Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4368 del 23/02/2010

Cassazione civile sez. III, 23/02/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 23/02/2010), n.4368

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L. BISSOLATI

54, presso lo studio dell’avvocato QUARTA ANTONIO, che lo rappresenta

e difende, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.B.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3904/2008 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

18/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

La Corte:

Letti gli atti depositati.

 

Fatto

OSSERVA IN FATTO

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 25 marzo 2009 C.F. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 18 febbraio 2008 dal Tribunale di Roma, confermativa della sentenza del Giudice di Pace che aveva accolto l’opposizione proposta da S.B. al decreto ingiuntivo per il pagamento di onorari professionali a lui intimato.

2 – Il ricorso è inammissibile per due ordini di ragioni. In primo luogo per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, a cagione della assolutamente inadeguata esposizione dei fatti di causa, con particolare riferimento allo svolgimento del processo.

Occorre al riguardo ribadire che (Cass. n. 4403 del 2006; Cass. n. 13550 del 2004), ai fini della sussistenza del requisito della “esposizione sommaria dei fatti di causa”, prescritto a pena di inammissibilità per il ricorso per Cassazione è necessario, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, che in esso si rinvengano tutti gli elementi indispensabili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dovere ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, onde acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si collocano le decisioni censurate e i motivi delle doglianze prospettate.

Il ricorrente non ha soddisfatto il principio sopra ribadito; nel ricorso risultano omesse: la descrizione dei fatti che avevano ingenerato la controversia, la posizione delle parti e le difese spiegate in giudizio dalle stesse, le ragioni sottese alle statuizioni adottate dal primo giudice, persino la somma recata dal decreto ingiuntivo opposto.

3. – Sotto altro profilo, i due motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

Con il primo motivo il ricorrente lamenta contraddittorietà e insufficienza della motivazione. Il Tribunale ha negato che il C. abbia svolto attività professionale in favore dello S.. Il ricorrente censura la sentenza impugnata sotto il profilo che non ha indicato gli atti dai quali risulterebbe che l’attività professionale è stata svolta da altro professionista.

La censura è intrinsecamente inammissibile poichè viola il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione (la Corte di legittimità non ha accesso diretto agli atti). Inoltre il C. trascura che era suo onere dimostrate l’attività che asseriva avere svolto.

Con il secondo motivo egli denuncia violazione del D.P.R. 30 maggio 2202, (rectius: 2002) n. 15, art. 116 e dell’art. 36 Cost.. Però non formula alcun quesito e si limita a riferire una massima della Corte di Cassazione che, peraltro, non sembra attagliarsi al caso di specie, considerato che il Tribunale ha escluso che egli abbia svolto una qualsiasi attività professionale a beneficio dell’intimato.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte con la memoria non inducono a diversa statuizione poichè non contrastano i rilievi della relazione e si incentrano sul carattere iniquo della sentenza impugnata, cioè su una critica non consentita nel giudizio di legittimità;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla spese;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2010

 

 

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