Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4388 del 18/02/2021

Cassazione civile sez. I, 18/02/2021, (ud. 22/10/2020, dep. 18/02/2021), n.4388

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8347/2019 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in Roma, Salita Di San

Nicola Da Tolentino 1/b, presso lo studio dell’avvocato Domenico

Naso, e rappresentato e difeso dall’Avvocato Cristiano Dalla Torre,

in forza di procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della CORTE di APPELLO di VENEZIA, depositata il

4/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/10/2020 dal Consigliere IRENE SCORDAMAGLIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 4 settembre 2018, ha respinto l’appello proposto da B.M., cittadino del (OMISSIS), proveniente dalla regione di (OMISSIS), avverso l’ordinanza notificatagli il 21 agosto 2017 con la quale il Tribunale di Venezia aveva rigettato la domanda di protezione internazionale, già richiesta dallo straniero alla competente Commissione territoriale, nelle tre forme (riconoscimento dello status di rifugiato; protezione sussidiaria; protezione umanitaria), e del pari respinta.

2. A sostegno dell’adottata pronuncia, la Corte di merito ha addotto che, stimato non credibile il racconto del richiedente in ordine alle ragioni che l’avevano costretto nel 2013 ad espatriare – a suo dire perchè ricercato dai ribelli dell’organizzazione indipendentista della regione di Casamance che avrebbero voluto arruolarlo nelle loro fila – non gli si poteva riconoscere lo status di rifugiato, nè gli era concedibile la protezione sussidiaria in nessuna delle forme previste perchè non ne ricorrevano i presupposti; ha, infine, escluso che il richiedente fosse meritevole del diritto alla protezione umanitaria, non avendo egli allegato specifiche ed attuali situazioni di vulnerabilità personali.

3. Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di B.M. è affidato a tre motivi.

4. L’amministrazione intimata si è difesa con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per motivazione apparente, e l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di fatto decisivo, in relazione al rigetto della richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato. Si deduce che la Corte territoriale aveva errato nel ritenere non attendibili le dichiarazioni del richiedente, risultando, piuttosto, che questi aveva sempre riportato, sia dinanzi alla Commissione Territoriale che al Giudice di primo grado, il nucleo fondamentale della vicenda che l’aveva indotto ad espatriare: ossia l’essere stato egli perseguitato dai ribelli di Casamance che nei loro attacchi depredavano le abitazioni e le distruggevano, le contraddizioni rilevate ricadendo invero su aspetti di dettaglio.

Il motivo è inammissibile.

1.1. Nella sentenza impugnata sono state puntualmente indicate ed illustrate le ragioni per le quali B.M. non è stato ritenuto credibile e non è stato stimato attendibile il racconto della vicenda che l’aveva costretto all’espatrio, evidenziando come fosse poco plausibile la circostanza che i suoi familiari continuassero a vivere nel villaggio di origine e, a distanza di molti anni, non lo avessero informato di perduranti e specifiche iniziative persecutorie adottate nei suoi confronti. Tale rilievo, peraltro, permette alla Corte di dubitare della stessa ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, nulla emergendo dalla ricostruzione in fatto di atti riconducibili al paradigma della persecuzione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 8.

1.2. Un simile argomentare non può essere certo considerato come manifestazione di motivazione inesistente o apparente, stando all’insegnamento impartito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830) secondo cui tali anomalie si esauriscono nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” ovvero nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

1.3. Lo stesso motivo è poi generico nella parte in cui non si comprende quale sarebbe stato il fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti del quale la Corte di appello avrebbe omesso la considerazione. Secondo il diritto vivente (Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831), infatti, avendo l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, siccome riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia, il ricorrente, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

1.4. Va, infine, ribadito il principio secondo il quale, ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello “status” di rifugiato (o di quelli per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b)), ove le dichiarazioni dello straniero siano inattendibili non è necessario un approfondimento istruttorio officioso (Sez. 1, n. 10286 del 29/05/2020, Rv. 657711); d’altro canto il tema della valutazione sulla credibilità del richiedente protezione internazionale, fatta oggetto del sindacato in cassazione attraverso il richiamo alle disposizioni disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta difforme da quella accertata dal giudice di merito, si sottrae allo scrutinio proprio del giudizio di legittimità (Sez. 1, n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549).

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione o la falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), in relazione al rigetto della richiesta di protezione sussidiaria e l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Si assume, al riguardo, che la Corte territoriale avrebbe immotivatamente escluso che le minacce e le violenze subite dai ribelli indipendentisti integrassero gli estremi del trattamento inumano e degradante posto in essere da soggetti privati, quand’invece avrebbe dovuto attivare i poteri di implementazione istruttoria per corroborare il racconto del richiedente; aveva, del pari, omesso, senza fornire alcuna contraria spiegazione al riguardo, di confrontarsi con le fonti dell’UNHCR che davano conto di come le sommosse indipendentiste continuino a verificarsi nella regione del Casamance.

Il motivo è inammissibile.

2.1. Quanto al profilo di doglianza che attinge la protezione sussidiaria nella forma di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), è sufficiente ripetere quanto dianzi affermato con riguardo al riconoscimento dello “status” di rifugiato, ossia che anche ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b)), ove le dichiarazioni dello straniero siano inattendibili, non è necessario un approfondimento istruttorio officioso (Sez. 1, n. 10286 del 29/05/2020, Rv. 657711) e che il tema della valutazione sulla credibilità del richiedente protezione internazionale, fatta oggetto del sindacato in cassazione senza l’allegazione di specifici fatti suscettibili di scardinare l’apprezzamento compiuto dal giudice di merito, si sottrae allo scrutinio proprio del giudizio di legittimità (Sez. 1, n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549).

2.2. Quanto al profilo di doglianza che attinge la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), se è pur vero che una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente, tuttavia, stando ai pacifici approdi della giurisprudenza di questa Corte, il detto obbligo può ritenersi adempiuto ove il giudice stesso abbia indicato specificatamente, come nel caso di specie, le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Sez. 6 – 1, n. 11312 del 26/04/2019, Rv. 653608), discendendone che l’accertamento sulla situazione generale del Paese di origine del richiedente costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità mediante la mera allegazione di informazioni desunte da fonti diverse o alternative, rispetto a quelle compulsate dal giudice di merito, che siano prive del carattere della decisività (Sez. 6 – 1, n. 32064 del 12/12/2018, Rv. 652087).

3. Con il terzo motivo, in relazione al rigetto della richiesta di protezione umanitaria, si denuncia sia la violazione e/o falsa applicazione di una norma di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sia l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dalla situazione di grave vulnerabilità del richiedente (esposto al rischio di arruolamento nelle schiere dei ribelli del Casamance, quale regione percorsa da una grave situazione instabilità) e dall’inserimento lavorativo e sociale dello straniero in Italia.

Il motivo è inammissibile.

3.1. Premesso che il ricorrente non ha specificamente indicato quando, come e dove avrebbe sottoposto alla Corte di merito e alla controparte documentazione attestante il dedotto inserimento socio lavorativo in Italia, del quale non si fa cenno in sentenza, è necessario sottolineare che, avendo il giudice censurato spiegato le ragioni per le quali non ha riscontrato l’esistenza di condizioni di vulnerabilità idonee a giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria, il relativo apprezzamento di fatto sfugge al controllo di legittimità.

3.2. I rilievi articolati dal ricorrente mancano di qualsivoglia confronto con l’interpretazione che della norma di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, ha offerto questa Corte regolatrice (Sez. 1, n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 01; Sez. 6 – 1, n. 17072 del 28/06/2018, Rv. 649648 – 01) e che, di recente, ha ricevuto l’avallo delle Sezioni Unite, con la sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062; interpretazione secondo la quale, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbiano rilievo, quindi, il livello di integrazione raggiunto in Italia o l’eventuale condizione di vulnerabilità allegata, quali elementi isolatamente ed astrattamente considerati. Poichè, infatti, il fine dell’indagine da compiersi è quello di verificare se il rimpatrio possa determinare per il richiedente la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in riferimento alla concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, la condizione di “vulnerabilità” del richiedente deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio.

Il ricorrente non ha, per contro, dedotto in ricorso di avere allegato nel giudizio di merito situazioni di vulnerabilità ulteriori, oltre quelle motivatamente escluse della Corte d’appello.

4. Il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza. Va dato atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00, oltre alle spese prenotate a debito. Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2021

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