Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4385 del 22/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4385 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: ESPOSITO LUCIA

ORDINANZA
sul ricorso 14007-2015 proposto da:
INPS ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in
persona del legale rappresentante, in proprio e quale procuratore
speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS
(SCCI) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELE DE ROSE,
ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO;
– ricorrente contro
ENEL SOLE SRL, in persona del legale rappresentante, elettivamente
domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio
dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato RENATO SILVESTRI;
– controricorrente contro
EQUITALIA SUD SPA 11210661002;

C U

Data pubblicazione: 22/02/2018

- intimata avverso la sentenza n. 8549/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
emessa il 28/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

RILEVATO CHE:

– L’I.N.P.S. (anche quale mandatario della S.C.C.I. S.p.A.)
propone ricorso con unico motivo avverso la sentenza n. 8549/2014
della Corte d’appello di Roma che ha respinto l’impugnazione
avanzata dall’Istituto contro la sentenza del Tribunale della stessa
città che aveva dichiarato non dovuto il credito di cui alla cartella di
pagamento opposta dalla ENEL SOLE SRL (società sorta a seguito del
d.lgs. n. 79/1999 di liberalizzazione del settore elettrico), con la
quale era stato richiesto il pagamento di contributi per indennità di
maternità. La Corte capitolina ha ritenuto, con riferimento all’obbligo
della società opponente, appartenente al gruppo E.N.E.L. S.p.A., che
l’art. 6 della I. n. 138/1943, che esonera l’I.N.P.S. dal pagamento
dell’indennità di malattia quando il datore di lavoro è tenuto, in base
a contratto collettivo, a corrispondere la retribuzione durante la
malattia del dipendente, fosse applicabile anche all’indennità di
maternità, con la conseguente insussistenza dell’obbligo di
versamento della relativa contribuzione all’I.N.P.S.;

– resiste

ENEL SOLE SRL con controricorso, illustrato con

memoria;

il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione

semplificata.
CONSIDERATO CHE

Ric. 2015 n. 14007 sez. ML – ud. 06-12-2017
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partecipata del 06/12/2017 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

- Con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia violazione degli
artt. 20, d.l. n. 112/2008 (conv. con I. n. 133/2008), e 6 L n.
138/1943, nonché vizio di motivazione, per avere la Corte di merito
ritenuto che la prima delle due disposizioni citate, che
nell’interpretare autenticamente l’art. 6 cit. ha previsto che «i datori
di lavoro che hanno corrisposto per legge o per contratto collettivo,

conseguente esonero dell’Istituto nazionale della previdenza sociale
dall’erogazione della predetta indennità, non sono tenuti al
versamento della relativa contribuzione all’Istituto medesimo», si
applicasse anche ai trattamenti e ai contributi per maternità, con la
conseguenza che, avendo il successivo comma 2, lett. a), dell’art. 20
cit. previsto l’obbligo per «le imprese dello Stato, degli enti pubblici e
degli enti locali privatizzate e a capitale misto» di versare «la
contribuzione per maternità» soltanto «a decorrere dal 10 gennaio
2009», nessuna contribuzione a tale titolo poteva l’INPS richiedere
per il periodo precedente;

– il motivo è fondato;

– questa Corte ha già avuto modo di chiarire che le società che,
come l’odierna controricorrente, derivano la loro genesi dal processo
di trasformazione dell’ENEL, sono obbligate al pagamento della
contribuzione per maternità anche per il periodo anteriore
all’1.1.2009, nonostante il versamento diretto del trattamento
dovuto alle lavoratrici madri, non essendo estensibile a tali contributi
l’esonero previsto dall’art. 20, d.l. n. 112/2008 (conv. con I. n.
133/2008), con riferimento ai contributi per malattia, in favore dei
datori di lavoro che abbiano corrisposto direttamente ai lavoratori la
relativa indennità (cfr. Cass. n. 15394 del 2017);

– a supporto di tale conclusione si è sottolineato che l’obbligo,
per tali società, di corrispondere ai propri dipendenti il trattamento di
maternità discende dai contratti collettivi, e non già dall’art. 1, d.P.R.
Ric. 2015 n. 14007 sez. ML – ud. 06-12-2017
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anche di diritto comune, il trattamento economico di malattia, con

n. 145/1965, che deve ritenersi disposizione ormai priva di efficacia
diretta, in quanto legata necessariamente all’esistenza dell’ente
pubblico economico denominato Ente Nazionale per l’Energia
Elettrica, già venuto meno a seguito della sua trasformazione in
società per azioni, per effetto del d.l. n. 333/1992, e poi
ulteriormente scomposto in più società a seguito della

128/1999 e dal successivo d.lgs. n. 79/1999, resa necessaria dal
rispetto degli obblighi derivanti dalla direttiva 96/92/CE;

-va, quindi, richiamato il principio che informa la materia degli
obblighi contributivi delle società partecipate da enti pubblici che
questa Corte di cassazione ha più volte recentemente affermato e
che si compendia nell’affermazione secondo cui nessuna deroga
all’ordinaria obbligatorietà del versamento dei contributi previdenziali
può discendere dalla origine di tali soggetti, trattandosi di società di
natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al
pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione
pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti
di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una
disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema
societario, la mera partecipazione – pur maggioritaria, ma non
totalitaria – da parte dell’ente pubblico (in tal senso Cass. n.
8591/2017 a proposito dei contributi per cassa integrazione
guadagni; Cass. n. 4274/2016; Cass. 27213/2013);

-va, altresì, ribadito – sulla scorta di Cass. S.U. n. 10232 del 2003 e
di Corte cost. n. 47 del 2008 – che il fondamento della previdenza
sociale sta nel principio di solidarietà e che il concetto di sinallagma,
inteso quale equilibrio di obbligazioni corrispettive, risulta
insufficiente alla rappresentazione del sistema previdenziale,
accompagnandosi all’apporto contributivo delle categorie interessate
il costante intervento finanziario dello Stato e quindi della solidarietà
generale, con la conseguenza che, non esistendo tra prestazioni e
Ric. 2015 n. 14007 sez. ML – ud. 06-12-2017
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liberalizzazione del mercato elettrico realizzata dalla legge delega n.

contributi un nesso di reciproca giustificazione causale e ben potendo
dunque persistere l’obbligazione contributiva a carico del datore di
lavoro anche quando per tutti o per alcuni dei lavoratori dipendenti
l’ente previdenziale non sia tenuto a certe prestazioni, il rinvio ai
criteri previsti per l’erogazione delle prestazioni dell’assicurazione
obbligatoria per le malattie, contenuto nell’art. 15, I. n. 1204/1971,

di per sé di estendere ai contributi per la maternità l’esonero
dall’obbligo contributivo previsto per i datori di lavoro tenuti a
versare l’indennità di malattia;

-va rilevato che dalle statuizioni di Cass. S.U. n. 10232 del 2003,
così come quelle di Corte cost. n. 47 del 2008, è dato ricavare un
principio di carattere generale relativo alla natura sostanzialmente
impositiva della contribuzione previdenziale pubblica ed all’assenza
di logiche di stretta correlazione tra obbligo contributivo e
prestazione alla stessa sottese;

-per altro verso, l’individuazione delle previsioni contrattuali
collettive quali fonti esclusive dell’obbligo di corresponsione
dell’indennità di maternità da parte della società controricorrente
assolve al compito di giustificare la persistenza di tale obbligazione a
seguito del venir meno dell’efficacia precettiva del disposto dell’art.
1, d.P.R. n. 145/1965: trattandosi di obbligazione di fonte collettiva,
e non più legale, il suo adempimento non può logicamente essere
invocato dall’odierna controricorrente al fine di garantirsi l’esonero
dal pagamento dei contributi previdenziali relativi all’indennità di
maternità;

– manifestamente infondato, poi, è il dubbio di legittimità
costituzionale argomentato da parte controricorrente sul presupposto
di una disparità di trattamento tra le società derivate dalla
trasformazione dall’ente pubblico e quelle generatesi dello scorporo
delle prime: tale dubbio, infatti, trae origine dal presupposto che
Ric. 2015 n. 14007 sez. ML – ud. 06-12-2017
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in tema di corresponsione dell’indennità di maternità, non consente

l’art. 1, d.P.R. n. 145/1965 continuasse a trovare applicazione anche
alle società derivanti dalla c.d. prima privatizzazione, laddove si è
visto che la sua efficacia precettiva deve ritenersi venuta meno a
seguito della trasformazione dell’ENEL in società per azioni;

-di conseguenza non può in alcun modo trarsi dall’art. 20, comma

di assoggettare le società rivenienti dal processo di trasformazione
dell’ENEL al pagamento dei contributi per maternità solo a far data
dal 1°.1.2009, come invece ritenuto dalla sentenza impugnata: tale
obbligo, infatti, doveva ritenersi immanente al sistema in ragione dei
rilievi di ordine sistematico dianzi enunciati, restando naturalmente
salva la facoltà del legislatore di renderlo manifesto attraverso
un’apposita disposizione di legge a carattere meramente ricognitivo
(cfr. in tal senso, tra le tante, Corte cost. nn. 230 del 2016, 346 del
2010, 401 del 2007);

-neppure possono desumersi argomenti contrari dall’art. 3, comma
2, I. n. 218/1990, che, oltre i diritti quesiti, ha fatto salvi «gli effetti
di leggi speciali e quelli rivenienti dalla originaria natura pubblica
dell’ente di appartenenza», giacché tale disposizione,
originariamente introdotta per i dipendenti degli enti creditizi e
successivamente estesa anche ai dipendenti dell’ENEL in virtù del d.l.
n. 198/1993 (conv. con I. 292/1993), si riferisce espressamente ed
esclusivamente alle situazioni giuridiche dei dipendenti degli enti
pubblici oggetto di trasformazione in soggetti di diritto privato e non
può in alcun modo costituire la base normativa per attribuire
situazioni di vantaggio in favore dei loro datori di lavoro;

-il ricorso, pertanto, va accolto e la sentenza impugnata va cassata
con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che
si atterrà ai principi di diritto enunciati, provvedendo, altresì, alla
liquidazione delle spese del giudizio di legittimità;

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2, d.l. n. 112/2008, cit., alcun indizio circa la volontà del legislatore

P. Q. M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia,
anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di
Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6.12.2017.

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