Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4357 del 04/03/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4357 Anno 2016
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: MARULLI MARCO

SENTENZA

sul ricorso 11738-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
2576

GARDASOLE SRL;
– intimato della
n.
96/2009
sentenza
Look(02.01A
COMM.TRIB.REG. EZ.DIST. di BRESCIA, depositata il

avverso

la

do/h

10/03/2009;

Data pubblicazione: 04/03/2016

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/07/2015 dal Consigliere Dott. MARCO
MARULLI;

udito il

P.M.

Generale

Dott. TOMMASO BASILE

in persona del Sostituto Procuratore
che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza 96/63/09
del 10.3.2009 con la quale la CTR Lombardia sez. staccata di Brescia,
rigettando l’appello dell’ufficio nei confronti della sentenza di primo grado, ha
ritenuto che l’efficacia dell’istanza di definizione ex art. 9 bis 1. 27.12.2002, n.
289 con conseguente disapplicazione delle sanzioni previste dall’art. 13 13.1g.
471/97, non venga meno nel caso in cui come nella specie il contribuente
abbia pagato solo le prime due rate dell’importo dovuto a titolo di condono ed
omesso il versamento delle restanti.
La CTR ha motivato il proprio deliberato osservando che “l’art. 9 bis 1. 289/02

nulla prevede circa le conseguenze del mancato pagamento nei termini” e che
“la ratio della norma non pare discostarsi da quella dei precedenti artt. 8 e 9
[…] che — nel caso del tutto analogo che la somma da versare superi quella
normativamente indicata con conseguente rateizzazione — espressamente
confermano l’efficacia dell’istanza di definizione. L’assenza di una esplicita
previsione in tal senso anche nella norma qui in contestazione pare dovuta a
una mera svista del legislatore, che nell’inserire un nuovo articolo
nell’impianto normativo già esistente, ha mancato di ribadire quanto previsto
nelle altre disposizioni della medesima legge”.
Il ricorso è affidato ad un unico motivo.
Non ha svolto attività difensiva la parte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Con l’unico motivo di ricorso, svolto ai sensi dell’art. 360, collima primo, n.
3, c.p.c. l’Agenzia ricorrente deduce errore di diritto in relazione all’art. 9 bis

1. 289/02 in quanto, contrariamente all’asserto fatto proprio dalla CTR, “la
fattispecie di condono prevista dall’art.

9 bis cit. è differente e non

assimilabile ai diversi casi contemplati dalla 1. 289/02, con la conseguenza
che, se per altre ipotesi di definizione agevolata il mancato pagamento delle
rate non pregiudica, per espressa disposizione di legge, il condono a favore del
contribuente, a differenti conclusioni bisogna giungere nella fattispecie di cui
all’art. 9 bis cit.”, sicché se il giudice d’appello avesse rettamente interpretato

RG 11738110 Ag.Entrate-Gardasole

la norma avrebbe dovuto negare il perfezionamento del condono, non avendo
il contribuente pagato le rate dovute entro i termini perentori di legge.
2.2. Il motivo si” palesa fondato per ragioni pregiudiziali rispetto a quelle fatte
valere dall’ impugnante.
sull’IVA, come questa Corte ha già osservato le misure clemenziali che in
tema di condono comportano una rinuncia definitiva dell’amministrazione alla
riscossione di un credito già accertato contrastano con la 6^ direttiva n.
771388/CEE del Consiglio, in data 17.5.77, così come interpretata dalla
sentenza della Corte di Giustizia CE 17.7.08, in causa C – 132/06. Secondo
tale decisione, invero, la Repubblica Italiana è venuta meno agli obblighi di
cui agli artt. 2 e 22 della predetta sesta direttiva del Consiglio, in materia di
armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri in materia di IVA, per
avere previsto, con la L. n. 289 del 2002, artt. 8 e 9, una rinuncia generale ed
indiscriminata all’accertamento delle operazioni imponibili effettuate nel corso
di una serie di periodi di imposta, cosi pregiudicando seriamente il corretto
funzionamento del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto (4630/14;
8351/12; 20068/09).
Ebbene – come si è precisato – deve ritenersi che detta pronuncia abbia una
portata generale, estesa a qualsiasi misura nazionale (a carattere sia legislativo
che amministrativo), con la quale lo Stato membro rinunci in via generale, o in
modo indiscriminato, all’accertamento e/o alla riscossione di tutto o parte
dell’imposta dovuta, oltre che delle sanzioni per la relativa violazione,
trattandosi di misure di carattere dissuasivo e repressivo, la cui funzione è
quella di determinare il corretto adempimento di un obbligo nascente dal
diritto comunitario. Ne discende che va disapplicato, per contrasto con il
menzionato diritto comunitario cogente, sebbene con riferimento alla sola
IVA, l’art. 9-bis, che, consentendo di definire una controversia evitando il
pagamento di sanzioni connesse al ritardato od omesso versamento del tributo,
comporta una rinuncia definitiva alle sanzioni che, per il loro carattere
dissuasivo, oltre che repressivo, incidono sul corretto adempimento
RG 11738/10 Ag.Entrate-Gardasole

Conj. s. Marulli 2

Invero, quanto agli effetti della disciplina agevolativa recata dalla 1. 289/02

dell’obbligo di pagamento del tributo principale (19546/11; 8111/12; 8110/12).
Né può dubitarsi del fatto che la disapplicazione del diritto nazionale
confliggente con le norme del diritto comunitario cogente debba essere
operata, pure d’ufficio, anche nel presente giudizio di legittimità, onde
preminente rispetto a quelle del singoli Stati membri. A tanto induce, invero, il
principio di effettività, enunciato nei Trattati istitutivi della Comunità prima e
dell’Unione poi, che comporta l’obbligo per il giudice nazionale di applicare il
diritto comunitario in qualsiasi stato e grado del processo, senza che possano
ostarvi preclusioni procedimentali o processuali, o – nella specie – il carattere
chiuso del giudizio di cassazione (SS.UU. 26948/06)).
3.

Il ricorso va dunque accolto, la sentenza impugnata andrà

conseguentemente cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di
fatto, la causa potrà essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c.,
secondo comma, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
4. Le spese si regolano secondo la soccombenza in questo giudizio, mentre
possono essere compensate quanto ai gradi di merito avuto riguardo al
consolidamento della giurisprudenza intervenuto successivamente alla
pronuncia della Corte di Giustizia 132/06
PQM
La Corte Suprema di Cassazione
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta
il ricorso introduttivo; condanna parte resistente al pagamento delle spese di
lite che liquida nella somma di euro 2.000,00= , oltre alle somme prenotate a
debito e agli accessori; compensa le spese di lite quanto ai gradi di merito.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della V sezione civile il giorno

assicurare la piena applicazione delle norme comunitarie aventi un rango

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