Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4360 del 21/02/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4360 Anno 2013
Presidente: MASSERA MAURIZIO
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA
sul ricorso 16466-2007 proposto da:
FURIOLI MARIA ANGELA FRLMNG41T69H330L,

PARISI

VITTORIO PRSVTR63B27H330J, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DI PORTA PINCIANA 4,
presso lo studio dell’avvocato DE MATTEIS
FERDINANDO MARIA, che li rappresenta e difende
2013
95

unitamente agli avvocati RADICE MARCO, CEREDA
SERGIO CESARE giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A.;

1

Data pubblicazione: 21/02/2013

- intimata

avverso la sentenza n. 44/2007 della CORTE
D’APPELLO di TRENTO, depositata il 28/02/2007,
R.G.N. 348/2005;
udita la relazione della causa svolta nella

Dott. PAOLO D’AMICO;
udito l’Avvocato FERDINANDO MARIA DE MATTEIS per
delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’accoglimento del primo motivo con assorbimento
dei rimanenti;

2

pubblica udienza del 16/01/2013 dal Consigliere

Svolgimento del processo

Vittorio Parisi e Angela Furioli convennero di fronte al
Tribunale di Rovereto l’Enel Distribuzione spa per sentir
accertare che l’incidente a seguito del quale aveva perduto la
vita il loro congiunto (padre e marito), Luciano Parisi, si

Gli attori chiesero quindi la condanna dell’Enel al
risarcimento dei danni in loro favore.
Esponevano in particolare gli attori che il loro
congiunto, nel trasportare una scala in ferro, aveva urtato i
fili della linea elettrica ed era rimasto folgorato.
La convenuta eccepiva che la suddetta linea era stata
costruita nel pieno rispetto delle norme CEI e che il sinistro
si era verificato per il comportamento negligente della
vittima.
Il Tribunale respingeva la domanda attrice.
Proposero appello gli attori mentre gli appellati
contestarono i motivi di gravame.
La COrte d’Appello di Trento ha confermato la sentenza
impugnata.
Propongono ricorso per cassazione Vittorio Parisi e Maria
Angela Furioli con tre motivi.
Parte intimata non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

3

era verificato per colpa esclusiva della società convenuta.

Con il primo motivo parte ricorrente denuncia «Violazione
o falsa applicazione

sub

specie dell’art. 2050 c.c. in

relazione all’art. 360, comma l, n. 3 c.p.c.»
Sostiene parte ricorrente che, alla luce della prevalente
interpretazione giurisprudenziale dell’art. 2050 c.c.
condotta

negligente

e/o

imprudente

del

danneggiato, non può essere idonea ad escludere la
responsabilità del gestore di un’attività pericolosa, se
quest’ultimo non prova di aver adottato tutte le misure di
sicurezza.
Il motivo si conclude con il seguente quesito: «Se la
responsabilità di un soggetto che gestisce un’attività
pericolosa possa essere esclusa dalla condotta negligente e/o
imprudente del danneggiato, anche laddove non siano state
adottate tutte le possibili e più idonee misure di sicurezza.»
Con il secondo e terzo motivo il ricorrente denuncia una
insufficiente motivazione, nella parte in cui prevede che la
condotta della vittima abbia interrotto il nesso di causalità
fra l’attività pericolosa e l’evento, anche in relazione
all’inutilità del taglio degli alberi per impedire l’evento
mortale.
Secondo la previsione dell’art. 366 bis (introdotto, con
decorrenza dal 2 marzo 2006 dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio
2006, n. 40, abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009
dall’art. 47 della l. 18 giugno 2009, n. 69 e applicabile ai
4

l’eventuale

ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate fra il 3 marzo
2006 e il 4 luglio 2009 e quindi, anche nella specie, atteso
che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 2 febbraio
2007) nei casi previsti dall’art. 360, l ° comma, nn.1, 2, 3 e
4 l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena

diritto.
Nel caso previsto dall’art.

360,

comma l,

n.

5

l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso
in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione.
Alla luce di una consolidata giurisprudenza di questa
Corte il quesito di diritto previsto dall’art. 366 bis cpc
deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e
porre la Corte di cassazione in condizione di rispondere ad
esso con l’enunciazione di una regula iuris che sia, in quanto
tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori
rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha
pronunciato la sentenza impugnata.
In difetto di tale articolazione logico-giuridica il
quesito si risolve o in un’astratta petizione di principio o
in una mera riproposizione di questioni di fatto con esclusiva
5

di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di

attinenza alla specifica vicenda processuale o ancora in una
mera richiesta di accoglimento del ricorso, come tale inidonea
ad evidenziare il nesso logico-giuridico tra singola
fattispecie e principio di diritto astratto oppure infine nel
mero interpello della Corte di legittimità in ordine alla

del motivo.
Per quanto riguarda, invece, la formulazione dei motivi
nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, si è
sottolineato che, in attuazione di quanto disposto dal secondo
comma dell’art. 366 bis c.p.c., la censura di omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un
momento di sintesi (che svolge l’omologa funzione del quesito
di diritto per i motivi di cui all’art. 360 c.p.c., nn. l, 2,
3 e 4) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in modo tale
da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del
ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (v. S.U.
sent. n. 20603/07).
Tale momento di sintesi deve, quindi, sostanziarsi in una
parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e
riassuntivamente destinata e che si traduca in sostanza in una
sintetica esposizione del fatto controverso, degli elementi di
prova valutati in modo illogico o illogicamente trascurati,
del percorso logico in base al quale si sarebbe dovuto
pervenire, se l’errore non vi fosse stato, ad un accertamento
6

fondatezza della censura così come illustrata nell’esposizione

di fatto diverso da quello posto a fondamento della decisione
(Cass., ord., n. 16567/08).
Per quanto riguarda il primo motivo, dalla lettura del
solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della
questione in discussione, non è dato a questa Corte

giudice e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente,
la regola da applicare, suscettibile di ricevere applicazione
in casi ulteriori rispetto a quello oggetto della sentenza
impugnata (v. Cass., S.U. n. 3519/08).
E comunque non si riscontra la violazione dell’art. 2050
cc in quanto l’esercente di attività pericolosa, Enel
distribuzione spa, secondo l’impugnata sentenza, è riuscita a
dimostrare di aver rispettato tutte le norme di sicurezza Cei.
Inoltre la linea elettrica aveva un’altezza da terra superiore
al limite di legge di sei metri, mentre l’altezza delle piante
non superava i 5 metri e 50.
Deve ritenersi che la causa efficiente sopravvenuta che
abbia i requisiti del caso fortuito (eccezionalità,
oggettività, imprevedibilità) e sia idonea, da sola, a causare
l’evento, recide il nesso eziologico tra quest’ultimo e
l’attività pericolosa producendo effetti liberatori anche
quando sia attribuibile al fatto dello stesso danneggiato o di
un terzo.

7

comprendere l’errore di diritto asseritamene compiuto dal

L’aver utilizzato una scala molto alta, non necessaria
per le esigenze di raccolta delle olive, ha reciso il nesso
eziologico tra il danno e l’attività di raccolta.
Per quanto riguarda il secondo e terzo motivo, in ordine
al denunciato vizio di omessa motivazione, non risulta

richiesto dal citato art. 366 bis c.p.c., comma 2.
E comunque non sussiste alcun vizio di motivazione
essendo quest’ultima senz’altro idonea a giustificare il
decisum,

mentre la critica di parte ricorrente verte

essenzialmente su profili di merito non sindacabili in sede di
legittimità.
Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere
rigettato mentre in assenza di attività difensiva di parte
intimata non v’è luogo a disporre delle spese del giudizio di
cassazione.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e nulla dispone per le spese del
giudizio di cassazione.
Roma, 16 gennaio 2(33
Il Consigliere estensore

Il Pre d te

formulato quell’apposito ed autonomo momento di sintesi

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