Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4373 del 24/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4373 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA

sul ricorso 6913-2013 proposto da:
MASSERELLI ADRIANA MSSDRN38L54E202P, elettivamente
domiciliata in ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 140, presso lo
studio dell’avvocato GAGLIARDI ANDREA, rappresentata e
difesa dagli avvocati FUMAROLA MAURO MAURIZIO,
GIANDOMENICO DANIELE;
– ricorrente contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE 80207790587, IN PERSONA DEL
MINISTRO

E

LEGALE

RAPP.TE

P.T.,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

Data pubblicazione: 24/02/2014

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende;
– controricorrente avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di GENOVA,
depositate il 17/08/2012j

udienza del 16/01/2014 dal Consigliere Dott. BRUNO
BIANCHINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
l’accoglimento del primo motivo prima parte / del
secondo e del terzo motivo del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo
1

Adriana Masserelli, con atto depositato il 27 dicembre 2011, agendo nella dichiarata

qualità di erede di Giovan Battista Masserelli, propose ricorso innanzi alla Corte di
Appello di Genova per sentirsi riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale,

Finanze, lamentando l’asserito mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’art. 6,

5

1, della Convenzione Europea, ratificata dall’Italia con legge 848/1955, per l’eccessiva
durata di una causa innanzi alla Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione
Toscana -tesa ad ottenere il riconoscimento del diritto ad una pensione di guerrainiziata con ricorso del defunto genitore , depositato il 25 novembre 1981 ; dichiarata
interrotta (per morte del ricorrente, avvenuta il 22 novembre 1993) il 29 settembre 1999
ed oggetto di successivo provvedimento di interruzione a’ sensi dell’art. 5 della legge
205/2000 emesso il 31 marzo 2011; riassunta dalla predetta Masserelli il 17 maggio 2011
e pendente al momento del deposito del ricorso ex lege 89/2001.

2 — La Corte genovese, pronunziando decreto depositato il 17 agosto 2012, accolse
parzialmente la domanda, riconoscendo il diritto della ricorrente -quale erede
dell’originario ricorrente nonché in proprio – ma espungendo dalla base di calcolo gli anni
intercorrenti tra il decesso del de cujus , ed il deposito del ricorso per riassunzione ,

nonché i primi due anni del procedimento — sul presupposto che essa avrebbero
rappresentato la durata “fisiologica” dello stesso- , liquidando euro 500,00 per ogni anno
di non giustificata durata del processo pensionistico; ritenne altresì la Corte distrettuale
che, non essendosi dedotta la prova della sussistenza di altri eredi ed in considerazione
della natura parziaria del diritti di credito entrati nel patrimonio del defunto, l’indennizzo
spettante alla Masserelli jure hereditario, dovesse essere liquidato nei limiti della
(determinanda) quota ereditaria, sulla complessiva somma di curo 4000,00
aggiungendovi euro 500,00 in relazione all’irragionevole durata del procedimento
presupposto, a partire dal momento la Masserelli sarebbe stata in causa in proprio,
dopo la riassunzione; condannò infine il Ministero resistente al pagamento delle spese di
lite, nella misura di curo 900,00.

ai sensi della legge 24 marzo 2001 n. 89, da parte del Ministero dell’Economia e delle

3 — Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso la Masserelli , sulla base di tre
motivi di annullamento, illustrati da memoria; il Ministero resistente ha notificato
controricorso.

Motivi della decisione
I—

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2 della legge

liquidazione dell’indennizzo, alla luce dei parametri identificati dalla giurisprudenza di
legittimità: deduce in particolare , da un lato, che la “posta in gioco” non avrebbe potuto
esser considerata di non particolare importanza, dal momento che si trattava del
riconoscimento di un trattamento pensionistico richiesto per infermità contratte durante
il periodo bellico; dall’altro, che la sottolineata mancata presentazione di una istanza
sollecitatoria sarebbe stata irrilevante, atteso che il R.d. 1038/1933 non prevedeva la
presentazione della c.d. istanza di prelievo ( per lo meno sino alla riforma del 2000)

I.a — Il motivo è in parte inammissibile, perché la valutazione della incidenza della
“posta in gioco” forma oggetto di una valutazione di merito e parte ricorrente non ha
esplicitato — oltre alla mera enunciazione della causa petendi — in qual modo l’originario
ricorso si sarebbe caratterizzato, al fine di superare il giudizio appena esposto; la censura
appare altresì infondata in ordine alla determinazione del quantum debeatur dal momento
che il parametro indennitario adottato dalla Corte territoriale rientra nell’ambito di
variabilità riconosciuto in sede di legittimità: in particolare più volte la Corte di
Cassazione ha ritenuto congrua la medesima misura per giudizi pensionistici innanzi alla
Corte contabile ( v. Cass. Sez VI-1 n. 17883/2013; Cass. sez VI-1 n. 14974/2012) in ciò
anche rifacendosi alle determinazioni contenute in sentenze CEDU che, relativamente a
giudizi di lunga durata davanti alle giurisdizioni amministrative nei quali gli interessati come nella specie- non risultavano aver sollecitato la trattazione e/o definizione del
processo, mostrando di avervi scarso interesse, ha liquidato un indennizzo forfetario per
l’intera durata del giudizio che, suddiviso per il numero di anni, ha oscillato tra gli
importi di Euro 350,00 e quello di Euro 550,00 per anno (cfr. procedimenti 675/03;
688/03 e 691/03; 11965/03).

fr.g.u.<-44-ut 89/2001 e dell'art. 6 della CEDU non avendo, la Corte del merito, applicato i criteri di — Con il secondo motivo viene denunziata la violazione dell'art. 6 della CEDU , con riferimento ai criteri di individuazione della durata irragionevole del processo, laddove la Corte di Appello ritenne di espungere dal calcolo di essa tutto il periodo intercorrente tra il decesso dell'originario ricorrente (1993) e la costituzione del suo erede (2011) senza darne adeguata motivazione e senza comunque considerare che , depositato il ricorso nel 1981, non sarebbe stata celebrata alcuna udienza sino al 2011 e quindi non vi sarebbe costituirsi in riassunzione. II.a — Il motivo suesposto — cui va aggiunto il profilo circa la irrilevanza della mancata presentazione della istanza di prelievo, enunciata nel mezzo che precede- è infondato perché la declaratoria di interruzione non condiziona l'attività degli eredi del ricorrente a chiedere di costituirsi per la prosecuzione del giudizio, evidenziando così la conoscenza del procedimento e la volontà di proseguirlo: la giurisprudenza citata nel ricorso riguarda la diversa questione della legittimazione dell'erede a far valere, pur se non costituito nel giudizio presupposto, il diritto all'indennizzo garantito al suo autore ma non la diversa e qui ricorrente questione se il periodo intercorso tra la morte del ricorrente e la costituzione degli eredi possa essere considerato ai fini dell'indennizzo. II.a.1 — Né a diverse conclusioni in merito alla computabilità del periodo tra il decesso dell'originaria parte nel giudizio presupposto e la costituzione dei suoi eredi potrebbe pervenirsi, traendo spunto dalla recente sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 585/2014 che, dirimendo un contrasto tra Sezioni semplici in merito alla possibilità che il contumace nel processo presupposto possa far valere un giudizio all'equa riparazione per la non congrua durata dello stesso, ha statuito la equiparazione — ai fini della possibile insorgenza del diritto al ristoro del danno non patrimoniale- tra parti costitute e parti chiamate a partecipare a quel giudizio, ma in esso non intervenute: ritiene infatti la Corte che, al di là di una mera analogia ricavabile dall'assenza nel processo presupposto sia del contumace sia del chiamato all'eredità della parte originaria, le situazioni siano sostanzialmente differenti in quanto, il ribadito principio che presupposto ineliminabile per la legittimazione a far valere l'equa riparazione è l'incidenza che la non congrua durata del giudizio abbia su chi di quel giudizio sia chiamato a far parte, non può trovare fr eue144-e4 stata la possibilità di pronunziare l'interruzione al fine di consentire agli eredi di applicazione sin tanto che il chiamato all'eredità , a conoscenza della pendenza di quel procedimento, non si costituisca o non sia quanto meno chiamato in riassunzione: anche la citata decisione n. 585/2014 pone l'accento più sulla legittimazione del contumace alla proposizione del ricorso ex lege n. 89/2001 che sull'applicabilità allo stesso di quella che costituisce la caratteristica qualificante del diritto all'equo indennizzo - vale a dire l'automatismo probatorio relativo alla presunzione della sussistenza del costituzione in giudizio del contumace possa influire anche sull' an debeatur. II.a.2 - In termini analoghi circa l'essenzialità della costituzione dell'erede come condizione per far valere la sofferenza morale per l'ingiustificata durata del processo, si è recentemente espressa anche la Seconda Sezione della CEDU con la sentenza — di irricevibilità - del 18 giugno 2013, in causa Fazio + altri c Italia, in cui si è statuito che la qualità di erede di una parte nel procedimento presupposto non conferisce , di per sé, il diritto a considerarsi vittima della ,eventualmente maturata, durata eccessiva del medesimo e che l'interesse dell'erede alla conclusione rapida della causa difficilmente è conciliabile con la sua mancata costituzione nello stesso, dato che solo attraverso l'intervento nel procedimento l'avente diritto ha l'opportunità di partecipare e di influire sull'esito dello stesso. III — Con il terzo motivo ( numerato come secondo) viene denunziata la violazione e la falsa applicazione degli artt. 727 e 752 cod. civ. laddove si è ritenuto oggetto di frazionamento pro quota hereditaria il diritto dell'erede all'indennizzo spettante al proprio dante causa, in ispregio dell'ormai affermatosi indirizzo giurisprudenziale che sancisce la appartenenza alla comunione dei crediti vantati dal de cujus, limitando la frazionabilità ai soli debiti ereditari (Cass. Sez. Un. 28 novembre 2007 n. 24657) III.a — Ritiene il Collegio che la ricorrente sia carente di interesse a sindacare tale metodo di liquidazione nel momento in cui non afferma la coesistenza di altri eredi, così che, rebus sic stantibus, la formulazione del dispositivo della Corte di Appello ( "condanna il predetto Ministro a corrispondere in favore della ricorrente la somma corrispondente alla sua quota ereditaria sull'importo di euro 4000") lascia la Masserelli in una situazione danno per indebita durata del processo- allorquando riconosce che la mancata di indifferenza onerandola solo, in fase esecutiva, di dimostrare la unicità della sua qualità di erede. III.a.1 — Ciò premesso peraltro non pare alla Corte che l'impugnato decreto si ponesse in contrasto con la ricordata statuizione delle Sezioni Unite,: ciò in quanto la sentenza n. 24657/2007 era diretta a negare la sussistenza di un'ipotesi di litisconsorzio necessario crediti già entrati nel patrimonio del de cujus cosa che, appunto, formò il presupposto della pronunzia della Corte genovese IV — Con il quarto motivo ( rubricato come terzo) viene denunziata la violazione e falsa applicazione delle norme - artt. 91 e 92 cpc — in materia di ripartizione dell'onere delle spese secondo quanto stabilito dalla tariffa allegata al d.m. 127/2004 in ragione dell'impegno difensivo spiegato: il mezzo non è accoglibile perché omette di specificare quale sarebbe stata la tariffa minima che avrebbe costituito il limite non superabile per la liquidazione d'ufficio V — Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate come da dispositivo P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidandole in euro 292,50, oltre spese prenotate e prenotande a debito. Così deciso in Roma il 16 gennaio 2014, nella camera di consiglio della seconda sezione della Corte di Cassazione Il consigliere estensore Il Preside e tra l'erede agente e gli altri coeredi, consentendo appunto a ciascuno di essi, di far valere

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