Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4381 del 21/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/02/2017, (ud. 24/01/2017, dep.21/02/2017),  n. 4381

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 362/2016 proposto da:

POSTE ITALIANE, S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

EUROPA 190, presso l’Area Legale Territoriale Centro di Poste

Italiane, rappresentata e difesa dall’avvocato ANNA MARIA ROSARIA

URSINO;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., C.F. (OMISSIS), già Milano

Assicurazioni S.p.A., in persona del suo procuratore, elettivamente

domiciliata in ROMA P.LE DELLE BELLE ARTI 2, presso lo studio

dell’avvocato GAETANO ANTONIO SCALISI, che la rappresenta e difende

unitamente e disgiuntamente all’avvocato LAURA VITA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3243/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO

SCODITTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Milano Assicurazioni s.p.a convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Roma Poste Italiane s.p.a. chiedendo la condanna al pagamento della somma di Euro 7.000,00 oltre accessori. Espose la parte attrice di avere richiesto a Banca Sai l’emissione di assegno bancario trasferibile dell’importo di Euro 7.000,00 intestato a C.G. e che l’assegno era stato pagato dalla convenuta presso la filiale di Verona in favore di soggetto diverso dal prenditore. Aggiunse che il soggetto si era presentato munito di carta d’identità e tesserino contenente il codice fiscale, chiedendo l’apertura di libretto di risparmio nominativo per il versamento dell’assegno, e di aver effettuato un secondo pagamento in favore del prenditore della somma. Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale adito rigettò la domanda. Avverso detta sentenza propose appello Milano Assicurazioni s.p.a. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello. Con sentenza di data 26 maggio 2015 la Corte d’appello di Roma accolse l’appello, condannando Poste Italiane s.p.a. al pagamento della somma di Euro 7.000,00 oltre interessi. Motivò la corte territoriale che trattandosi di responsabilità contrattuale era onere di Poste Italiane quale banca negoziatrice provare la non imputabilità dell’inadempimento, nel senso che la parte appellante aveva richiamato le prescrizioni ABI secondo cui nel caso di soggetto non conosciuto dagli impiegati l’identificazione deve avvenire con due documenti entrambi muniti di fotografia e si deve tenere conto della distanza tra il luogo di emissione del titolo e quello dell’agenzia ove viene presentato l’assegno. Aggiunse che nel caso in esame Poste Italiane non aveva adottato tutte le cautele del caso, non avendo acquisito due documenti con fotografia (il tesserino contenente il codice fiscale era privo di fotografia) e non avendo considerato la notevole distanza tra il luogo di residenza del prenditore (Roma) e la filiale di Verona e la circostanza dell’apertura contestuale del libretto di deposito a risparmio per l’accredito della somma. Ha proposto ricorso per cassazione Poste Italiane s.p.a. sulla base di due motivi e resiste con controricorso Unipol Sai Assicurazioni s.p.a. (già Milano Assicurazioni s.p.a.). Il relatore ha ravvisato un’ipotesi di manifesta infondatezza del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito. E’ stata presentata memoria.

Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1176 e 1992 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che Poste Italiane ha improntato la propria condotta alla massima diligenza, posto che il pagamento era avvenuto in favore di soggetto che appariva cartolarmente legittimato alla riscossione del titolo per essere munito di documento identificativo e codice fiscale in apparenza perfettamente regolari.

Il motivo è manifestamente infondato. Secondo l’orientamento prevalente di questa Corte, il R.D. n. 1736 del 1933, art. 43, comma 2 (legge assegni), nel disporre che colui che paga a persona diversa dal prenditore, o dal banchiere giratario per l’incasso, risponde del pagamento, disciplina in modo autonomo il pagamento dell’assegno non trasferibile, con deviazione sia dalla disciplina generale del pagamento dei titoli di credito di cui all’art. 1992 c.c., sia dalla regola generale che libera il debitore che esegua il pagamento in buona fede in favore del creditore apparente (art. 1189 c.c.), sicchè, in caso di pagamento di un assegno bancario non trasferibile in favore di chi non era legittimato, la banca non è liberata dall’originaria obbligazione finchè non paghi al prenditore esattamente individuato a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sulla identificazione dello stesso prenditore, trattandosi di ipotesi di obbligazione “ex lege” (Cass. 19 luglio 2016, n. 14777; 22 febbraio 2016, n. 3405; 31 marzo 2010, n. 7949; 12 marzo 2003, n. 3654; 9 febbraio 1999, n. 1098).

Vi è stato tuttavia in passato un indirizzo minoritario secondo cui il R.D. n. 1736 del 1933, art. 43, comma 2, laddove sancisce la responsabilità per il pagamento di un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore, si riferisce non alla persona fisica del prenditore, ma alla legittimazione cartolare, cioè alla persona che non è legittimata come prenditore, e, quindi, non comporta deroga ai principi generali in tema di identificazione del presentatore dei titoli a legittimazione nominale; ne consegue che colui che ha eseguito il pagamento ne risponde verso il prenditore soltanto se non ha usato la dovuta diligenza nell’identificazione del presentatore dell’assegno (Cass. 11 ottobre 1997, n. 9888; 25 gennaio 1983, n. 686; 9 luglio 1968, n. 2360). Anche seguendo tale indirizzo la decisione impugnata non è censurabile perchè rispettosa della regola dell’onere della prova incombente sulla banca pagatrice. Il giudice di merito ha valutato se sia stata usata la dovuta diligenza nell’identificazione del presentatore dell’assegno e ha concluso in termini sfavorevoli per la banca sulla base di un apprezzamento delle circostanze di fatto sindacabile nella presente sede solo per vizio di motivazione.

Con il secondo motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che il giudice di appello ha omesso di esaminare la circostanza rappresentata dal fatto che la spedizione del titolo non era avvenuta mediante posta assicurata, ma con posta ordinaria, e che se la spedizione fosse stata effettuata con posta tracciabile l’evento dannoso non si sarebbe verificato, sicchè l’evento era imputabile alla condotta negligente della controparte.

Il motivo è inammissibile, sotto due profili. In primo luogo, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. 7 aprile 2014, n. 8053; 27 novembre 2014, n. 25216). La ricorrente ha omesso di indicare con precisione se ed in quale sede processuale la circostanza di fatto della spedizione del titolo con posta ordinaria sia stata dedotta, avendo solo fatto riferimento generico alla sua deduzione sia in primo grado che in appello.

In secondo luogo va rammentato che la condotta tenuta dal traente un assegno di rilevante importo, sbarrato e non trasferibile, consistita nella spedizione del titolo medesimo al beneficiario, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, non assume alcun rilievo causale in riferimento all’evento produttivo del danno lamentato dallo stesso traente, determinatosi in ragione del successivo pagamento dell’assegno in favore di soggetto estraneo al rapporto cartolare, a seguito di riconoscibile falsificazione nel nome del beneficiario, giacchè detto evento è da ascrivere unicamente alle condotte colpose realizzate, nonostante l’evidente falsificazione, rispettivamente dall’istituto di credito che ha posto il titolo all’incasso e dalla banca che lo ha presentato in stanza di compensazione, non potendo essere invocata, al fine di radicare una concorrente responsabilità del traente, la disciplina recata dal D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 83 e 84, sul divieto di includere nelle corrispondenze ordinarie denaro, oggetti preziosi e carte di valore, giacchè attinente ai soli rapporti tra l’ente postale e gli utenti del medesimo (Cass. 30 marzo 2010, n. 7618; 4 novembre 2014, n. 23640). La circostanza di fatto della spedizione del titolo con posta ordinaria è pertanto priva di decisività.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 2.930,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2017

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