Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4357 del 24/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4357 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: TRIA LUCIA

ORDINANZA
sul ricorso 14003-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA
17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati PULII CLEMENTINA,
MAURO RICCI giusta mandato speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
MAZZONE VINCENZA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
TIRSO 90, presso lo studio dell’avvocato PATRIZI GIOVANNI, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BIOLE’ ADOLFO
giusta mandato a margine del controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 24/02/2014

avverso la sentenza n. 931/2010 della CORTE D’APPELLO di
GENOVA del 17/12/2010, depositata il 13/01/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/12/2013 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA TRIA;
udito l’Avvocato Mauro Ricci difensore del ricorrente che si riporta

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che
aderisce alla relazione.

Ric. 2011 n. 14003 sez. ML – ud. 12-12-2013
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agli scritti;

Sesta sezione — Sotto Sezione Lavoro
Udienza del 12dicembre 2013 – n. 17 del ruolo
RG n. 14003/11
Presidente: Curzio – Relatore: Tria

Ritenuto che la causa è stata chiamata alla adunanza in Camera di consiglio del
3 ottobre 2013 ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ. sulla base della relazione
redatta a norma dell’art. 380-bis cod. proc. civ., avente il seguente tenore:
«1.- La sentenza attualmente impugnata, in riforma dell’appellata
sentenza del Tribunale di Genova n. 1835 del 2008, ha accolto la domanda di
Vincenza Mazzone diretta ad ottenere nei confronti dell’INPS il riconoscimento
del diritto a percepire la pensione di invalidità civile con decorrenza dalla data
di presentazione della domanda in sede amministrativa del 26 ottobre 2006 e,
per l’effetto, ha condannato l’Istituto appellato alla corresponsione dell’assegno
di invalidità a far data dal 10 novembre 2006.
2.- La Corte d’appello di Genova, per quel che qui interessa, precisa che:
1) per ciò che concerne l’eccezione di decadenza ex art. 42, terzo comma della
legge 326 del 2003 sollevata dall’INPS, il giudice di prime cure, dopo aver dato
atto della sua proposizione, è passato ad esaminare il merito della controversia,
così implicitamente rigettandola; 2) conseguentemente, l’INPS, in quanto
soccombente su tale eccezione, avente carattere pregiudiziale, al fine di rendere
possibile il riesame della questione da parte della Corte, avrebbe dovuto
proporre appello incidentale ai sensi dell’art. 436 cod. proc. civ.; 3) infatti, al
fine di evitare la formazione del giudicato implicito sul punto, non è sufficiente
la mera riproposizione dell’eccezione nella comparsa di costituzione.
3.- Per la cassazione della suindicata sentenza l’INPS propone ricorso
sulla base di tre motivi; resiste, con controricorso, Vincenza Mazzone.
4.1.- Con il primo motivo di censura l’Istituto ricorrente denuncia la
violazione e falsa applicazione dell’art. 346 cod. proc. civ., in relazione all’art.
360, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale disatteso quel costante
orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la parte
pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, difettando di interesse al
riguardo, non ha l’onere di proporre appello incidentale per richiamare in
discussione le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, ma è
soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello, al fine di
manifestare la sua volontà di chiederne il riesame e, conseguentemente, di
evitare la presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 cod. proc. civ.
4.2.- Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, poi, la violazione e la
falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4 cod.
Ric. 2011 n. 14003 sez. ML – ud. 12-12-2013
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ORDINANZA
FATTO E DIRITTO

proc. civ., per avere il Collegio omesso di decidere sull’eventuale applicabilità,
nel caso di specie, della decadenza di cui all’art. 42 della legge 326 del 2003.

4.3.- Con il terzo motivo di censura il ricorrente denuncia la violazione e
falsa applicazione, in relazione all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ., delle seguenti
norme di legge: art. 42, terzo comma, D.L. n. 269 del 2003, convertito in legge
24 novembre 2003, n. 326; art. 23, secondo comma, D.L. n. 355 del 2003,
convertito in legge 27 febbraio 2004, n. 47; art. 252 disp. att. cod. proc. civ., per
non avere la Corte d’appello genovese applicato la decadenza prevista e
regolata dalle norme suindicate.
5.- Il primo motivo di ricorso è fondato.
5.1- Secondo il consolidato e risalente indirizzo della giurisprudenza di
legittimità, la parte pienamente vittoriosa nel merito non ha l’onere di proporre
appello incidentale, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, per
richiamare in discussione le eccezioni che risultino superate o assorbite,
difettando di interesse al riguardo. Essa è soltanto tenuta a riproporle
espressamente, nel nuovo giudizio, in modo chiaro e preciso, al fine di evitare
la presunzione di rinuncia da comportamento omissivo, ex art. 346 cod. proc.
civ. (ex multis, Cass. 11 giugno 2010, n. 14086; 5 giugno 2007, n. 13082). Alla
luce di tale orientamento, inoltre, il discrimine tra la mera riproponibilità di
un’eccezione ex art. 346 cod. proc. civ. e la necessità dell’appello incidentale è
segnato dal presupposto dell’esistenza, o no, di una decisione – formalmente
espressa, o anche implicita – sull’eccezione (o, a fortiori sulla domanda). In
questo senso, la dizione normativa “eccezioni non accolte” non va inteso come
endiadi per “rigettate”; bensì, per “non esaminate” perché assorbite. Se quindi
manca una statuizione di rigetto, l’eccezione sarà sicuramente riproponibile
nelle forme e nei termini di cui al combinato disposto degli artt. 347, 166 e 167
cod. proc. civ., senza necessità di assumere la veste dell’appello incidentale.
L’art. 346 cod. proc. civ. è riferibile, quindi, ad eccezioni autonome sulle
quali non vi sia stata decisione; come pure ad eccezioni non autonome e
disattese, se interne al capo di domanda egualmente respinto, ma per difetto dei
presupposti sostanziali.
Di contro, le domande o eccezioni autonome (quali quelle concernenti
giurisdizione e competenza) motivatamente respinte soggiacciono alla

Ric. 2011 n. 14003 sez. ML – ud. 12-12-2013
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In particolare, il ricorrente sottolinea che, operando la decadenza sul
diritto e non sull’azione, il giudice d’appello avrebbe avuto il dovere, in ogni
caso, di rilevarla d’ufficio, trattandosi di una materia sottratta alla disponibilità
delle parti e rientrando nei doveri del giudice rilevare una causa di
improponibilità dell’azione.

previsione di cui all’art. 329 cod. proc. civ., comma 2°, con la conseguente
presunzione di acquiescenza legata all’omessa impugnazione.

Nella specie, l’eccezione di decadenza, per tardività della domanda svolta
dalla signora Mazzone, non esula dalle conclusioni di merito volte a contestare
raccoglimento della domanda; dunque, non travalica i confini del singolo capo
della decisione favorevole – sia pure per ragioni diverse dall’accoglimento
dell’eccezione – alla parte convenuta: cosicchè non sarebbe stato neppure
ipotizzabile un appello principale, sul punto, per difetto di interesse da parte
dell’Istituto, vittorioso nel merito (Cass. 26 novembre 2010, n. 24021).
Pertanto, alla luce del suesposto indirizzo giurisprudenziale, si deve
concludere nel senso che la Corte d’appello di Genova ha errato nel ritenere che
l’INPS, per rendere possibile il riesame dell’eccezione di decadenza, avrebbe
dovuto proporre appello incidentale, essendo sufficiente, di contro, la
riproposizione della stessa nella comparsa di costituzione, in quanto la parte
pienamente vittoriosa nel merito in primo grado non ha l’onere di proporre, in
ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per
richiamare in discussione le eccezioni e le questioni che risultino superate o
assorbite, difettando di interesse a riguardo, ma è soltanto tenuta a riproporle
espressamente nel nuovo giudizio in modo chiaro e preciso.
5.2- L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta, ovviamente,
l’assorbimento degli ulteriori motivi di censura dedotti.
6.- In conclusione, per le suesposte ragioni, si propone la trattazione del
ricorso in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod.
proc. civ., per esservi accolto»;
che sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio;
che la controricorrente ha depositato una memoria nella quale ha richiamato le
proprie precedenti difese ed ha, in particolare, insistito sul mancato rispetto da
parte dell’INPS dell’onere di riproposizione dell’eccezione di decadenza di cui
all’art. 346 cod. proc. civ.;

Ric. 2011 n. 14003 sez. ML – ud. 12-12-2013
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Da tale impostazione dogmatica la giurisprudenza di legittimità ha
ricavato che la presenza di una decisione esplicita non preclude
automaticamente la facoltà di cui all’art. 346 cod. proc. civ., se l’eccezione non
accolta mirava a paralizzare una domanda che sia stata, poi, comunque respinta
per altre ragioni (Cass. 26 novembre 2010, n. 24021).

A

che le osservazioni contenute nella memoria della controricorrente sono del
tutto inifluenti, in quanto, diversamente da quel che sostiene la Mazzone, dalla
sentenza impugnata, risulta che l’INPS ha assolto il suddetto onere di
riproposizione nella comparsa di costituzione in appello, tanto che la decisione
della Corte genovese si basa proprio sulla non sufficienza di tale riproposizione,
dovendo, a suo dire, l’Istituto proporre appello incidentale per rendere possibile
il riesame della questione della decadenza;
che, pertanto, il primo motivo di ricorso deve essere accolto e gli altri motivi
vanno dichiarati assorbiti;
che, di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione
alle censure accolte, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di
cassazione, alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, che si
atterrà ai principi suesposti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la
sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia, anche per le
spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Genova, in
diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile,
il 12 dicembre 2013.

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella
relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ.;

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