Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4379 del 23/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/02/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 23/02/2010), n.4379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RENO 21,

presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che lo rappresenta e

difende, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7533/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/03/2005 r.g.n. 10535/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

16/12/2009 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito l’Avvocato DE MARINIS NICOLA per delega FIORILLO LUIGI;

udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe specificata la Corte d’appello di Roma, in relazione alla domanda proposta da M.C. intesa ad ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto a successivi contratti a termine con i quali era stato assunto dalle Poste Italiane s.p.a. (14 ottobre 1997-31 gennaio 1998; 8 giugno 1998- 30 settembre 1998; 27 ottobre 1998-30 gennaio 1999, con proroga al 30 aprile 1999), in riforma della decisione di primo grado ha accertato la nullità della clausola di apposizione del termine relativa al primo di tale contratti – giustificata dalla società in ragione di esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali connessa alla privatizzazione dell’ente – e, per l’effetto, ha dichiarato che fra le parti si è instaurato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con decorrenza dal 14 ottobre 1997, condannando la società convenuta alla riammissione in servizio e al pagamento delle retribuzioni maturate dal momento di offerta della prestazione lavorativa dopo la disdetta, e cioè dalla data di ricevimento della lettera contenente la richiesta di tentativo di conciliazione inoltrata all’ufficio provinciale del lavoro; ha ritenuto assorbite le questioni relative alla invalidità dei successivi contratti a termine.

2. La società propone ricorso per Cassazione, con due motivi, deducendo che: 1) il contratto de quo doveva ritenersi legittimo alla stregua dell’accordo collettivo 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. del 1994, da intendersi – secondo la giurisprudenza di legittimità – espressione della autonomia collettiva, autorizzata, ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23, a introdurre ipotesi diverse di contratto a termine, in ragione delle esigenze connesse alla ristrutturazione dell’ente, senza necessità di provare che la singola posizione lavorativa fosse assegnata a termine perchè coinvolta nella detta ristrutturazione; 2) in subordine, l’offerta della prestazione di lavoro non poteva farsi coincidere con il mero invito al tentativo di conciliazione e, quanto alle retribuzioni maturate, doveva essere detratto l’aliunde perceptum in relazione ad attività prestate presso altri datori di lavoro dopo la cessazione del rapporto a termine con le Poste. Il lavoratore resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il motivo è fondato, in conformità con l’indirizzo ormai consolidato affermato da questa Corte in casi analoghi.

In particolare, sulla scia della pronuncia delle Sezioni unite 2-3- 2006 n. 4588, si è più volte affermato che l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063, 20-4-2006 n. 9245, 7-3-2005 n. 4862, 26-7-2004 n. 14011). Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato (v., fra le altre, Cass. 28-11-2008 n. 28450, 4-8-2008 n. 21062, 23-8- 2006 n. 18378).

Peraltro, come pure è stato ripetutamele affermato, in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998 (v., fra le altre, Cass. 1-10-2007 n. 20608, Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 23-8-2006 n. 18378), per cui il contratto in esame, anteriore a tale data, rientra, anche temporalmente, nella previsione collettiva, che legittima la apposizione del termine L. n. 56 del 1987, ex art. 23.

La Corte di merito, dunque, ha deciso in violazione dei suddetti principi di diritto, fondandosi sull’assunto secondo cui non sarebbe consentito autorizzare un datore di lavoro ad avvalersi liberamente del tipo contrattuale del lavoro a termine, senza l’individuazione di ipotesi specifiche di collegamento tra contratti ed esigenze aziendali cui sono strumentali.

2. Ne consegue l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo. La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio alla stessa Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, per l’esame della domanda attorea in relazione ai successivi contratti, dei quali, parimenti, il lavoratore ha dedotto la invalidità. Lo stesso giudice di rinvio pronuncerà sulle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2010

 

 

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