Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4375 del 20/02/2020
Cassazione civile sez. I, 20/02/2020, (ud. 15/11/2019, dep. 20/02/2020), n.4375
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 36651/2018 r.g. proposto da:
D.Y., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,
giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato
Francesco Bonatesta, presso il cui studio è elettivamente
domiciliato in Ravenna, Viale della Lirica n. 43;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale
rappresentante pro tempore il Ministro;
– resistente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna, depositata in
data 22.5.2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/11/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bologna – decidendo sull’appello proposto da D.Y., cittadino del Gambia, avverso l’ordinanza emessa in data 13.10.2016 dal Tribunale di Bologna (con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal ricorrente) – ha confermato il provvedimento reso dal primo giudice, rigettando, pertanto, l’appello.
La corte del merito ha ritenuto che il racconto reso dal richiedente in ordine alle ragioni determinanti l’espatrio di quest’ultimo (pericolo di ritorsioni da parte del dittatore J. per una manifestazione politica legata alla distribuzione dell’acqua) non fosse credibile, in ragione delle numerose contraddizioni e dell’evidente volontà di nascondere da parte del richiedente i suoi reali dati anagrafici e la sua provenienza geografica. La corte territoriale ha, dunque, evidenziato che, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, la vera ragione dell’espatrio era da collegarsi a motivazioni di carattere economico, estranee ai presupposti applicativi dell’invocata protezione internazionale. Il giudice di appello ha, inoltre, osservato che il (OMISSIS) è avviato ormai lungo un percorso di democratizzazione interna e, dunque, non è riscontrabile alcun pericolo di persecuzione giudiziaria nei confronti del ricorrente per quelle manifestazioni di dissenso politico che il richiedente aveva allegato come ragione principale dell’espatrio. La corte di merito ha, inoltre, ritenuto infondata la domanda di riconoscimento della protezione umanitaria, in ragione della mancata dimostrazione di una condizione di soggettiva vulnerabilità del richiedente.
2. La sentenza, pubblicata il 22.5.2018, è stata impugnata da D.Y. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’amministrazione intimata non ha svolto difese.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
1.Con il primo motivo la parte ricorrente – lamentando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, – si duole dell’erronea valutazione di credibilità del richiedente svolta dal giudice di appello.
2. Con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione al diniego della reclamata protezione umanitaria.
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1 Il primo motivo è formulato in modo inammissibile.
Sul punto è necessario ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019). Più precisamente, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. sempre, Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019).
Orbene, osserva la Corte come, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, la parte ricorrente pretenda, ora, un’inammissibile rivalutazione del contenuto delle dichiarazioni rilasciate dal ricorrente e del giudizio di complessiva attendibilità di quest’ultimo, profilo che è irricevibile in questo giudizio di legittimità perchè non dedotto nel senso sopra chiarito e perchè comunque rivolto ad uno scrutinio di merito delle dichiarazioni che invece è inibito al giudice di legittimità.
3.2 Anche il secondo motivo di censura non supera il vaglio di ammissibilità. La parte ricorrente sollecita, anche attraverso questa censura, una rivalutazione da parte della Corte di legittimità dei presupposti fattuali sottesi alla reclamata protezione umanitaria, e ciò a fronte di una motivazione che, in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, ha evidenziato, con valutazioni in fatto, l’assenza di una condizione di soggettiva vulnerabilità del richiedente.
Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020