Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4382 del 24/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4382 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA
sul ricorso 14833-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587 in
persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO TRIOLO,
ANTONIETTA CORETTI, EMANUELE DE ROSE, VINCENZO STUMPO, giusta
procura in calce al ricorso;

– ricorrente contro
, MESITI SCHKELQIM;

-intimato avverso la sentenza n. 3455/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI del 3.6.2010,
depositata il 5/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/12/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli scritti.
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Data pubblicazione: 24/02/2014

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che si
riporta alla relazione scritta.
Fatto e diritto
Con la relazione redatta ai sensi dell’art. 375 e 380 bis c.p.c. si espone quanto segue:
“Con ricorso al Tribunale di Bari Mesiti Schkelqim, operaio agricolo a tempo determinato,
conveniva in giudizio l’Inps chiedendo venisse accertato il suo diritto alla differenza

di disoccupazione era stato corrisposto dall’Istituto sulla base del salario medio
convenzionale congelato all’anno 1995 – sosteneva che il medesimo trattamento doveva
essere invece calcolato, ai sensi del d.lgs. n. 146 del 1997, art. 4, sui minimi retributivi
previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle differenze
tra quanto spettante e quanto percepito;
La domanda veniva rigettata con sentenza che era riformata dalla Corte d’appello di Bari,
che accoglieva la domanda, riconoscendo il diritto del ricorrente alla inclusione nella
retribuzione utile per il calcolo della indennità di disoccupazione della quota di
trattamento di fine rapporto; Avverso detta sentenza l’Inps ricorre con un motivo;
L’intimato non si è costituito;
Con l’unico motivo l’Istituto ricorrente, lamentando violazione degli artt. 46, 51 e 55 del
CCNL operai agricoli e florovivaisti del 2002 in relazione all’art. 6 comma 4 lettera a) del
d.lgs. n. 314/97, all’art. 3 d.l. n. 318/96, conv. in legge n. 402/96, nonché in relazione agli
artt. 1362, 2120 cod. civ. ed all’art. 4 commi 10 e 11 legge 297/82, censura la sentenza per
avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di
disoccupazione, anche la voce denominata “quota di TFR” , la quale invece non dovrebbe
esserlo, per avere – contrariamente a quanto affermato la Corte territoriale – effettiva
natura di retribuzione differita;
Il ricorso è manifestamente fondato, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla sentenza
di questa Corte n. 202/2011 e da numerose altre conformi, con cui si è enunciato il
seguente principio:

dell’indennità di disoccupazione dell’anno 2005; il ricorrente – premesso che il trattamento

”Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente sentenza di
questa Corte n. 10546/2007 per cui “ai fini della liquidazione delle
prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto
con il salario medio convenzionale ex art. 4 del D.lgs. 16 aprile 1997 n.

146 – non è comprensiva del trattamento di fine rapporto”, va
ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto principio, la voce
denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da
quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di
disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti
stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui
all’art. 3 D.L. 14 giugno 1996 n. 318 convertito in legge 29 luglio 1996
n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione
dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in
difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo
escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata
dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione
degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva”;
La interpretazione di cui alle citate pronunzie è stata da ultimo avallata
dal legislatore, il quale, con l’art. 18 comma 18 del DL n. 98/2011,
convertito in legge 111/2011, ha stabilito che ” L’art. 4 del d.lgs. 16
aprile 1997 n. 146 e l’art. 1 comma 5 del DL 10 gennaio 2006 n. 2,
convertito con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006 n. 18, si
interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il calcolo delle
prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo

e

determinato, non è comprensiva della voce del trattamento di fine
rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva”.”.
Poiché la Corte condivide le considerazioni esposte nella relazione, e le
fa proprie, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata.

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Non essendo necessari poi ulteriori accertamenti in fatto la causa può
essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 comma 2 c.p.c. con il
rigetto della domanda di inclusione della quota di t.f.r. nella base di
calcolo dell’indennità di disoccupazione agricola chiesta.
Quanto alle spese dell’intero processo, sussistono giusti motivi

Corte, per compensare tra le parti le spese dell’intero processo.
PQM
La Corte

Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la
domanda di inclusione della quota TFR nella base di calcolo
dell’indennità di disoccupazione per il settore agricoltura. Compensa le
spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma il 12 dicembre 2013
l 1òì esidente

ravvisabili nel recente consolidamento della giurisprudenza di questa

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