Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 437 del 10/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 437 Anno 2014
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: ACIERNO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 22561-2012 proposto da:
MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585 in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende,
ope legis;
– ricorrente contro

NDIAYE BAKAR;
– intimato –

avverso il provvedimento R.G. 170/2012 del GIUDICE DI
PACE di FIRENZE, depositato il 17/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 24/09/2013 dal Consigliere Relatore

Data pubblicazione: 10/01/2014

Dott. MARIA ACIERNO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. LUCIO CAPASSO che si riporta alla relazione

scritta.

“Il cittadino straniero, di nazionalità senegalese ha subito un primo
provvedimento di espulsione in data 8/9/2010 con intimazione a
lasciare il territorio italiano nel termine di cinque giorni. In data
16/10/2011 è stato fermato per violazione dell’art. 14 5 ter del
d.lgs n. 286 del 1998 e invitato a presentarsi presso la Questura di
Firenze. Accertato, sulla base delle risposte rese nel modulo
autocertificativo dal medesimo sottoscritto, che era privo di
permesso di soggiorno si disponeva un nuovo provvedimento di
espulsione in data 1/12/2011 con accompagnamento coattivo ma,
per impossibilità di eseguire con immediatezza la misura coercitiva,
il cittadino straniero veniva trattenuto presso il C.I.E di Roma.
Avverso il provvedimento di espulsione è stata proposta
opposizione ed il giudice di pace l’ha accolta affermando, per quel
che ancora interessa :
– che ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2008/115/CE deve essere
concesso al cittadino straniero un termine per la partenza
volontaria salve le ipotesi di pericolosità sociale, di precedente
richiesta respinta perché manifestamente fraudolenta o per la
sussistenza del pericolo di fuga;
– che, nella specie, esclusa incontestatamente la ricorrenza delle
prime due ipotesi, la mancata concessione del termine per la
partenza volontaria poteva giustificarsi soltanto sulla base
della sussistenza del pericolo di fuga;

che nella specie la ricorrenza di tale elemento veniva desunta
esclusivamente dalla mancata ottemperanza al precedente
ordine di allontanamento e dal conseguente timore di
un’inottemperanza ulteriore;

– che, infine, la predeterminazione delle ipotesi di rischio di fuga
fissate nel comma 4 bis dell’art. 13 del d.lgs n. 286 del 1998
novellato dal d.l. n. 89 del 2011, convertito nella legge n. 129

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis
e 360 bis cod. proc. civ., in ordine al procedimento civile iscritto al
R.G. 22561 del 2012,

del 2011 non rileva perché la norma in quanto in contrasto con
l’art. 3 della Direttiva deve essere disapplicata;

– la Direttiva consente di derogare al rimpatrio mediante
concessione del termine per la partenza volontaria e
conseguentemente di disporre l’allontanamento coattivo nella
specifica ipotesi del rischio di fuga, demandando al legislatore
nazionale d’indicare i criteri, fondati su ragioni oggettive, sulla
base dei quali valutare la concreta sussistenza del predetto
pericolo. La I. n. 129 del 2011 di conversione del d.l. n. 89 del
2011 indica le condizioni alla luce delle quali deve ritenersi
sussistente il rischio di fuga, ottemperando di conseguenza
alle prescrizioni della Direttiva. Pertanto, alla luce del quadro
normativo sopra delineato, deve ritenersi sussistente, secondo
la parte ricorrente, la condizione indicata, ravvisata sia nella
condotta pregressa di sottrazione al precedente ordine di
allontanamento sia nel pericolo di sottrarsi a quello futuro.
Si deve, in conclusione, escludere qualsiasi contrasto tra la
Direttiva e la normazione interna di recepimento e comunque
ai sensi dell’art. 263 del TFUE ogni contrasto astrattamente
ipotizzabile non avrebbe potuto risolversi con la
disapplicazione ma soltanto con il rinvio pregiudiziale alla
Corte di Giustizia.
Il ricorso deve essere respinto ma la motivazione del
provvedimento impugnato, deve essere corretta ex art. 384,
ultimo comma, cod. proc. civ.
– 1.L espulsione opposta è stato emessa dal prefetto nella
vigenza del sistema normativo di attuazione della Direttiva CE
n. 115/2008, ovvero ai sensi dell’art. 13, comma secondo del
d.lgs n. 286 del 1998, così come modificato dal d.l. 23/6/2011
n. 89, convertito nella I. 2/8/2011 n.129. Alla luce di questo
nuovo regime giuridico, la misura deve essere disposta “caso
per caso” (comma secondo del citato art. 13) e nel caso in cui

Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il
Ministero dell’Interno affidandosi al seguente articolato motivo :

– 1.1.11 comma quarto del novellato art. 13 predetermina le
ipotesi in cui il questore può eseguire l’espulsione
coattivamente (con accompagnamento immediato alla
frontiera o con le modalità indicate nel successivo art. 14).
Esse sono : a) la pericolosità sociale; b) il rischio di fuga; c) la
domanda di permesso di soggiorno respinta perché
manifestamente infondata o fraudolenta; d) l’inosservanza del
termine per la partenza volontaria; e) la violazione delle
misure di controllo disposte dal questore nella pendenza del
termine per la partenza volontaria; f) nell’ipotesi di espulsione
che consegue ad una misura di sicurezza od una misura
sostitutiva o alternativa alla detenzione; g) in assenza della
richiesta di un termine per la partenza volontaria.
dall’esame del
incontestato,
risulta
specie
2 Nella
provvedimento del giudice di pace e del ricorso per cassazione
che l’esclusione della concessione del termine per la partenza
volontaria sia dettata dal del rischio di fuga, desunto
dall’inottemperanza al precedente ordine di allontanamento
conseguente all’espulsione del 2010.
2.1 Nella trasposizione interna della Direttiva il rischio di fuga
si ravvisa ogni qual volta si verifichi almeno una delle seguenti
condizioni :
– a) mancato possesso di passaporto o documento equipollente;
– b) mancanza di idonea documentazione atta a dimostrare la
disponibilità di un alloggio;

venga richiesta al Prefetto da parte dello straniero destinatario
del provvedimento espulsivo, la concessione di un periodo per
la partenza volontaria, quest’ultimo, “con lo stesso
provvedimento di espulsione” può intimare allo straniero di
lasciare il paese in un termine modulato dai sette ai trenta
giorni o, in mancanza dei requisiti per la partenza volontaria,
può ordinare al questore di procedere con l’esecuzione
coattiva.

c) avere in precedenza dichiarato o attestato falsamente le
proprie generalità;

– e)avere violato le misure di controllo disposte dal questore
durante la pendenza del termine per la partenza volontaria.
La predeterminazione dei criteri sulla base dei quali scrutinare la
sussistenza del rischio di fuga costituisce un doveroso
adempimento legislativo, espressamente previsto dalla Direttiva,
dal momento che la stessa, al n. 7 dell’art. 3, nella definizione di
“rischio di fuga” rimette alla legge (dei singoli Stati) la
indicazione dei motivi basati su criteri obiettivi dai quali ritenere
sempre, previa valutazione del singolo caso, la sussistenza del
rischio predetto. Inoltre nel § 4 dell’art. 7 della Direttiva viene
precisato che gli Stati possono astenersi dal concedere il termine
per la partenza volontaria qualora ritengano che sussista il
pericolo di fuga. Sono invece dettagliatamente definite (ed il
nostro legislatore le ha recepite pressoché pedissequamente) le
misure di controllo dello straniero durante la pendenza del
termine per la partenza volontaria (§3 art. 7 Direttiva) da
adottarsi al dine di scongiurare il pericolo che si sottragga al
rimpatrio.
2.3.11 rifiuto di concedere il termine per la partenza volontaria,
nel caso di specie è astrattamente sussumibile nella lettera d) del
comma quarto dell’art. 13 del d.lgs n. 286 del 1998, dal
momento che è stata proprio l’inottemperanza al pregresso
ordine di allontanamento ad essere qualificata come condotta
sintomatica della volontà di sottrarsi all’esecuzione della
decisione di rimpatrio anche in questa seconda ipotesi.
3.C’è però da osservare che le misure espulsive, alla luce del
nuovo sistema normativo, contenuto nei citati artt. 13 e 14, così

d) non avere ottemperato ad uno dei provvedimenti emessi
dalla competente autorità in applicazione dei comma 5
(rispetto del termine per la partenza volontaria) e 13 (rispetto
del termine per il divieto di reingresso) e 14 (osservanza
dell’ordine di allontanamento ex comma 5 bis);

3.1.La “decisione di rimpatrio”, cui corrisponde il provvedimento
di espulsione amministrativa, nella definizione della Direttiva
consiste nella “decisione o atto amministrativo o giudiziario che
attesti o dichiari l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di
paesi terzi e imponga o attesti l’obbligo di rimpatrio”. Essa può
essere distinta, anche secondo la Direttiva, dall’ allontanamento,
(art. 8 § 3) ovvero dall’esecuzione dell’obbligo di rimpatrio. La
valutazione relativa alla concessione del termine per la partenza
volontaria costituisce, pertanto, una componente della decisione
di rimpatrio e non del successivo ordine di esecuzione. La I. n.
129 del 2011 ha pienamente rispettato questa indicazione della
Direttiva disponendo che sia il prefetto, sulla base di una
valutazione individuale, ad accogliere o rifiutare la richiesta di

come integrato dalla trasposizione della Direttiva 2008/115/CE,
intervenuta per effetto del d.l.n. 89 del 2011 convertito nella I.
129 del 2011, non possono essere la conseguenza automatica
dell’ inosservanza ad un ordine di allontanamento disposto ai
sensi dell’art. 14, comma 5 bis previgente, con brevissimo
termine per adempiere, (Cass. 18481 del 2011). Tale ultima
norma, così come costruita, nella formulazione anteriore
all’interpolazione intervenuta con la I. n. 129 del 2011, è stata
dichiarata in contrasto con i principi contenuti nella Direttiva
2008/115/CE, unitamente al successivo comma 5 ter dalla
sentenza della Corte di Giustizia C-61/11 (caso El Dridi) proprio
per l’incompatibilità dei predetti principi, con l’automatismo
espulsivo prodotto dalla sua applicazione, non essendo prevista
alcuna valutazione dei motivi che possono aver determinato il
mancato adempimento all’ordine di allontanamento né ai fini
della sanzione penale né ai fini della misura di rimpatrio coattivo.
Pertanto, la valutazione della sussistenza del rischio di fuga che
si fondi esclusivamente sull’inosservanza all’ordine di
allontanamento disposto sotto il regime giuridico degli artt. 14
comma 5 bis e ter previgenti, del d.lgs n. 286 del 1998, ritenuto
in contrasto con la Direttiva, non può reputarsi legittimamente
eseguita, non costituendo, in mancanza del presupposto della
valutazione individuale, un criterio validamente applicabile.

4.La valutazione posta a base del rigetto di quest’ultima istanza
si è fondata su di un criterio quale quello dell’inottemperanza al
pregresso ordine di allontanamento emesso sulla base di una
norma, non solo non più vigente ma anche dichiaratamente
incompatibile con i principi regolatori dei rimpatrio fissati dalla
Direttiva 115/2008/CE. Pertanto, il rifiuto di concedere un
termine per la partenza volontaria contenuto nel provvedimento
espulsivo è illegittimo, in quanto il parametro fondato
sull’inottemperanza al pregresso ordine di allontanamento,
previsto nell’art. 13 comma 4 bis lettera d) può trovare
applicazione soltanto se tale inottemperanza sia valutabile alla
luce del nuovo regime giuridico, fondato sulla trasposizione della
Direttiva più volte citata e non sulla normativa precedente,
dichiaratamente incompatibile con i principi della Direttiva dalla
citata sentenza della Corte di Giustizia relativa al caso El Dridi.
Peraltro l’obbligo d’intepretazione conforme della sentenza della
Corte di Giustizia e più in generale, l’obbligo di attenersi ad
un’interpretazione della norma interna in coerenza con i principi
della Direttiva, impone di ritenere che il provvedimento espulsivo
alla luce di questo nuovo sistema normativo sia da considerare
unico, e che la sua legittimità sia unitariamente valutata. La
decisione di rimpatrio, alla luce del nuovo regime giuridico si
compone infatti non più soltanto al riscontro dei requisiti
oggettivi previsti dalla legge (ingresso irregolare, mancanza di
permesso di soggiorno, etc.), comunque sottoposti ad una
valutazione caso per caso ma anche all’accertamento delle
condizioni soggettive per poter procedere al rimpatrio mediante
concessione di un termine per la partenza volontaria.
In conclusione, pur non condividendosi lo sviluppo argomentativo
seguito nel provvedimento impugnato, in quanto fondato
esclusivamente sull’esame della Direttiva e sull’esercizio di un

concessione del termine per la partenza volontaria, rimettendo al
questore l’esecuzione coattiva o l’adozione di misure di controllo
del cittadino straniero nella pendenza del termine.

potere di disapplicazione della norma interna non del tutto
centrato, il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso.

Il Presidente

Così deciso nella camera di consiglio del 24 settembre 2013

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