Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4378 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. I, 20/02/2020, (ud. 26/11/2019, dep. 20/02/2020), n.4378

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliera –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

D.M., nato in (OMISSIS), domiciliato in Roma, presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso nel

presente giudizio dall’avv. Aldo Corvelli, giusta procura alle liti

in calce al ricorso, che dichiara di voler ricevere le comunicazioni

relative al processo alla p.e.c. g.corvelli.pec.it e al fax n.

0881/1880484;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno – Commissione territoriale per il

riconoscimento della protezione internazionale di, elettivamente

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12 presso gli uffici

dell’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende

ope legis (fax 06/96514000; p.e.c.

ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it);

– resistente –

avverso il decreto n. 3001/2018 del Tribunale di Bari, emesso il

23.3.2018 e depositato il 27.3.2018, n. R.G. n. 16214/2017;

sentita la relazione in Camera di consiglio del Cons. Dott. Sergio

Gorjan.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

D.M. – cittadino della Costa d’Avorio – ebbe a proporre ricorso avverso la decisione della Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Foggia, che aveva rigettato la sua istanza di ottenimento della protezione poichè non credibile il racconto afferente le ragioni fattuali poste alla base dell’istanza e non sussistenti dati fattuali a sostegno delle condizioni di legge per godere degli istituti di protezione.

Il Tribunale di Bari adito ebbe a rigettare il ricorso poichè effettivamente non appariva credibile il racconto del richiedente asilo laddove asseriva d’essere dovuto fuggire per timore di essere ucciso da una gang criminale – i microbes – i quali, dopo averlo aggredito, alla sua denunzia del fatto alla Polizia, reagirono aggredendo anche la sua famiglia.

Inoltre il Collegio pugliese osservava come non concorrevano le condizioni per la protezione sussidiaria in quanto da documentazione ufficiale la situazione sociopolitica della Costa d’Avorio non era tale da poter ritenere concorrenti le condizioni richieste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c e neppure il ricorrente aveva fornito elementi fattuali lumeggianti sulla sua situazione di particolare vulnerabilità al fine della concessione della protezione umanitaria.

Il D. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto del Collegio barese articolando quattro motivi.

Il Ministero degli Interni – Commissione territoriale di Foggia non s’è costituito ritualmente, bensì ha depositato nota d’intervento.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dal D. s’appalesa fondato nei limiti di motivazione ed in tale misura va accolto.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia violazione del disposto ex art. 309 c.p.c. e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, lett. a), poichè il Collegio pugliese, preso atto dell’assenza della parte istante all’udienza non ebbe ad applicare l’istituto ex art. 309 codice di rito, bensì decise la causa così ledendo il diritto del richiedente asilo di sottoporre al Giudice ulteriori dichiarazioni.

La censura è priva di pregio giuridico posto che l’arresto di legittimità, evocato dal Tribunale a sostegno della sua motivazione di rigetto, risulta confermato da una recente pronunzia di questa Suprema Corte (Cass. sez. 1 ordinanza n. 6061 del 28 febbraio 2019 secondo cui in tema di riconoscimento della protezione internazionale dello straniero, nel procedimento di merito in unico grado, così come, prima delle modifiche di cui al D.L. n. 13 del 2017, nel giudizio di reclamo avanti alla corte d’appello, in caso di difetto di comparizione della parte interessata alla prima udienza, il giudice, verificata la regolarità della notificazione del ricorso e del decreto, deve decidere nel merito, non essendo applicabile l’art. 181 c.p.c., comma 1 e restando esclusa la possibilità di una pronunzia di improcedibilità per “disinteresse” alla definizione o di rinvio della trattazione (salvo che, in tal caso, si sia verificata un’irregolarità nelle notificazioni) o di non luogo a provvedere).

Per altro verso è insegnamento costante di questa Suprema Corte (cfr. Cass. sez. 2 n. 28923 del 27 dicembre 2011 e n. 28420 del 19 dicembre 2013) che i procedimenti in Camera di consiglio,per loro struttura e natura, sono informati da impulso officioso una volta instaurati ad istanza della parte, sicchè il Giudice deve comunque procedere alla definizione anche in assenza della parte istante all’udienza di discussione.

Quindi, se anche l’eventuale disposto rinvio, ai sensi dell’art. 309 c.p.c., non inficia il procedimento e la successiva decisione, tuttavia la scelta del Giudice di decidere comunque la causa è corretta poichè connaturata alla natura e funzione del procedimento in Camera di consiglio, finalizzato alla sollecita definizione della questione sottoposta al Giudice.

Con la seconda ragione di doglianza il ricorrente deduce violazione delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 4 e 14, poichè il Collegio barese ebbe a ritenere intrinsecamente non credibile il suo racconto.

Viceversa sostiene il ricorrente la sua pretesa non appariva manifestamente infondata, siccome ritenuto dal Tribunale, poichè sussistono anche decisioni di merito favorevoli a cittadini della Costa d’Avorio in situazioni analoghe alle sue ed un tanto andava valorizzato anche ai fini del godimento del patrocinio a spese dello Stato.

Inoltre rileva il ricorrente il suo racconto appare coerente e credibile e, se ascoltato in udienza, avrebbe potuto fornire ulteriori elementi di conforto, che comunque in situazione di dubbio era onere di collaborazione del Giudice, prescritto dalla legge, acquisire d’ufficio ulteriori dati informativi specie con riguardo alla situazione socio-politica della Costa d’Avorio.

L’argomentazione critica svolta non appare sufficientemente specifica posto che il ricorrente lamenta la statuizione del Tribunale in punto accertamento circa l’inesistenza delle condizioni per fruire del patrocino a spese dello Stato, senza però formulare uno specifico mezzo d’impugnazione al riguardo. Quindi il ricorrente lamenta che il Tribunale non ebbe a ritenere credibile intrinsecamente il suo racconto circa le ragioni della sua fuga dal Paese d’origine, ma al riguardo si limita a richiamare altre decisioni favorevoli a cittadini della Costa d’Avorio senza specificatamente illustrare vizi del ragionamento esposto dal Tribunale al riguardo della sua specifica posizione. Inoltre il ricorrente non lamenta l’omesso motivazione di fatti decisivi ovvero la inesistenza o la mera apparenza della motivazione, bensì deduce violazione di legge che però non sussiste, essendo rimesso al Giudice del merito la valutazione della credibilità del richiedente asilo secondo i canoni D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, ed un tanto il Collegio pugliese ha fatto giungendo a conclusione negativa per il ricorrente. Infatti il Tribunale ha puntualizzato come i fatti del racconto non risultano circostanziati e suffragati da riscontro concreto ed, anzi, l’assenza del richiedente asilo all’udienza lumeggia la mancata volontà di porre in esser quell’impegno alla collaborazione, cui è correlato il potere-dovere del Giudice di procedere all’assunzione ex officio di mezzi istruttori od informazioni.

Ha invece fondamento l’osservazione critica afferente il vizio che attinge la statuizione relativa al rigetto della protezione sussidiaria a sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c. Al riguardo va rilevato che il ricorrente ha rilevato che nè la Commissione territoriale nè il Tribunale hanno in alcun modo posto in discussione la provenienza del ricorrente dalla Costa d’Avorio, paese che attualmente vive una fase delicatissima di instabilità socio-politica, caratterizzata da conflitti etnici, politici e religiosi nella quale la situazione della sicurezza resta precaria anche a causa della presenza di forze irregolari e bande armate di ispirazione jijadista. Ma tali circostanze non sono state prese in considerazione dalla Commissione territoriale e nonostante ciò la domanda di protezione internazionale è stata respinta dal Tribunale sotto qualunque forma invocata.

Difatti è insegnamento di questa Suprema Corte che riguardo alle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente asilo – Cass. civ. sez. 1 n. 14283 del 24 maggio 2019, che in tema di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c, il potere-dovere di indagine d’ufficio del giudice circa la situazione generale esistente nel paese d’origine del richiedente, che va esercitato dando conto, nel provvedimento emesso, delle fonti informative attinte, in modo da verificarne anche l’aggiornamento, non trova ostacolo nella non credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente stesso riguardo alla propria vicenda personale, sempre che il giudizio di non credibilità non investa il fatto stesso della provenienza dell’istante dall’area geografica interessata alla violenza indiscriminata che fonda tale forma di protezione.

Nella specie il Tribunale di Bari s’è limitato ad operare generico riferimento a “sicure fonti internazionali” per concludere che in Costa d’Avorio non sussiste situazione di instabilità socio-politica tale da configurare situazione di conflitto generalizzato o violenza diffusa, così dando corpo al vizio denunziato dal ricorrente.

Con la terza doglianza il D. deduce violazione della disposizione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 32, comma 3 ed art. 19 T.U. Immigrazione poichè il Collegio di prima istanza non ha ravvisato il concorrere delle condizioni prescritte per la concessione della protezione umanitaria.

Con la quarta doglianza il ricorrente lamenta violazione delle norme dianzi citate, vizio di motivazione ed omessa pronunzia sempre in relazione alla statuizione del Tribunale di rigettare anche la sua richiesta di protezione umanitaria. Osserva il D. come in atti risultava precisa prova del suo percorso di inserimento nella società italiana – dedito a lavoro regolare e frequentante corsi di lingua e dedito al volontariato – dati del tutto ignorati dal Tribunale che ha statuito al riguardo utilizzando formula stereotipa non individualizzante, quindi esposto motivazione apparente.

Le esposte censure, da esaminarsi congiuntamente stante la loro connessione logico-giuridica, sono prive di fondamento posto che il Collegio barese ha puntualizzato che il richiedente asilo non ha fornito “riscontri individualizzanti circa aspetti di particolare vulnerabilità o violazione dei diritti umani che impediscono sotto il profilo oggettivo e soggettivo il rientro del richiedente nel suo Paese d’origine “. Dunque esiste precisa motivazione a sostegno della statuizione fondata sulla mancanza di allegazioni puntuali ed indicazione di elementi fattuali a loro conforto in relazione alla concorrenza di specifica situazione di vulnerabilità del richiedente asilo da tutelare.

A fronte di detta puntuale motivazione il ricorrente si limita ad apodittica affermazione contraria, mediante richiamo di sentenza resa in diverso caso particolare, ovvero ad enfatizzare dati lumeggianti il suo inserimento sociale, elemento insufficiente da solo – Cass. SU n 29460/19 – a fondare la decisione di accoglimento della richiesta di protezione umanitaria, senza neanche in modo specifico lumeggiare l’errore logico-fattuale commesso dal Tribunale nel ritenere l’assenza di elementi atti a dar fondamento alla specifica situazione di vulnerabilità.

In definitiva va respinto il primo, il terzo e quarto motivo di ricorso, mentre va accolto il secondo motivo nei limiti di motivazione, con rinvio della causa al Tribunale di Bari, in altra composizione, per nuovo esame.

Il Giudice del rinvio regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso nei limiti precisati in motivazione, rigetta il primo, terzo e quarto motivo di ricorso, cassa, in relazione al motivo accolto, il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Bari, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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