, mentre è onere del debitore, per sottrarsi agli effetti dell’azione contro di lui intentata, dimostrare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore.

Non è superfluo aggiungere che è lesivo del credito anche l’atto oneroso che sia collegato con uno o più atti successivi, da ritenersi convergenti, in ragione del breve periodo di tempo in cui siano compiuti o di altre circostanze, al medesimo risultato lesivo, e che il creditore il quale agisca in revocatoria non è tenuto a impugnare l’ultimo o gli ultimi atti con i quali venga perpetrata la compromissione della garanzia del credito, ma può rivolgere la propria impugnativa contro quello più significativo da un punto di vista economico o che meglio riveli gli elementi della frode (confr.

Cass. civ. 23 maggio 2008, n. 13404). In tale prospettiva quel che il debitore convenuto in revocatoria deve provare è la sua perdurante disponibilità finanziaria, non avendo alcun senso limitare tale verifica all’epoca dell’atto impugnato, come implicitamente affermato dal giudice a quo (confr. pag. 8 della sentenza impugnata).

3 Venendo al caso di specie, a fronte della deduzione dell’esponente secondo cui con la fuoriuscita dal patrimonio del debitore della quota di Giulianova Costruzioni s.n.c., cuore dell’attività imprenditoriale del cedente, il soddisfacimento del suo credito rischiava di essere più incerto e difficile, l’obbligato ha prodotto l’atto, di poco successivo all’alienazione impugnata, di costituzione in pegno di titoli per un importo di L. 600.000.000, assumendone il carattere indicativo di un’ampia disponibilità economica. E il decidente ha ritenuto così assolto l’onere probatorio gravante sul convenuto in revocatoria, in ordine alla capacità del suo patrimonio residuo di soddisfare le ragioni del creditore.

Il collegio ritiene fondate le critiche formulate dal ricorrente a tale valutazione.

E’ sufficiente al riguardo considerare che la concessione di un bene in pegno (al pari dell’atto costitutivo di ipoteca), è negozio di disposizione patrimoniale suscettibile di determinare una diminuzione della garanzia generica del debitore, potendo concretamente condurre, seppure in modo mediato, allo stesso risultato finale della alienazione del bene oggetto della garanzia reale, e quindi a un depauperamento dell’obbligato (Cass. civ., 14 ottobre 2005, n. 19963), di talchè del tutto irrilevante, ai fini che qui interessano, è il valore economico del bene stesso. Peraltro, a norma dell’art. 2787 cod. civ., il creditore in cui favore il pegno è costituito ha, in via di principio, il diritto di farsi pagare con prelazione, il che ancor più circoscrive le concrete possibilità per i creditori chirografari di fare affidamento, per la soddisfazione dei loro diritti, sulla cosa data in pegno.

In tale contesto la considerazione dell’atto costitutivo della garanzia come indice non già di depauperamento del patrimonio dell’obbligato, ma di idoneità dello stesso a far fronte alle obbligazioni assunte, è affetta da un’invincibile e grave illogicità.

Ne deriva che, in accoglimento del primo motivo di ricorso, nel quale restano assorbiti gli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello de L’Aquila in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’appello de L’Aquila in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2011

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