Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4359 del 10/02/2022

Cassazione civile sez. III, 10/02/2022, (ud. 06/10/2021, dep. 10/02/2022), n.4359

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8225/2020 proposto da:

F.S., rappresentata e difesa dall’avv. Romolo Frasso,

del Foro di Salerno;

– ricorrente –

contro

P.M., T.D., elettivamente domiciliati in

Nocera Inferiore, P.zza D’Amora n. 3, presso lo studio dell’avv.

Giovanni Castaldi, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1711/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 13/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

6/10/2021 da Dott. SCARANO LUIGI ALESSANDRO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 13/12/2019 la Corte d’Appello di Salerno ha respinto il gravame interposto dalla sig. F.S. in relazione alla pronunzia Trib. Nocera Inferiore 18/4/2018, di accoglimento della domanda nei suoi confronti proposta dai sigg. P.M. e T.D. di rilascio dell’appartamento sito in (OMISSIS), abusivamente occupato in difetto di titolo.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la F. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.

Resistono con controricorso il P. e T.D., che hanno presentato anche memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 948 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente “ritenuto provata la domanda di rivendicazione svolta dai sigg. P. e T. sulla sola scorta del contenuto dell’atto di compravendita del 2002”, laddove “la prova fornita non è assolutamente idonea ad assolvere alla richiesta “probatio diabolica””, giacché “avrebbero dovuto dare prova… di un acquisto a titolo originario della proprietà ovvero del maturare dell’usucapione.

Il ricorso è sotto plurimi profili inammissibile.

La vicenda attiene all’appartamento sito in (OMISSIS) relativamente al quale – per quanto ancora d’interesse – l’azione originariamente proposta dagli odierni controricorrenti è stata dai giudici di merito qualificata come di revindica, e il relativo onere probatorio ex art. 948 c.c., ravvisato dai medesimi assolto mediante l’esibizione di “un atto di compravendita del 9 dicembre 2002 avente ad oggetto anche l’immobile fonte del contenzioso e precisamente la vendita della nuda proprietà del bene da P.M. a T.D. con riserva di usufrutto”, invero costruito “su area di copertura o su suolo pervenuto da parte dei genitori” per successione.

Nell’impugnata sentenza risulta ulteriormente posto in rilievo come sia nella specie emersa l'”assenza” per converso di “un qualsiasi titolo” di godimento in capo all’allora appellante ed odierna ricorrente, qualificata espressamente come “occupante abusiva” dell’immobile de quo, sottolineandosi che siffatta circostanza rende invero “superfluo quanto indicato da giudice di prime cure”, in particolare che “l’onere probatorio degli appellati fosse attenuato per la mancata contestazione fatta scaturire dalla contumacia”.

Orbene, a fronte di siffatto accertamento e della relativa sussunzione operata dai giudici di merito l’odierna ricorrente si limita invero ad inammissibilmente riproporre in termini di mera contrapposizione la propria tesi difensiva circa la dedotta inidoneità della prova fornita da controparte “ad assolvere alla richiesta “probatio diabolica””, e cioè la prova dell'”acquisto a titolo originario”, laddove nell’impugnata sentenza risulta applicato il principio in tema di prova nel giudizio di revindica affermato da questa Corte in base al quale l’attore in rivendicazione deve provare il dominio sulla cosa rivendicata risalendo attraverso i propri danti causa sino ad un acquisto a titolo originario, ovvero dimostrando di aver acquistato il bene per usucapione mediante il possesso proprio e dei propri danti causa per la durata richiesta dalla legge) non hanno carattere assoluto ma vanno adeguate alle concrete particolarità delle singole situazioni in relazione alla linea difensiva adottata dal convenuto, con la conseguenza che ove come nella specie il convenuto in rivendicazione non contesti il diritto di proprietà del rivendicante sul fondo, quale risulta dal titolo, ma vi opponga un proprio potere di godimento, il tema del decidere ed il correlativo onere probatorio verte solo sull’esistenza di questo potere, il cui difetto comporta invero l’accoglimento della domanda di rivendicazione della proprietà piena del fondo (cfr., con riferimento all’enfiteuta, Cass., 11/11/1986, n. 6592).

Non può d’altro canto sottacersi che la mossa doglianza risulta dall’odierna ricorrente formulata ed argomentata in violazione del requisito a pena di inammissibilità richiesto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (v. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

E’ al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c., vanno indefettibilmente osservati, rilevando ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221).

Emerge dunque con tutta evidenza come l’odierna ricorrente prospetti in realtà un’inammissibile rivalutazione del merito della vicenda e delle emergenze probatorie comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, atteso che solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore dei controricorrenti.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’eventuale ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022

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