Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4367 del 24/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4367 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 1113-2007 proposto da:
DELLO IACONO MARIO C.F.DLLMRA45M06A489X, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PUBLIO VALERIO 9, presso lo
studio dell’avvocato ROMANO MARIO, rappresentato e
difeso dall’avvocato IANNACCHINO GIANLUIGI;
– ricorrente contro

CON CAMPIONE D’ITALIA, IN PERSONA DEL COMMISSARIO
PREFETTIZIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
MERULANA 234, presso lo studio dell’avvocato BOLOGNA
GIULIANO, che lo rappresenta e difende unitamente

Data pubblicazione: 24/02/2014

all’avvocato SPALLINO ANTONIO;
– contrari, corrente nonchè contro

POSERONA PARK SRL, IN PERSONA DEL CURATORE;
– intimata –

di MILANO, depositata il 05/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2014 dal Consigliere Dott. EMILIO
MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato Della Valle con delega depositata in
udienza dell’Avv. Spallino Antonio difensore del
controricorrente che ha chiesto il rigetto del ricorso
e depositata la cartolina di ricevimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 1749/2006 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.-Con sentenza dell’il marzo 2003 il tribunale di Como dichiarava la
carenza di legittimazione passiva del Comune di Campione di Italia in
relazione alla domanda con la quale Mario Dello Jacono ne aveva chiesto

violazione delle distanze legali.
Secondo il primo giudice, al momento della instaurazione del
presente giudizio, il Comune non era proprietario dell’area sulla quale
erano stati realizzati i fabbricati in questione, posto che con il
contratto di permuta del 1-6-1988 intercorso con Immobiliare Poserona
Park s.r.l. il Comune aveva ceduto alla predetta società alcuni
appezzamenti di terreno in cambio di due appartamenti che questa avrebbe
costruito.
Con sentenza dep. il 5 luglio 2006 la Corte di appello di Milano
rigettava l’impugnazione proposta dall’attore.
Nel confermare la decisione di primo grado, i Giudici rilevano che
con l’atto di permuta di cosa presente con cosa futura, le parti avevano
concordato l’ immediato trasferimento della proprietà del terreno con la
contestuale nascita dell’obbligazione di tenere un comportamento
necessario affichè la cosa futura (due appartamenti) fosse a sua volta
trasferita in proprietà alla controparte;
già con sentenza n. 1726/ 1997 del tribunale di Como, resa dal
inter partes, era stata accertato il trasferimento immediato della
proprietà
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Mario Dello

la condanna alla riduzione in pristino dell’immobile realizzato in

Jacono sulla base di un unico motivo.
Resiste con controricorso l’intimato, depositando memoria illustrativa.

1.1. – L’unico motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli
artt.1362 e 1552 cod. civ., censura la decisione gravata laddove aveva
qualificato il contratto intercorso fra le parti permuta di cosa presente
con cosa futura, quando alla luce dell’orientamento della Suprema Corte
il negozio de quo era un contratto misto di vendita e appalto ad effetti
obbligatori in cui la cessione del terreno era meramente accessoria
rispetto alla costruzione degli appartamenti, come il diverso valore
delle rispettive prestazioni stava a dimostrare.
1.2. – Il motivo è inammissibile
La sentenza ha fondato il decisum in base a una duplice ratio décidéndi,
ritenendo la immediata cessione della proprietà dell’area sulla quale
erano stati realizzati i fabbricati in base : a) all’interpretazione
della volontà negoziale, quale doveva desumersi dal chiaro e non
equivoco tenore letterale delle pattuizioni della contratto del 1-61988, che doveva qualificarsi come di premuta di cosa presente con cosa
futura; b) alla sentenza passata in cosa giudicata che aveva già
accertato il trasferimento immediato della proprietà dal Comune alla
predetta società.
Orbene, il motivo si limita a censurare la qualificazione giuridica del
contratto, peraltro sollecitando una diversa ricostruzione della volontà
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MOTIVI DELLA DECISIONE

negoziale attraverso temi di indagine che, non risultando trattati dalla
decisione impugnata, sono da considerarsi nuovi e, come tali,
inammissibili, avendo a oggetto accertamenti di fatto. Al riguardo
l’interpretazione del contratto, dal punto di vista strutturale, si

ermeneutica si articola in tre distinte fasi: a) la prima consiste nella
ricerca della comune volontà dei contraenti; b)

la seconda risiede nella

individuazione del modello della fattispecie legale; c) l’ultima è
riconducibile al giudizio di rilevanza giuridica qualificante gli
elementi di fatto concretamente accertati. Le ultime due fasi,

che sono

le sole che si risolvono nell’applicazione di norme di diritto, possono
essere liberamente censurate in sede di legittimità, mentre la prima
che configura un tipo di accertamento che è riservato al giudice di
merito, poiché si traduce in un’indagine di fatto a lui affidata in via
esclusiva – è normalmente incensurabile nella suddetta sede, salvo che
nelle ipotesi di motivazione inadeguata o di violazione dei canoni legali
di ermeneutica contrattuale, così come previsti negli artt. 1362 e
seguenti cod. civ.
Nella specie, da un canto, va osservato che la violazione dei criteri
ermeneutici di cui si è detto deve essere compiuta con riferimento al
concreto contenuto delle clausole contrattuali, di cui deve essere
riportato il contenuto in modo da dimostrare l’errore – determinante per
la decisione – compiuto dai Giudici nell’operazione ermeneutica: nella
specie il ricorrente non ha assolto tali oneri, essendosi, in realtà,
limitato a formulare una soggettiva interpretazione della volontà
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collega anche alla sua qualificazione e la relativa complessa operazione

negoziale,mentre neppure sono stati denunciati vizi della motivazione
secondo quanto previsto dall’art. 360 cod. pro civ.
Ma, ed è quel che più rileva, non risulta in alcun modo censurata
l’affermazione secondo cui la cessione immediata della proprietà aveva

parti, ritenuta evidentemente preclusiva di un riesame nel presente
giudizio. Qui occorre ricordare che, quando con il ricorso per
cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più
ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per
giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse
abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia
esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le
censure, affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di
impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, “in
toto” o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente
l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche una
sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero,
pur essendo stata impugnata, sia respinta, perché il ricorso o il motivo
di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto
nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse,
le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del
capo impugnato(Cass./6602/2005)
Il ricorso va rigettato.
Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico del
ricorrente, risultato soccombente
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formato oggetto di sentenza resa in altro giudizio reso fra le stesse

giusti motivi per la compensazione delle spese della presente fase.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso.

spese relative alla presente fase che liquida in euro 2.700,00 di cui
euro 200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per onorari di avvocato oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14 gennaio 201*
Il Cons. estensore

Il PreNnte

Condanna il ricorrente al pagamento in favore del resistente delle

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