Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4382 del 18/02/2021

Cassazione civile sez. I, 18/02/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 18/02/2021), n.4382

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16371/2019 proposto da:

D.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via Augusto Riboty,

23, presso lo studio dell’avvocato Valeria Gerace, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1297/2019 della Corte d’appello di Roma,

depositata il 22/02/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– il processo trae origine dalla domanda di protezione nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ovvero della c.d. protezione umanitaria D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, proposta da D.S., cittadino del Mali;

– a sostegno della domanda egli ha allegato di essere fuggito dal suo paese in quanto perseguitato dalla sua famiglia a causa della sua omosessualità e spinto altresì dal timore di essere per questo arrestato;

– l’adito Tribunale di Roma, avanti al quale era stata impugnato il diniego della Commissione territoriale, ha respinto il ricorso e la decisione è stata appellata dal ricorrente avanti la Corte d’appello di Roma che ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello per mancanza di specificità dei motivi di impugnazione in applicazione degli artt. 704 quarter e 342 c.p.c.;

– la cassazione della sentenza di secondo grado è chiesta dal cittadino straniero con ricorso affidato a tre motivi;

– non ha svolto attività difensiva l’intimato Ministero dell’interno.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per avere escluso il riconoscimento della protezione internazionale nelle forme richieste;

– con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della direttiva Europea 2004/83/CE e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’onere probatorio per non avere la corte territoriale attivato il dovere di cooperazione acquisendo le fonti informative necessarie a verificare le condizioni di vita nel paese di origine del ricorrente ai fini dell’accertamento dei fatti rilevanti per il riconoscimento della richiesta protezione;

– con il terzo motivo si denuncia l’omesso/errato esame della storia del ricorrente in relazione alla violazione dei diritti umani in Mali;

– i tre motivi possano essere esaminati congiuntamente ed appaiono inammissibili per l’assorbente ragione che nessuno di essi censura la ratio decidendi posta dalla corte territoriale a fondamento della declaratoria di inammissibilità dell’appello e cioè il difetto di specificità dei motivi dedotti con l’appello; al contrario, le censure attengono al merito del diritto sostanziale negato al richiedente asilo senza aggredire la statuizione di inammissibilità pronunciata ai sensi dell’art. 342 c.p.c., statuizione che, pertanto, è divenuta giudicato;

– il ricorso è dunque inammissibile;

– nulla va disposto sulle spese stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2021

 

 

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