Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4382 del 21/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/02/2017, (ud. 24/01/2017, dep.21/02/2017),  n. 4382

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 723/2016 proposto da:

P.G., P.S., P.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA LUDI SETTENIBRINI N. 30, presso lo studio

dell’avvocato LORETO ANTONELLO CHIOLA, rappresentati e difesi

dall’avvocato BRUNO MURA;

– ricorrenti –

contro

P.C., M.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 599/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 04/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

GRAZIOSI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, osserva quanto segue.

I ricorrenti hanno impugnato, a mezzo di quattro motivi, sentenza della Corte d’appello di Cagliari del 27 giugno-4 novembre 2014 che ha rigettato il loro appello avverso sentenza n. 1744/2002 del Tribunale di Cagliari, la quale ne aveva respinto la domanda di riconoscimento di un diritto di prelazione agraria. Gli intimati non si sono costituiti; i ricorrenti hanno depositato pure memoria.

Il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c..

Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 116 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4 e L. n. 590 del 1965, art. 31. Il giudice d’appello avrebbe errato nel ritenere non fornita una prova convincente sulla qualità di coltivatore diretto del padre dei ricorrenti, l’originario attore P.E.. Il motivo non può trovare accoglimento, patendo evidentemente di una inammissibile natura fattuale, che persegue una revisione dell’accertamento di merito ad opera del giudice di legittimità.

Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 184 c.p.c., nel testo vigente quando fu instaurato il giudizio di primo grado (10 giugno 1985): il giudice d’appello aderisce al giudice di prime cure laddove questo ha ritenuto che nelle conclusioni del 17 maggio 2001 i ricorrenti proposero una domanda nuova; ma all’epoca era legittimo proporre domande nuove. Pertanto i ricorrenti modificarono le conclusioni; ma già nella comparsa di risposta il convenuto aveva diretto le sue contestazioni solo su diverse tematiche.

Si tratta di una questione nuova: infatti la corte territoriale rileva che il primo motivo d’appello sosteneva che i ricorrenti nelle suddette conclusioni “avevano chiarito quanto già richiesto con l’atto di citazione”; e anche i ricorrenti, nella premessa, hanno ammesso (pagina 7 del ricorso) di aver contestato in appello di avere davvero compiuto una mutatio libelli, asserendo di avere soltanto chiarito la loro domanda.

Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. n. 817 del 1971, art. 7, comma 2: i giudici di merito hanno ritenuto che il padre dei ricorrenti esercitò il riscatto solo in quanto affittuario (L. n. 590 del 1965, ex art. 8) e non anche quale proprietario di fondi confinanti (L. n. 817 del 1971, ex art. 7, comma 2). Ciò non risulterebbe in atti. Il motivo non è autosufficiente perchè riporta solo la conclusione sub A della citazione, e insufficiente sulla questione è anche la premessa del ricorso.

Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e violazione del principio del contraddittorio; peraltro, il suo effettivo contenuto critica la “presunta carenza probatoria” della domanda di prelazione, e quindi integra una censura inammissibilmente fattuale, al pari del primo motivo.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato, nulla dovendosi disporre in ordine alle spese processuali per mancata costituzione degli intimati. Si dà atto che sussistono D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo.

PQM

Rigetta il ricorso. Nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2017

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