Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4378 del 22/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4378 Anno 2018
Presidente: SCALDAFERRI ANDREA
Relatore: BISOGNI GIACINTO

Rep.
ORDINANZA
cc. 10/10/17

sul ricorso proposto da
Dhib Abdelkerim, elett.te dom.to in Roma viale delle
Medaglie d’oro 110, presso lo studio dell’avv. Lino Mancini,
rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al
ricorso, dall’avv. Nicola Barsotti, fax n. 05831642087, p.e.c.
ba rsotti @pec. avvocaticol legati .it;
– ricorrente –

nei confronti di
Prefettura Latina e Ministero dell’Interno;
– intimati (+Aie::

avverso la ordinanza n. 15/2017 della jCorte di appello) di
Latina, emessa e depositata il 3 febbraio 2017, n. R.G.
9613
2017

67/17;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore

5‘7,2

Data pubblicazione: 22/02/2018

cons. Giacinto Bisogni;
Rilevato che
1. Il Giudice di pace di Latina ha respinto l’opposizione
di Abdelkerim Dhim al decreto di espulsione n.
121/16 del Prefetto di Latina ritenendo irrilevante la

della copia notificata del decreto di espulsione in
assenza di disconoscimento; rilevando la mancata
prova della richiesta di rinnovo del permesso di
soggiorno e ritenendo sufficientemente motivato il
decreto prefettizio.
2. Ricorre per cassazione Abdelkerim Dhib affidandosi
a sei motivi di impugnazione illustrati da memoria
difensiva.
Rilevato che
3. Con il primo motivo di ricorso si deduce error in
iudicando – violazione e/o falsa applicazione dell’art
360 comma 1 n. 3 c.p.c. – violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 18 d.p.r. 28 dicembre 2000 n.
445. Il ricorrente richiama la giurisprudenza di
legittimità (da ultimo Cass. civ. n. 17572/2010) che
afferma la nullità del decreto tutte le volte in cui
all’espellendo sia stata notificata una mera copia,
libera e informale, dell’atto.
4. Con il secondo motivo di ricorso si deduce error in

mancata attestazione di conformità all’originale

iudicando – violazione e/o falsa applicazione dell’art
360 comma 1 n. 5 c.p.c. – omesso esame di fatti
decisivi – travisamento della prova. Il ricorrente
contesta l’affermazione del Giudice di pace
sull’assenza di prova della domanda di rinnovo del

stato munito di permesso di soggiorno bensì di
visto di viaggio autorizzato dall’ambasciata italiana
a Tunisi e inoltre di aver richiesto durante il periodo
di validità un permesso di soggiorno per lavoro
autonomo.
5. Con il terzo motivo di ricorso si deduce error in

iudicando – violazione e/o falsa applicazione dell’art
360 comma 1 n. 5 c.p.c. – omesso esame di una
questione fondamentale rilevata e allegata ovvero
che la condizione del ricorrente (munito di visto di
viaggio e richiedente permesso di soggiorno) non
rientra nelle tassative ipotesi di espulsione previste
dall’ordinamento.
6. Con il quarto motivo di ricorso si deduce error in

iudicando – violazione e/o falsa applicazione dell’art
360 comma 1 n. 3 c.p.c. – violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 13 del d.lgs. 25 luglio 1998 n.
286 – violazione e/o falsa applicazione del principio
di tassatività dei motivi di espulsione – violazione
3

permesso di soggiorno e rileva di non essere mai

dei

principi

comunitari

e

costituzionali

di

proporzionalità e ragionevolezza.
7.

Con il quinto motivo di ricorso si deduce error in
iudicando – violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. – violazione e/o

legittimo affidamento.
8. Con il sesto motivo di ricorso si deduce error in

iudicando

violazione e/o falsa applicazione

dell’art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 c.p.c. – violazione
e/o falsa applicazione dei principi del procedimento
amministrativo – violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 3 della legge n. 241/1990 – travisamento
dei fatti.
Ritenuto che
9. In tema di espulsione dello straniero dal territorio
dello Stato, sussiste il radicale vizio della nullità del
relativo provvedimento prefettizio – per difetto della
sua necessaria formalità comunicatoria – tutte le
volte in cui all’espellendo venga comunicata una
mera copia, libera ed informale, dell’atto, non
sottoscritta dal Prefetto ne’ recante attestazione di
conformità all’originale, e senza che, neanche
successivamente, gli venga consegnata altra copia
debitamente autenticata, irrilevante essendo, ai fini
4

falsa applicazione del principio comunitario di

dell’eventuale sanatoria della detta nullità, che tale
copia venga invece prodotta soltanto in giudizio, e
al solo fine di attestare al Giudice che, nell’ufficio
depositario, giace l’originale dell’atto opposto. Tale
produzione persegue, difatti, finalità estranee a

del D.Lgs. 286/1998 e quattordici della legge
15/1968, e risulta del tutto inidonea a sanare il
vizio di nullità dell’atto, non rappresentando
tempestivo esercizio di autotutela da parte
dell’organo amministrativo e non essendo
invocabile il principio, valido per i soli atti del
processo, del raggiungimento dello scopo (Cass.
civ., sez. I, n. 17960 del 6 settembre 2004; Cass.
ci v. sez. VI-1, n. 17569 del 27 luglio 2010 e n.
13304 del 12 giugno 2014).
10.

Il Giudice di pace ha inoltre motivato la
decisione facendo riferimento a un permesso di
soggiorno non rinnovato o la cui richiesta di rinnovo
non è risultata provata laddove il ricorrente ha
dedotto e provato di essere entrato in Italia il 15
settembre 2016 (e di aver soggiornato nel nostro
paese) in virtù del visto rilasciato dall’ambasciata
italiana a Tunisi, così come ha dedotto e provato di
aver proposto richiesta di permesso di soggiorno

quella delineata dagli artt. 13 comma tre e sette

che ha provocato la sua convocazione presso la
Questura di Latina del 18 novembre 2016. Il ricorso
risulta fondato quindi anche in relazione alla
contestata sussistenza dei presupposti per
l’emanazione del decreto di espulsione (cfr.

Cass.

2016 e 12713 del 20 giugno 2016).
11.

Va pertanto accolto il ricorso e con decisione di
merito annullato il decreto prefettizio di espulsione.
L’amministrazione va condannata al pagamento
delle spese del giudizio di merito e di cassazione.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il provvedimento
impugnato e, decidendo nel merito, annulla il decreto di
espulsione. Condanna l’Amministrazione al pagamento delle
spese del giudizio di merito, liquidate in complessivi 1.200
euro, e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in
complessivi 2.150 euro di cui 100 per spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10
ottobre 2017.

civ., sez. VI-1, ordinanze nn. 8984 del 5 maggio

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