Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4363 del 22/02/2018


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Civile Sent. Sez. U Num. 4363 Anno 2018
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: DE CHIARA CARLO

SENTENZA
sul ricorso 8115-2016 proposto da:
HERMITAGE CAPODIMONTE S.P.A., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
FRANCESCO SAVERIO NITTI 11, presso lo studio dell’avvocato
STEFANO GAGLIARDI, rappresentata e difesa dagli avvocati ANTONIO
NARDONE e LUIGI GRISANTI;

Data pubblicazione: 22/02/2018

- ricorrente contro
REGIONE CAMPANIA, in persona del Presidente pro tempore della
Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POLI 29,
presso l’Ufficio di rappresentanza della Regione stessa, rappresentata

– controricorrente avverso la sentenza n. 3723/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 22/09/2015.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18/07/2017 dal Consigliere Dott. CARLO DE CHIARA;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.
RICCARDO FUZIO, che ha concluso per l’accoglimento del primo
motivo del ricorso, assorbiti e comunque infondati il secondo ed il
terzo;
uditi gli avvocati Attilio Taverniti per delega dell’avvocato Antonio
Nardone e Alba Di Lascio per delega orale.

FATTI DI CAUSA

1.

La

Corte

d’appello

di

Napoli,

in

accoglimento

dell’impugnazione proposta dalla Regione Campania, ha annullato il
lodo con il quale, su domanda di accesso notificata il 25 ottobre 2008
dalla Casa di Cura Colucci, accreditata presso la Regione, quest’ultima
era stata condannata al risarcimento del danno derivante dalla sua
inerzia nel disporre – nonostante le richieste dell’interessata – la
riclassificazione in fascia funzionale A dell’attività sanitaria svolta
dall’attrice.
La Corte ha anzitutto esaminato la questione dell’applicabilità affermata dagli arbitri e contestata dall’impugnante con il primo

Ric. 2016 n. 08115 sez. SU – ud. 18-07-2017

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e difesa dagli avvocati ELENA LAURITANO e CORRADO GRANDE;

motivo d’impugnazione – del giudicato esterno costituito da un
precedente lodo arbitrale del 2005 favorevole all’attrice. Ha osservato
in proposito che quel lodo operava soltanto sul piano negoziale,
essendo stato pronunciato prima del 2 marzo 2006, data in cui era
entrato in vigore il nuovo art. 824 bis cod. proc. civ., introdotto dal

arbitrale gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria.
Ha pertanto accolto il primo motivo d’impugnazione.
In accoglimento del secondo motivo d’impugnazione, la Corte
ha quindi annullato il lodo impugnato davanti a sé sul rilievo del
difetto di

potestas iudicandí

degli arbitri, attesa la non

compromettibílità della controversia in quanto devoluta alla
giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 7 legge 6
dicembre 1971, n. 1034 e dell’art. 33 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80
come modificato dall’art. 7 legge 21 luglio 2000, n. 205, poiché la
domanda inerisce all’esercizio del potere di attribuire alla struttura
accreditata la “classificazione” appropriata in base ai requisiti
qualitativi quantitativi del servizio atteso, secondo le consistenze di
dotazioni e personale tecnico, sanitario e amministrativo; potere che
è espressione della conduzione del servizio pubblico sanitario.
2. La Hermitage Capodimonte s.p.a. (già Casa di Cura Colucci)
ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati anche con
memoria.
La Regione Campania si è difesa con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione
dell’art. 2909 cod. civ. e vizio di motivazione, si censura la mancata
applicazione del giudicato arbitrale del 2005, sostenendo che anche i

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d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 43, che attribuisce espressamente al lodo

lodi definitivi anteriori alla richiamata riforma del 2006 abbiano
efficacia di giudicato.
2.

Con il secondo motivo si censura la statuizione di

insussistenza della giurisdizione del giudice ordinario sia (a) sul rilievo
del precedente giudicato costituito dal lodo arbitrale del 2005, del

logico necessario; sia (b) perché la pretesa azionata riguardava il
riconoscimento di somme che la Regione aveva omesso di
corrispondere alla casa di cura, cosicché andava fatta applicazione
della riserva di cui all’art. 5, comma secondo, legge n. 1034 del 1971,
cit., che fa salva la giurisdizione del giudice ordinario sulle
controversie riguardanti «indennità, canoni ed altri corrispettivi».
3. Con il terzo motivo si lamenta che la Corte d’appello abbia
omesso di prendere in considerazione il decreto 22 agosto 2011, n.
62, con il quale il commissario ad acta per la prosecuzione del piano
di rientro del settore sanitario della Regione Campania aveva
ammesso la casa di cura alla fascia funzionale superiore, come
evidenziato nella comparsa conclusionale dell’impugnata. Tale
decreto, secondo la ricorrente, avrebbe imposto una decisione a lei
favorevole.
4. Il primo motivo e il profilo sub (a) del secondo motivo sono
inammissibili, non essendo stato prodotto il lodo del 2005 (esso non
viene neppure indicato dalla stessa ricorrente tra le sue produzioni
documentali).
Il secondo profilo – sub (b)

del secondo motivo è infondato.

Queste Sezioni Unite, infatti, hanno già avuto occasione di
chiarire che, ai sensi dell’art. 33 d.lgs. n. 80 del 1998, come
modificato dal’art. 7 legge n. 205 del 2000 (qui applicabile ratione
temporis),

nel testo risultante dalle sentenze della Corte

costituzionale n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006, la domanda del
gestore di una clinica privata accreditata diretta ad ottenere la

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quale la giurisdizione del giudice ordinario costituiva l’antecedente

riclassificazione della

struttura

in

una

superiore fascia

di

accreditamento e la conseguente applicazione di un più elevato
tariffario delle prestazioni è devoluta alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, atteso che la P.A., quando riscontra le
condizioni di applicabilità o revisione della convenzione di

12/06/2015, n. 12178; 12/04/2012, n. 5769). Né è esatto che la
presente controversia riguardi esclusivamente i corrispettivi spettanti
alla casa di cura concessionaria, vero essendo, al contrario, che la
rideterminazione di tali corrispettivi è soltanto l’effetto dalla
riclassificazione dei servizi svolti dalla casa di cura, non a caso
richiesta dall’interessata alla Regione e che questa avrebbe dovuto
adottare all’esito di un apposito procedimento amministrativo.
5. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile perché del decreto
del commissario ad acta, di cui trattasi, la stessa ricorrente afferma di
aver fatto parola (soltanto) nella comparsa conclusionale davanti alla
Corte d’appello. Il provvedimento, invece, avrebbe dovuto essere
prodotto già davanti agli arbitri, mentre la ricorrente non deduce di
averlo fatto.
6. Il ricorso va in conclusione respinto, con condanna della
ricorrente alle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento,
in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità,
che liquida in C 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie
nella misura del 15 °/0, agli esborsi liquidati in C 200,00 ed agli
accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002,
n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, I. 24 dicembre 2012, n. 228,

Ric. 2016 n. 08115 sez. SU – ud. 18-07-2017

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accreditamento, esercita una potestà pubblica (Cass. Sez. U.

dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a
carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del
comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 luglio

2017.

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