Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4381 del 23/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 23/02/2011, (ud. 21/12/2010, dep. 23/02/2011), n.4381

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28329-2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

S.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 57/2005 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 30/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale della Liguria dep. il 30/09/2005 che aveva, accogliendo parzialmente l’appello di S.M., riformato la sentenza della CTP di Genova che aveva parzialmente accolto il ricorso del medesimo avverso l’avviso di rettifica per Iva, Irpef e SSN per l’anno 1995.

La CTR aveva ritenuto fondato l’accertamento per l’Iva, in quanto fondato sull’omessa presentazione della dichiarazione(ma aveva riconosciuto le detrazioni e ridotto la percentuale di ricarico), e non quello relativo al consequenziale accertamento per le imposte dirette perchè quest’ultima dichiarazione era stata presentata e i presupposti erano diversi.

La ricorrente pone a fondamento del ricorso tre motivi fondati sulla violazione di legge e il vizio motivazionale. Il contribuente non ha resistito.

La causa è stata rimessa alla decisione in pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6, 28, 37, e 55, art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c. nonchè omessa e insufficiente motivazione.

La ricorrente deduce violazione dell’art. 55 predetto avendo la CTR ammesso in detrazione l’iva che invece non risultava dalle liquidazioni periodiche e vi era il suddetto vizio motivazionale nell’avere ritenuto detraibile l’iva annotata a matita sul registro dei corrispettivi e non sulle liquidazioni periodiche.

Il motivo è fondato.

Questa Corte (Cass. n. 12041/09) ha ritenuto che la mancata esposizione della maggior detrazione nelle dichiarazioni IVA periodiche ed in quella annuale esclude soltanto – secondo le disposizioni generali concernenti tale imposta – il diritto di detrarre l’eccedenza nell’anno successivo, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, oltre a quello di chiederne il rimborso nelle ipotesi e nei limiti contemplati dai commi successivi dello stesso art.; ma ciò non implica affatto che il contribuente, dopo aver versato (per ragioni cautelative o di altro genere) somme obbiettivamente non dovute, perda il diritto di chiedere la ripetizione dell’indebito, entro i termini e salve le preclusioni di legge.

Questa conclusione è conforme sia a principi generali, di rango costituzionale (capacità contributiva e di buona amministrazione) o propri del sistema tributario, per cui la dichiarazione non assume valore confessorio e non costituisce fonte dell’obbligazione tributaria (Cass. nn. 4755/2008, 1708/2007, 8362/2002), mentre i rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuente debbono essere improntati a collaborazione e buona fede (principio ora consacrato nella L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10); sia a principi del diritto comunitario. In tal senso, Cass. nn. 17067/2006 e 22774/2006, nella cui motivazione si legge che “la mancata esposizione del credito i.v.a. nella dichiarazione annuale non comporta la decadenza dal diritto di far valere tale credito, purchè lo stesso emerga dalle scritture contabili … conforme ai principi del diritto comunitario (Corte di Giustizia, sentenza 11 luglio 2002, C-62 Liberexim BV), secondo i quali il soddisfacimento del credito i.v.a. non è strettamente collegato al meccanismo della detrazione, potendo essere fatto valere anche mediante semplice istanza di rimborso”.

Orbene la CTR, nel momento in cui ammette in detrazione l’IVA sulle fatture d’acquisto non motivando sulle deduzioni dell’Ufficio relative alle omesse liquidazioni periodiche, viola il superiore principio.

Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 41, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6, 28, 37, e 55, art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c. nonchè omessa o insufficiente motivazione.

Assume che quanto affermato dalla CTR circa l’illegittimità dell’accertamento Irpef, attesocchè la dichiarazione non presentata era solo quella dell’Iva, violerebbe le superiori disposizioni in quanto, a parte elementi di comunanza tra i due tipi d’ imposta (per es. in tema di individuazione del momento della cessione) l’accertamento in questione presentava specifica-motivazione circa la identità del volume d’affari e corrispettivi evasi.

Il motivo è fondato.

Questa Corte (Cass. n. 19321/06, 792/2003, 4117/2002, 1953/2002), ha ripetutamente osservato che anche in difetto di una espressa previsione normativa deve ritenersi che i principi costituzionali di divieto di disparità di trattamento, legalità ed imparzialità amministrativa e imposizione fiscale in base alla capacità contributiva, stabiliti dagli artt. 3, 97 e 53 Cost., impongano all’Amministrazione finanziaria un vincolo a precedenti accertamenti sul valore degli stessi fatti economici effettuati ai fini dell’applicazione di altro tributo, quando le singole leggi d’imposta non stabiliscono differenti criteri di valutazione. Da tali premesse consegue che il richiamo al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, non può comportare alcun vizio determinante la nullità dell’avviso di rettifica dei corrispettivi dichiarati, in quanto, anche ai fini della rettifica i.v.a., l’ufficio può, a seguito di esame della contabilità, desumere la falsità di indicazioni sulle operazioni imponibili anche da presunzioni semplici, aventi i requisiti di gravità, precisione e concordanza (del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2). Pertanto l’affermazione apodittica contenuta nella sentenza della diversità delle imposte, onde l’omessa dichiarazione dell’IVA non giustificherebbe l’accertamento delle imposte dirette, viola il superiore indirizzo interpretativo, essendo in ogni caso omessa la valutazione sulla sussistenza delle superiori presunzioni.

Con il terzo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce violazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. e del D.Lgs. n. 417 del 1997, artt. 1 e 5 e omessa o insufficiente motivazione. Assume la ricorrente che la riduzione delle sanzioni iva era sfornita di ogni motivazione e l’implicito annullamento delle sanzioni era illegittimo.

Il motivo è assorbito dall’accoglimento del secondo motivo (relativo all’accertamento per imposte dirette) ed è fondato in relazione all’IVA in assenza di qualsivoglia motivazione sul punto.

S’impone pertanto la cassazione della impugnata sentenza con necessità di rinvio alla CTR della Liguria che si adeguerà ai superiori principi e provvederà anche sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla CTR della Liguria.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 21 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2011

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