Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4362 del 22/02/2018


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Civile Sent. Sez. U Num. 4362 Anno 2018
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO

Data pubblicazione: 22/02/2018

SENTENZA

sul ricorso 29465-2015 proposto da:
ENEL PRODUZIONE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempere, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COURMAYEUR 79,

presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO MAZZULLO, che la
rappresenta e difende;
– ricorrente contro
REGIONE DEL VENETO, in persona del Presidente pro tempore della

VIMINALE 43, presso lo studio dell’avvocato FABIO LORENZONI, che
la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CECILIA LIGABUE,
EZIO ZANON ed EMANUELE MIO;
IDROELETTRICA ALPINA S.R.L., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI MONTE
FIORE 22, presso lo studio dell’avvocato STEFANO GATTAMELATA,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO GAZ;
– con troricorrenti avverso la sentenza n. 204/2015 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE
ACQUE PUBBLICHE, depositata il 20/08/2015.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/06/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.
FRANCESCO MAURO IACOVIELLO, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;
uditi gli Avvocati Gianfranco Mazzullo, Renzo Cuonzo per delega
dell’avvocato Stefano Gattamelata e Raffaella Chiummiento per
delega dell’avvocato Fabio Lorenzoni.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in sede di giurisdizione diretta del 20/8/2015 il
Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha respinto la domanda di
annullamento del decreto del Dirigente della Segreteria Regionale
Ambiente e Territorio -Direzione Difesa del Suolo- della Regione

Ric. 2015 n. 29465 sez. SU – ud. 20-06-2017

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Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL

Veneto, emesso sulle domande, in concorrenza, ex artt. 7 e 9 r.d. n.
175 del 1933, relative alla concessione di derivazione d’acqua a uso
idroelettrico dai torrenti Codalunga e Fiorentina in Comune di Colle S.
Lucia e Selva di Cadore, con accoglimento di quella del sig. Ernesto
Bellinzer, titolare dell’omonima impresa individuale, ora società

Produzione s.p.a.
Avverso la suindicata pronunzia del Tsap la società Enel
Produzione s.p.a. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2
motivi, illustrati da memoria.
Resistono con separati controricorsi la Regione Veneto e la
società Idroelettrica Alpina s.r.I., la quale ultima ha presentato anche
memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 10 motivo la ricorrente denunzia «omesso esame» di
fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 5,
c.p.c.; nonché, «in via subordinata», violazione dell’art. 112
c.p.c., in riferimento all’art. 360, 10 co. n. 4, c.p.c.
Con il 2° motivo denunzia «difetto assoluto di motivazione o
motivazione apparente», in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 5,
c.p.c.; nonché, «in via subordinata», violazione dell’art. 112
c.p.c., in riferimento all’art. 360, 10 co. n. 4, c.p.c.
Si duole che non le sia stata data comunicazione
dell’autorizzazione emessa in favore della controinteressata alla
modifica del progetto ( spostamento delle opere di presa e
restituzione dell’acqua ), essendo pertanto essa rimasta vincolata
all’originaria prescrizione di non spostare né il punto di presa né
quello di restituzione , con violazione «dei principi di imparzialità e
par condicio».

Ric. 2015 n. 29465 sez. SU – ud. 20-06-2017

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Idroelettrica Alpina s.r.I., e rigetto di quella della società Enel

Lamenta che il Tsap si è limitato ad un mero controllo formale
laddove avrebbe dovuto operare un controllo anche strettamente
«tecnico» delle domande.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto
connessi, sono inammissibili.

in base al quale la Regione Veneto ha assegnato la concessione di
derivazione d’acqua ad uso idroelettrico dai torrenti Codalunga e
Fiorentina nei Comuni di Colle S. Lucia e Selva di Cadore alla società
Idroelettrica Alpina s.r.l. in ragione della «preferenza accordata»
per la «maggiore idoneità tecnica della domanda», l’odierna
ricorrente deduce vizi di motivazione invero inammissibilmente
formulati al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione
dell’art. 360, 10 co. n. 5, c.p.c. ( v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n.
8053 ), nel caso ratione temporis applicabile, il vizio di motivazione
denunciabile con ricorso per cassazione sostanziandosi nel mero
omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto
di discussione tra le parti.
Tale fatto decisivo deve essere inteso nella sua accezione
storico-fenomenica, e non già in termini di erronea od omessa
valutazione delle emergenze processuali come dall’odierna ricorrente
viceversa adombrato, con particolare riferimento all’autorizzazione
emessa in favore della controinteressata alla modifica del progetto
(spostamento delle opere di presa e restituzione dell’acqua).
Vale ulteriormente sottolineare come sia al riguardo sufficiente
che come nella specie il fatto sia stata dal giudice del merito
esaminato, solamente al medesimo spettando individuare le fonti del
proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la
attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie
quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare
prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, senza che sia tenuto a

Ric. 2015 n. 29465 sez. SU – ud. 20-06-2017

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Va anzitutto osservato che, a fronte dell’accertamento in fatto

dare conto di tutte le risultanze probatorie emerse all’esito
dell’istruttoria come astrattamente rilevanti ( cfr. Cass., Sez. Un.,
7/4/2014, n. 8053, e, da ultimo, Cass., 29/9/2016, n. 19312 ).
In altri termini, non si richiede al giudice del merito di dar conto
dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque

motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando
le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza
di esse ( v. Cass., 9/3/2011, n. 5586 ).
Orbene, le doglianze della ricorrente, da un canto, postulano
accertamenti e valutazioni di fatto inammissibili nella presente sede di
legittimità rientrando -come detto- nei poteri propri del giudice di
merito; e, per altro verso, non risultano nemmeno suffragate da
idonee argomentazioni in diritto, la lamentata violazione «dei
principi di imparzialità e par condicio» risultando invero in termini
apodittici adombrata, a tale stregua palesandosi di oscura e non ben
comprensibile portata.
Senza sottacersi che non risulta al riguardo nemmeno
idoneamente censurata la ratio decidendi dell’impugnata sentenza in
base alla quale «il riconoscimento della facoltà di introdurre
soluzioni migliorative della proposta iniziale … è stata accordata in
risposta a una puntuale istanza presentata dalla società
controinteressata. Non risulta quindi perpetrata la dedotta violazione
del canone della

par condicio,

posto che il medesimo diritto

all’introduzione di miglioramenti progettuali non è stato esercitato
dalla parte ricorrente solo per effetto dell’esercizio di una legittima
scelta imprenditoriale».
Risulta a tale stregua dalla ricorrente non osservato il consolidato
principio secondo cui è sufficiente che anche una sola delle si fonda la
decisione impugnata non abbia formato oggetto di censura ( ovvero
sia stata respinta ) perché il ricorso ( o il motivo di impugnazione

tic. 2015 n. 29465 sez. SU – ud. 20-06-2017

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acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una

avverso il singolo capo di essa ) debba essere rigettato nella sua
interezza ( v. Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602 ), non già per
carenza di interesse, come pure si è da questa Corte sovente
affermato ( v. Cass., 11/2/2011, n. 3386; Cass., 12/10/2007, n.
21431; Cass., 18/9/2006, n. 20118; Cass., 24/5/2006, n. 12372;

formato il giudicato in ordine alla ratio decidendi non censurata ( v.
Cass., Sez. Un., 2/3/2017, n. 5302; Cass., 27/12/2016, n. 27015;
Cass., 22/9/2011, n. 19254: Cass., 11/1/2007, n. 1658; Cass.,
13/7/2005, n. 14740).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo
in favore di ciascuno dei controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in
complessivi euro 5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre
spese a generali ed accessori come per legge, in favore di ciascuno
dei contro ricorrenti.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115,
come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso
art. 13.

Roma, 20/6/2017

Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602 ), quanto bensì per essersi

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