Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4366 del 24/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4366 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: FALASCHI MILENA

condominiali —
Monitorio Mancato saldo

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 15470/07) proposto da:
AVV. SCARANO GERARDO, rappresentato e difeso in proprio ex art. 86 c.p.c. ed elettivamente
domiciliato presso lo studio dell’Avv.to Giovanni Viggiano in Roma, via Baldo degli Ubaldi n. 250;
– ricorrente contro
CONDOMINIO DI VIALE A. FILIPPETTI n. 27 – MILANO, in persona dell’amministratore pro
tempore, rappresentato e difeso dall’Avv.to Fermo Benussi del foro di Milano, in virtù di procura
speciale apposta in calce al controricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio
dell’Avv.tp Amedeo lwan Maini in Roma, piazza SS. Apostoli n. 81;
– controricorrente e ricorrente incidentale e contro

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Data pubblicazione: 24/02/2014

SOCIETA’ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI, in persona del legale rappresentante pro
tempore, domiciliata in appello presso lo studio degli Avv.ti Marco Varaldo e Alighiera Azzimi in
Milano, Corso Lodi n. 1;
– intimata –

ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 847 depositata il 20 marzo 2007.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 14 novembre 2013 dal
Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo
Gambardella, che — in assenza delle parti costituite – ha concluso per il rigetto del ricorso
principale, assorbito quello incidentale condizionato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 12 giugno 2000 Gerardo SCARANO proponeva, dinanzi al
Tribunale di Milano, opposizione avverso decreto ingiuntivo emesso in data 8.3.2000 dal
Presidente del medesimo ufficio su istanza del CONDOMINIO di via Filippetti n. 27 — Milano per
£. 8.401.347 quale somma residua dovuta per oneri condominiali relativi ai periodi 1.4.199831.3.1999 e 1.4.1999-31.3.2000 esponendo di nulla dovere e spiegava domanda per ottenere il
risarcimento dei danni nella misura di £. 1.200.000 “a titolo di risarcimento danni ai muri del
proprio immobile, causati da infiltrazioni di acqua provenienti dalla conduttura centrale di
riscaldamento”.
Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza del Condominio, il quale dava atto che dopo la
emissione del decreto opposto il condomino aveva eseguito il pagamento di £. 1.917.000, e
chiedeva ed otteneva il differimento della prima udienza per chiamare in giudizio la Reale Mutua

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nonché sul ricorso incidentale (R.G. n. 18535/07) proposto dal Condominio nei confronti del

Assicurazioni, nei cui confronti svolgeva domanda in garanzia per l’eventuale accoglimento della
domanda risarcitoria, costituita anche l’assicurazione chiamata, il giudice adito, respingeva
l’opposizione, con rigetto anche della domanda svolta dal condomino opponente, tuttavia
essendo rimasto accertato che quest’ultimo successivamente alla notifica del d.i. aveva

del residuo importo di E.921,54 (pari a £. 1.784.347), oltre alle spese di giudizio per entrambe le
parti.
In virtù di appello interposto dall’Avv.to SCARANO, con il quale lamentava che il giudice di prime
cure aveva erroneamente riferito i danni lamentati provenienti dalla conduttura centrale di
riscaldamento, per cui aveva ritenuto inammissibili le prove orali relative a tale episodio, oltre ad
avere erroneamente condannato l’opponente al pagamento degli interessi legali sull’importo
accertato come dovuto, la Corte di appello di Milano, nella resistenza degli appellati Condominio
ed assicurazione, rigettava il gravame e per l’effetto confermava la decisione di primo grado.
A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava che con l’atto di opposizione
l’appellante si era limitato a produrre i preventivi e consuntivi relativi alla gestione condominiale
per il periodo in contestazione, senza neanche illustrare le risultanze di tali documenti, ritenuta
tardiva (anche ex art. 641 c.p.c.) la ricostruzione contabile esposta nella memoria del 6.3.2002,
che rappresentava una prospettazione di fatto del tutto nuova rispetto alla generica formulazione
dell’atto di citazione. Aggiungeva che doppiamente inammissibili dovevano ritenersi le
considerazioni svolte dall’appellante nella comparsa conclusionale avanti alla medesima corte
distrettuale.
Quanto alla doglianza relativa agli interessi legali via via conteggiati dal Condominio osservava
che, dal tenore dell’atto di citazione di appello, la censura appariva rivolta contro la sola
statuizione del Tribunale recante la condanna accessoria e non coinvolgeva la determinazione
dell’ammontare del credito preteso dall’opposto; in ogni caso, non risultava formulata alcuna

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corrisposto l’importo di £.1.917.000, revocava il decreto, condannando lo stesso al pagamento

contestazione specifica sul punto nell’originario atto introduttivo della cognizione piena del
giudizio.
Concludeva che la censura relativa al mancato accoglimento della domanda riconvenzionale
risarcitoria atteneva ad istanza in ordine alla quale solo nella memoria istruttoria di replica, quindi

posto a fondamento della originaria richiesta, non appellata, peraltro, la ulteriore valutazione di
genericità dei capitoli di prova articolati dallo Scarano sul punto affermata dal giudice di prime
cure.
Avverso detta sentenza della Corte di appello di Milano Gerardo SCARANO proponeva ricorso
per cassazione, articolati tre motivi. Il Condominio resisteva con controricorso e proponeva, a sua
volta, ricorso incidentale condizionato con un unico motivo. La Reale Mutua non si è costituita
sebbene ritualmente intimata.
Fissata pubblica udienza per 1’8.4.2013, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per acquisire
copia della delibera assembleare di autorizzazione dell’Amministratore a stare in giudizio,
depositata il 4.6.2013.
Entrambe le parti costituite hanno presentato memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare vanno riuniti il ricorso principale e il ricorso incidentale, a norma dell’art. 335
c.p.c., in quanto attengono al medesimo provvedimento.
L’esame delle singole censure formulate con il ricorso principale deve essere preceduto
da quello della pregiudiziale eccezione di nullità della costituzione del Condominio, con
conseguente inammissibilità del ricorso incidentale, formulata da parte ricorrente, sotto il profilo
del difetto di deposito del mandato conferito all’Amministratore dall’assemblea condominiale di
autorizzazione per stare in giudizio, in considerazione vuoi della mancanza di prova dei poteri per

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tardivamente, risultava precisata la data del sinistro, il 4.11.1997, come evento diverso da quello

far valere originariamente pretese a lui non spettanti ex art. 1131 c.c., vuoi, anche, dalla
genericità del verbale di assemblea condominiale del 19.6.2007 prodotto, dal quale non risulta
conferito alcun mandato, limitandosi l’assemblea a prendere atto dell’esistenza del procedimento
e della volontà dei condomini di “coltivarlo” con l’avv. Benussi.

(sentenza n. 18331 del 2010), secondo cui, nell’offrire la corretta esegesi della norma contenuta
nell’art. 1131 c.c., comma 2 – a mente del quale l’amministratore può essere convenuto in
giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio – raccordandola con il
principio dell’attribuzione in capo all’assemblea di condominio del potere gestorio, ha affermato
che l’amministratore di condominio può anche costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza
sfavorevole, anche senza previa autorizzazione a tanto dall’assemblea, ma dovrà, in tal caso,
ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea per evitare pronuncia di
inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione.
Nella specie, a seguito della rimessione in termini disposta con ordinanza interlocutoria di questa
Corte, il controricorrente Condominio ha depositato in data 4 giugno 2013copia del verbale
dell’assemblea condominiale, relativa al conferimento del mandato per la costituzione nel
presente giudizio da parte dell’amministratore pro tempore Dario Guazzoni, ricorrendo peraltro il
caso affatto diverso di autorizzazione sussistente fin dal principio — per essere la delibera del
19.6.2007 — di cui è stata data tardivamente solo la prova in giudizio. In questa ipotesi, a norma
dell’art. 182 c.p.c., il giudice è tenuto – ove rilevi un difetto di rappresentanza, di assistenza o di
autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore – a provvedere
alla sanatoria di tale vizio, dovendosi equiparare la nullità della procura “ad litem” al difetto di
rappresentanza processuale (in tal senso Cass. SS.UU. n. 28337 del 2011), senza alcun effetto
preclusivo.

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L’eccezione è infondata alla luce del principio, convalidato dalle SS.UU. di questa Corte

Al riguardo, inoltre, non appaiono condivisibili i dubbi esposti dal ricorrente in ordine alla validità
del predetto verbale di assemblea del 19 giugno 2007 a conferire all’Amministratore i necessari
poteri per nominare quale difensore l’Avv. Benussi. Quanto alla pretesa genericità del tenore
della delibera — che ad avviso del ricorrente non conterrebbe alcun mandato o rappresentanza

in sostanza non è che un mandato all’amministratore a conferire la procura ad litem al difensore
che la stessa assemblea ha il potere di nominare, onde, in definitiva, l’amministratore non svolge
che una funzione di mero nuncius (v. Cass. sentt. n. 22294 del 2004 e n. 1422 del 2006; per un
orientamento difforme, v. le risalenti sentenze n. 1337 del 1983, n. 5203 e n. 7256 del 1986), per
cui anche solo esprimere la volontà di ‘coltivare’ il contenzioso costituisce valida delega, essendo
poi rimesso al difensore la scelta del tutto tecnica di modulare le difese sulla base della sola
resistenza ovvero proponendo anche ricorso incidentale.
Ciò posto, con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli
artt. 112, 115 e 645 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per non
avere la corte territoriale, confrontando i totali delle gestioni (alle voci ‘totali riparto’) per il
ricorrente pari a £. 20.182.387, con il totale delle n. 6 ricevute pagate dallo SCARANO fino al
13.3.2000, pari a £. 13.933.448, con l’aggiunta del versamento di £. 1.050.000 effettuato per la
gestione 1995/1996 dalla precedente condomina Macciardi-Scotti, ritenuto che il debito
dell’opponente ammontava a £. 5.158.658 e non già £. 8.401.347, come ingiunto nel decreto.
Prosegue il ricorrente che la corte di merito avrebbe, altresì, errato nel ritenere necessarie prove
orali per la ricostruzione contabile, avendo acquisita agli atti la prova documentale, solo precisati
gli importi di dare ed avere nella memoria (conclusionale) del 6.3.2002, che diversamente da
quanto affermato dal giudice del gravame non costituivano “ricostruzioni di fatto del tutto nuove”,
neppure indicati, in concreto, gli “elementi nuovi”. Il motivo a conclusione pone il seguente
quesito di diritto: “1) se il Tribunale prima, e la Corte di appello poi, essendo essi tenuti, hanno

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processuale all’amministratore — basti osservare come l’autorizzazione dell’assemblea a resistere

omesso di prendere in esame, e comparare, i consuntivi di gestione 1994-95/1998-99 e il
preventivo 1999-2000, voce “totale riparto”, con le n. 6 ricevute di pagamento eseguite dallo
Scarano, e prodotte nel proprio fascicolo con la iscrizione a ruolo della causa innanzi al
Tribunale; 2) se lo Scarano era tenuto ad articolare prove verbali per la conferma delle n. 6

parte del Condominio; 3) se a fronte di un decreto, che ingiunge il pagamento di una somma di
denaro è sufficiente la contestazione, fatta con l’atto di opposizione, che asserisce,
quantificandolo, un minore debito, ed a comprova produce i documenti giustificativi dai quali si
ricava la fondatezza di quanto asserito.”.
Il motivo va disatteso.
Correttamente la corte territoriale ha respinto il primo motivo dell’atto d’appello, dacché con detta
censura, suscettibile di esame diretto da parte di questa Corte essendosi denunziato un error in
procedendo, si era prospettata una variante al calcolo degli importi dovuti, quale effettuato dal
primo giudice, sulla base di enunciazioni da considerare generiche, in quanto non suffragate da
una specifica esposizione delle ragioni – nonché da un puntuale riferimento alla correlativa
necessaria prova documentale – per le quali il calcolo dovesse essere effettuato in funzione delle
cifre e dei tempi prospettati. Il medesimo difetto di specificità del motivo si riscontra, d’altronde,
anche in questa sede – sebbene i calcoli siano più dettagliati rispetto a quelli esposti nei motivi di
appello, ciò che, però, conferma di per se stesso l’inidoneità dei detti motivi – in quanto ciascuna
base di calcolo avrebbe dovuto essere – e non lo è – rapportata a fatti ed a tempi specificamente
indicati ed a documentazione anch’essa richiamata e riportata in osservanza al principio di
specificità dei motivi del ricorso.
In particolare la Corte distrettuale ha rilevato che lo SCARANO aveva prodotto soltanto i
preventivi e consuntivi di gestione condominiale dal 1°.4.1994 al 31.3.1995 e dal 1 0 .4.1999 al
31.3.2000, senza contestarne di dati, precisando che nell’atto di opposizione avanti al Tribunale il

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ricevute di pagamento esibite, pur nell’assenza di contestazione in merito alla produzione da

ricorrente aveva “laconicamente lamentato che ‘come da documenti che si produce, il debito
dell’istante per spese di conduzione condominiale ammonta, al più, a £. 5.158.738”, senza in
alcun modo illustrare le ragioni di un minore ammontare dell’esposizione debitoria (pagine 13 e
14 della sentenza).

che incentra la doglianza sostanzialmente sull’esistenza di n. 6 ricevute di pagamento,
circostanza peraltro ritenuta non vera dalla Corte distrettuale, per quanto sopra esposto e tanto
basta a ritenere la censura inammissibile.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di
diritto in relazione agli artt. 112 e 115 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione, per avere la corte di merito respinto la doglianza avverso la statuizione del
Tribunale di condanna del ricorrente alla corresponsione degli interessi ritenendo il motivo
inammissibile in difetto di una specifica deduzione in sede di opposizione, che – ad avviso del
ricorrente – andava rinvenuta nella contestazione dell’addebito di £. 8.401.347 invece di £.
5.158.682. Aggiunge il ricorrente che il conteggio effettuato dalla corte territoriale, avallando
quello del Tribunale, avrebbe determinato una duplicazione a danno dello Scarano. Il motivo
culmina nel seguente quesito di diritto: “Dica la Corte, consta toto che nei consuntivi di gestione
prodotti, alla voce ‘totale riparto’, che è quanto viene addebitato ai singoli condomini dopo
l’approvazione del bilancio condominiale da parte dell’assemblea dei condomini, viene ‘inserita’
anche la voce ‘addebiti-creditr=interessi, se è legittima la decisione del Tribunale, e della Corte
di appello, di condannare lo Scarano agli ulteriori interessi, per gli stessi periodi, già considerati e
inseriti per comporre la somma di £. 8.401.347, nonostante la contestazione specifica.
Dica altresì la Corte se Scarano, avendo contestato la somma ingiunta, ed avendo proposto una
minore somma a debito, con l’atto di opposizione aveva l’obbligo specifico di contestare
l’addebito di una quota per ‘interessi -.

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Tale affermazione del giudice a quo non risulta criticata da alcun argomento esposto nel motivo,

Anche detto motivo non può trovare ingresso stante l’acclarata infondatezza delle censure mosse
avverso la quantificazione del debito esposto dal Condominio, costituendo il credito degli
interessi pacificamente, sul piano genetico, un accessorio del capitale dovuto, seppure autonomo
ed azionabile separatamente, anche successivamente al credito principale già riconosciuto con

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norma di
diritto in relazione agli artt. 183, 184, 342, 329 e 346 c.p.c., oltre a vizio di motivazione per avere
la corte distrettuale rigettato la causa petendi risarcitoria di un sinistro diverso da quello
menzionato dalle controparti, che — di converso — era ben ricavabile dall’atto di opposizione,
contenenti i dati precisi di riferimento di fatto, dichiarando la inammissibilità delle prove formulate
nella seconda memoria (memoria istruttoria di replica di primo grado). Precisa il ricorrente che
quanto alla data del sinistro, la stessa sarebbe stata indicata dai testimoni, e non dal ricorrente
per evitare di ‘imbeccarli’. Il motivo pone il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte: 1) posto che
i capitoli di prova, dedotti con la memoria 6.3.2002 e 20.3.2002 attenevano alla dimostrazione del
sinistro vantato dallo Scarano con l’atto di opposizione, le prove, che tendevano alla
dimostrazione del luogo dove era avvenuto il sinistro stesso, e dei solleciti all’amministratore
operati dallo Scarano e delle spese affrontate per ovviare ai danni causati, potevano essere
considerate generiche o erano invece prove concrete?
2) posto che lo Scarano non ritiene di avere ‘svolto domande nuove’ rispetto all’atto introduttivo
del giudizio, l’opposizione al decreto, ma semplicemente illustrato, funzione propria delle
comparse conclusionali, le domande stesse, non è dovere giuridico del giudicante indicare quali
sono le domande nuove’ introdotte dallo Scarano, e che non coincidono con quelle dell’atto
introduttivo, pena la nullità della sentenza in parte qua, per omessa, insufficiente, contraddittoria
motivazione?”.

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decisione passata in giudicato (cfr Cass. 22 marzo 2012 n. 4554).

Del pari sono infondate le critiche formulate dal ricorrente con il terzo mezzo, che nel ribadire le
ragioni illustrate nel corrispondente motivo di appello (pag. 17 della sentenza impugnata), non
superano l’affermazione di inidoneità per genericità statuita dal giudice distrettuale quanto ai
capitoli di prova articolati dallo SCARANO, formulati senza alcuna indicazione della data e

ha precisato che le controparti si riferivano ad un sinistro verificatosi il 4.11.1997, come tale
diverso da quello posto a fondamento della sua domanda riconvenzionale. La Corte di merito,
con motivazione congrua ed esente da vizi, ha ritenuto di non dare ingresso alle prove orali, non
impugnata dal motivo la ritenuta genericità della doglianza.
Il ricorrente sostiene in buona sostanza che la corte territoriale nelle sue difese ha letto fatti
diversi da quelli realmente dedotti, non tenendo conto di alcuni passaggi argomentativi per
basare il suo convincimento; denunzia quindi il travisamento di quanto da lui riferito.
Tale travisamento, se davvero è stato commesso, costituisce motivo di revocazione, non di
ricorso per cassazione (v., tra le tante, Cass. 13 gennaio 1990 n. 92; Cass. 22 febbraio 1999 n.
1477). Anche se si volesse prescindere dall’osservazione che precede, resterebbe comunque
insuperabile il rilevo che il ricorrente ha certamente inteso censurare gli apprezzamenti di merito
espressi dalla corte distrettuale con argomentazioni esaustive e prive di vizi logici e giuridici,
dopo avere accertato la genericità (ovvero la tardività) delle difese del condomino inadempiente,
preteso danneggiato.
Passando all’esame dell’unico motivo del ricorso incidentale, espressamente indicato
come condizionato, proposto dal Condominio – con il quale si insiste nella domanda di
responsabilità in garanzia della Reale Mutua ex art. 1917 c.c. – va dichiarato assorbito in
conseguenza del rigetto del ricorso principale.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

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dell’epoca del sinistro, il quale solo nella memoria istruttoria di replica — e quindi tardivamente —

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato;
condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 14 novembre 2013.

complessivi €. 1.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi.

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