Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4364 del 20/02/2020
Cassazione civile sez. I, 20/02/2020, (ud. 10/10/2019, dep. 20/02/2020), n.4364
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32408/2018 proposto da:
K.A., elettivamente domiciliato in Roma Viale Eritrea, 20
presso lo studio dell’avvocato Giuttari Giorgio che lo rappresenta e
difende;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 540/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE
depositata l’8.10.2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/10/2019 dal cons. Dott. MARCO MARULLI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. K.A., cittadino (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Roma, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ha respinto il gravame dal medesimo avverso il diniego in primo grado delle misure di protezione internazionale ed umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione e falsa applicazione di legge in relazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), posto che le dichiarazioni del richiedente, diversamente da quanto creduto dai decidenti di merito, sono attendibili discendendo da una esposizione precisa e coerente; 2) della violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, e dell’art. 8 CEDU, posto che, venendo meno al dovere della cooperazione istruttoria, i decidenti di merito hanno omesso di accertare lo stato di integrazione sociale del richiedente nel nostro paese, nonchè la sua condizione di vulnerabilità in concreto e non solo con riferimento alla situazione del paese di origine e alle migliori condizioni di vita nel nostro; 3) della violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 24 Cost., posto che le sfavorevoli determinazioni adottate dai decidenti di merito sono state motivate sulla base di Coi non sottoposte al preventivo contraddittorio delle parti.
Non ha svolto attività difensiva l’amministrazione intimata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il primo motivo è inammissibile.
La Corte d’Appello ha escluso la ricorrenza delle condizioni per far luogo al riconoscimento delle invocate misure condividendo la valutazione di non credibilità de richiedente declinata dal primo giudice e dalla Commissione territoriale, “in quanto la vicenda narrata è generica ed è impossibile da verificare”, tanto più che “il motivo che aveva portato l’appellante ad uscire dal paese deve essere ricercato nello stato di fragilità economica e non nel timore di essere perseguitato”.
In tal modo il decidente ha formulato un giudizio che, nel mentre non è censurabile in guisa di errore di diritto – dal momento che esso consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (Cass., Sez. I, 5/02/2019, n. 3340) – inerisce per contro ad una tipica valutazione di merito, che non è frutto di un mero opinamento personale, ma il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi sulla base degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, (Cass., Sez. VI-I, 14/11/2017, n. 26921), non suscettibile perciò come tale di controllo in questa sede se correttamente motivata alla stregua dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., Sez. I, 7/08/2019, n. 21142).
3. Inammissibile è pure il secondo motivo.
La Corte d’Appello ha motivato il rigetto della misura invocata affermando che “non sussistono condizioni di particolari vulnerabilità del richiedente, non emergono legami familiari e sociali costruiti in Italia”, non essendo documentato lo svolgimento di un lavoro stabile e non potendo essere valorizzato il solo dato costituito dalle migliori condizioni di vita in Italia.
Impugnando il trascritto responso, il motivo interloquisce unicamente sul piano delle valutazioni di merito rimesse al decidente del grado e ne sollecita, senza peraltro qualificare in modo specifico la doglianza, generica e priva di spessore critico, una rimeditazione in questa sede viceversa preclusa alla Corte, attesi i limiti notori del giudizio di legittimità.
4. Inammissibile deve pure giudicarsi il terzo motivo di ricorso.
La Corte d’Appello ha rigettato il gravame escludendo, segnatamente, la sussistenza delle condizioni di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione alla regione di provenienza del richiedente ((OMISSIS)) sulla base delle risultanze tratte dal rapporto EASO 2017.
Fermo in principio che determinandosi nei riferiti termini il decidente del grado si è attenuto ai criteri dettati dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 che raccomandano di procedere all’esame della domanda “alla luce di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo”, va osservato, che la censura investe l’idoneità del mezzo di prova che non vizia ex se di nullità la pronuncia, ma la rende suscettibile di cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Orbene poichè nella specie la doglianza è stata articolata come violazione e falsa applicazione di legge senza indicare quale fatto decisivo per il giudizio sia stato omesso nella valutazione del giudice, il motivo non è scrutinabile e ne va perciò dichiarata l’inammissibilità.
5. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Nulla spese in difetto di costituzione avversaria e doppio contributo ove dovuto.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile Sussistono i presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 10 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020