Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4381 del 22/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4381 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: RUBINO LINA

ORDINANZA
sui ricorso 2471 -20 I Ò proposto da:
PRESIDENZA

DEI,

CONSIGLIO

DEI

NIINISTRI

C.F.80188230587, in persona del presidente del Consiglio p.t.,
MINISTERO DELL’UNIVERSFTY E DELLA RICERCA
SCIENTIFICA E TECNOLOGICA C.F. 80185250588, nonché
MINISTERO DELLA SALUTE C.F. 00811720580 E MINISTERO
ECONOMIA FINANZE C.E. 80207790587, in persona dei rispettivi
Ministri p.t., domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li
rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti contro
BARBVITI ANGELO), BET11 EMANUELE, BETTI STEFANIA,
CARIELLO DONATINA, CIARAMELLN 1,UIGLNIANDES

Data pubblicazione: 22/02/2018

LUIGIA MARIA CATERINA RITA, D’ALTERI° FABIO MARIA,
D’ALTERI° FRANCESCO MARIA, in qualità di eredi del de cuius
D’ALTERI° ESTERINO;
LA FLORESTA PANCRAZIO, MAGGIO ROSANNA, FRAGASSI
APOLLONIA, MANGIALARDI NICOLA, MANGIALARDI

MAZZOLA GIUSEPPINA, PALMA STEFANO, RESTUCCLik
GIOVANNI, SANNINO GAETANO, SIMEONE PIETRO,
TRISCARI CRISTINA, SALA FRANCESCO, elettivamente
domiciliati in ROMA piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di
Cassazione, rappresentati e difesi unitamente e disgiuntamente dagli
avvocati MAURO LO PRESTI, e VALTER GALLONE;

– controricorrenti contro
AVANZI PAOLO, FERRARI GIAMPAOLO;

– intimati avverso la sentenza n. 4333/2016 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 07/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 08/11/2017 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA
DECISIONE
Sannino Gaetano ed altri 52 medici iscritti a corsi di specializzazione in
data anteriore all’anno accademico 1991-1992 convenivano in giudizio
la Presidenza del Consiglio dei Ministri chiedendone la condanna al
versamento di un indennizzo per la mancata corresponsione della

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VINCENZO, nella qualità di eredi di MANGIALARDI RAFFAELE;

adeguata remunerazione prevista da alcune direttive comunitarie in
favore dei medici specializzandi.
La domanda dei medici veniva rigettata in primo e secondo grado in
quanto ritenuta prescritta in applicazione del termine di prescrizione
quinquennale previsto per i fatti illeciti.

del 2013, che riconosceva la diversa durata, decennale, della
prescrizione, qualificando il diritto fatto valere come diritto alla
corresponsione di una indennità derivante dalla mancata attuazione
delle direttive comunitarie e ne fissava la decorrenza iniziale al
27.10.1999, data di entrata in vigore della legge n. 370 del 1999.
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n.4333 del 2016 qui
impugnata, liquidava in favore di ciascun medico l’importo annuo di
euro 6.713,94 di cui alla legge n. 370 del 1999, per ciascun anno di
corso, tenendo conto anche del fatto che alcuni di essi avevano
acquisito due o tre specializzazioni.
La Presidenza del consiglio dei Ministri propone due motivi di ricorso
illustrati da memoria.
Resistono gli intimati con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, in
applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., su proposta
del relatore, in quanto ritenuto manifestamente infondato.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, ritiene di condividere la
soluzione proposta dal relatore, privilegiando la pronuncia di
inammissibilità del ricorso stesso.
Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 394
c.p.c. e degli elenchi di cui agli artt. 5,n.2 e 7,n.2 della direttiva del
Consiglio n. 75-362 del 1975, ovvero che la Corte non avrebbe
verificato che i professionisti richiedenti abbiano seguito un corso che
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Il ricorso in cassazione dei medici veniva accolto, con sentenza n. 586

sia comune ad almeno due paesi dell’Unione, e sostiene che tale
accertamento attiene alle condizioni per il riconoscimento del diritto,
per cui la mancanza di tali condizioni può essere rilevata anche
d’ufficio in ogni stato e grado, ed anche direttamente dalla Corte.
Riferisce, del tutto genericamente, che la mancanza di queste

dalla questione di prescrizione. Non denuncia l’omesso esame di essa
da parte dei giudici di merito.
Il motivo è inammissibile, in quanto attiene ad un accertamento in
fatto, alla luce di Cass. n. 23199 del 2016, secondo la quale “In materia

di responsabilità dello Stato italiano per mancata tempestiva
attuazione di direttive comunitarie, a fronte della pretesa risarcitoria
azionata deducendo l’inadempimento statuale alle direttive nn. 75/362,
75/363 e 82/76, per avere un inc(lico frequentato un corso di
specializzazione non indicato nell’art. 5 della direttiva 75/363 fra
quelli comuni a tutti gli stati membri dell’Unione europea, ma assunto
come equivalente ad un corso comune solo a due (o più) Stati, e come
tale indicato nell’art. 7 della direttiva, il giudice italiano è tenuto a
verificare in concreto se quella equivalenza si configuri o meno; tale
accertamento implica anche riscontri fattuali che deve compiere il
giudice di merito, sicché, in mancanza di indicazioni della parte circa
la sede dei gradi di merito in cui detto accertamento sia stato
effettuato ed il modo in cui si sia formato, la relativa questione è
inammissibile nel giudizio di cassazione, non configurandosi come una
mera “quaestio iuris” riconducibile all’art. 382, comma 3, c.p.c.”.
Con il secondo motivo, la Presidenza denuncia la violazione dell’art.
6, secondo comma, della legge n. 398 del 1989.
Osserva che agli specializzandi che hanno conseguito più di una
specializzazione è stato riconosciuto il diritto alla adeguata
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condizioni era stata segnalata in precedenza ma era rimasta assorbita

remunerazione per tutte le specializzazioni conseguite, mentre la legge
preclude a chi ha già fruito di una borsa di studio di fruirne una
seconda volta per lo stesso titolo.
La questione risulta inammissibile in quanto questione nuova,
proposta per la prima volta nel giudizio di legittimità : la ricorrente non

sentenza impugnata.
Si aggiunga che la formulazione della norma non pare attagliarsi
comunque alla fattispecie : in essa si indica il divieto di percepire più
volte borse di studio per uno stesso titolo, nel caso in esame non di
una borsa di studio si tratta ma di una indennità per la mancata
tempestiva attuazione di direttive comunitarie e inoltre, una diversa
specializzazione non appare riconducibile alla nozione di stesso titolo.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30
gennaio 2013 e la ricorrente ne è uscita soccombente, tuttavia essa è
esente dall’obbligo , ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002, del versamento di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a
norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Pone a carico della
ricorrente le spese di lite, che liquida in complessivi euro 6.000,00 oltre
200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione 1’8
novembre 2017
Il Presidente

dà atto di averla formulata in precedenza, né vi è traccia di essa nella

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